Il Manifesto-Il bonus laburista
Il bonus laburista ORSOLA CASAGRANDE - LONDRA Quando ha annunciato una riforma delle finanze studentesche, il mese scorso, il premier britannico Tony Blair ha colto tutti di sorpresa. Compresa l...
Il bonus laburista
ORSOLA CASAGRANDE - LONDRA
Quando ha annunciato una riforma delle finanze studentesche, il mese scorso, il premier britannico Tony Blair ha colto tutti di sorpresa. Compresa la ministra all'istruzione, Estelle Morris. I titoli dei quotidiani, il giorno dopo l'annuncio, parlavano di "incredibile inversione ad U del premier" su una delle decisioni più controverse prese dal suo stesso governo nella legislatura precedente: tagliare le borse di studio per gli studenti universitari.
I commenti critici al discorso del premier non si sono fatti attendere. Il deputato laburista Barry Sheerman è anche il presidente della commissione scuola della camera dei comuni. "Il primo ministro - ha dichiarato Sheerman alla Bbc - prima alimenta aspettative e poi lascia che a correre di qua e di là come galline senza testa siano quelli del dipartimento scuola, che devono cercare di inventarsi un qualche nuovo sistema da presentare al paese. Non è questo il modo di lavorare". Anche perché Sheerman sostiene che l'abolizione, nel '97 (una delle prime decisioni del nuovo governo Labour) delle borse di studio per gli studenti universitari sia stata una delle "azioni più coraggiose del nuovo governo". Certamente è stata una delle più contestate, anche dall'interno del Labour. Molti deputati e iscritti infatti non pensano come Sheerman che "la decisione ha trasferito soldi dagli studenti, spesso provenienti da background familiari piuttosto agiati, alle università". Per i critici della scelta del governo ad essere penalizzati dall'abolizione delle borse di studio sono stati soprattutto gli studenti più poveri. Come è emerso durante la seconda campagna elettorale condotta, porta a porta, dai candidati del new Labour nel giugno scorso, l'idea di una revisione della decisione sulle borse di studio è nata dal fatto che tra le lamentele più frequenti registrate soprattutto nelle aree della middle-England (la borghesia inglese) c'era proprio quella sui debiti che gli studenti devono contrarre per entrare all'università. Attento a non urtare le sensibilità di questi elettori determinanti in entrambe le vittorie del new Labour, Blair ha dunque prospettato la possibilità di una revisione. La cosa ha ovviamente irritato il ministero dell'istruzione, che avrebbe preferito che il premier lasciasse intendere che è per aiutare gli studenti meno agiati che pensa a una inversione di rotta. Il sasso nello stagno è comunque stato gettato e gli universitari hanno colto la palla al balzo e hanno intensificato le loro proteste e richieste per veder concretizzata questa riforma. La cosa non sembra però avverrà, almeno non nell'imminente: la boutade del premier sembra infatti essere stata, per il momento, accantonata.
Se l'università piange, la scuola secondaria non ride. L'atteso disegno di legge sull'autonomia scolastica, annunciato nelle settimane scorse dalla ministra Estelle Morris, si è rivelato, nelle parole delle organizzazioni sindacali degli insegnanti e dei presidi, una "cocente delusione". Non è piaciuto perché "confuso, un vero e proprio mucchio di idee confuse e anche pericolose", come l'ha definito il segretario dell'associazione nazionale dei presidi David Hart. Gli ha fatto eco il segretario nazionale del Nut (National union of teachers, il sindacato insegnanti più grande) Doug McAvoy, sottolineando come "il disegno di legge non affronti i problemi reali delle nostre scuole, cioè la carenza di organico e l'enorme mole di lavoro". Il governo, secondo i sindacati, ha privilegiato soprattutto l'aspetto dei "premi". Con una vera e propria deregulation delle scuole statali la ministra "propone sì maggiore autonomia e libertà agli istituti, ma per fare che cosa? Le scuole di successo - continua Doug McAvoy - potranno pagare agli insegnanti dei bonus, alterare l'orario scolastico, tagliare le vacanze e addirittura optare per l'eliminazione di alcune parti del curriculum nazionale se ritenuto opportuno per gli studenti". Nel suo appassionato discorso di presentazione del disegno di legge la ministra Morris aveva posto l'accento sulla "necessità per le scuole statali di essere più libere per essere più innovative". Ma le organizzazioni di categoria rispondono che in realtà "la ministra si è autoconferita poteri che mai un ministro aveva avuto, come quello di ordinare l'intervento non solo per le scuole 'fallimentari' ma anche per quelle 'deboli' che hanno bisogno di un 'sostegno'. Il sostegno dei privati, naturalmente, è uno dei punti di forza della politica del governo Blair, che vuole rilanciare il pubblico attraverso la cooperazione con consorzi privati che per aver messo a disposizione capitali verranno ripagati con l'offerta di gestire per anni scuole, ospedali, parte dei servizi pubblici. L'autonomia scolastica secondo il new Labour significherà anche che le scuole avranno nuovi poteri per formare o investire nelle compagnie private che forniscono servizi come il trasporto per gli studenti, i pranzi, il reclutamento di insegnanti.
Mentre la ministra presentava il disegno di legge, a Bristol più di 200 ragazzini scioperavano per due ore contro la decisione del consiglio comunale di chiudere la loro scuola, definita "fallimentare". La "Lawrence Weston School" è uno dei due istituti che il piano di revisione dell'istruzione nella città cita per la chiusura. Gli studenti, sostenuti dai loro genitori, hanno scioperato chiedendo che la scuola non si tocchi. Per la scuola di Bristol non c'è nemmeno la possibilità di una "salvezza" privata, dopo che numerosi businessmen locali hanno declinato l'offerta di prendere la scuola sotto la loro "ala" protettiva. E naturalmente il governo cittadino ha deciso che è meglio chiuderla anziché investirvi altre risorse.