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Il Manifesto - devolution sotto l'albero

Devolution sotto l'albero Berlusconi benedice la devolution di Bossi, l'Ulivo annuncia battaglia. Giovedì primo confronto con le Regioni GIOVANNA PAJETTA Un Bossi trionfante, accompagna...

14/12/2001
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il manifesto

Devolution sotto l'albero
Berlusconi benedice la devolution di Bossi, l'Ulivo annuncia battaglia. Giovedì primo confronto con le Regioni
GIOVANNA PAJETTA

Un Bossi trionfante, accompagnato nel suo momento di gloria dal benevolo "oggi sono felice" di Silvio Berlusconi e dal coro dei suoi ex oppositori, da La Loggia a Fini, che proclamano "era nei patti". Il varo del disegno di legge sulla devolution, quantomeno da parte del consiglio dei ministri, assomiglia a una piccola festa natalizia. Appena appena guastata dalle proteste e dagli sfottò dell'Ulivo. Soprattutto perché a palazzo Chigi si finge di non sapere che il futuro è tutt'altro che roseo. Visto che da gennaio infatti in parlamento di dovranno fare i conti con due leggi costituzionali diverse tra loro, anzi in parte in contrasto. Accanto alla devolution leghista c'è infatti l'attuazione della riforma voluta dall'Ulivo, che ora il forzista La Loggia definisce "un cumulo di trappole". E già si annuncia una guerra senza vincitori, visto che né la prima né la seconda miniriforma prevedono un quadro di riferimento generale (o una stanza di compensazione dei conflitti tra centro e periferia) capaci di dare un minimo di credibilità al "federalismo all'italiana".
Schematica, anzi ridotta ora a un solo comma, la devolution bossiana disegna un'Italia simile a un'inquietante patchwork. In cui la Lombardia o il Veneto potrebbero in futuro avere un'ottima (e carissima) sanità, un mondo scolastico fatto magari solo di istituti di informatica, mentre la Campania o la poverissima Basilicata rimarrebbero, per scelta e per necessità, affidate a ciò che concedono le burocrazie dei rispettivi ministeri romani. Per non parlare della "polizia locale", una struttura ancora ampiamente indefinita ma che potrebbe riempire le città del Nord di uomini in divisa, sovrapponendo poliziotti "lombardi" o "piemontesi" a carabinieri, polizia e guardia di finanza "statali". Senza che nessuno spieghi, perché in realtà anche per la devolution occorreranno molte "leggi attuative", in quale contesto "nazionale" si potranno ritrovare assieme Regioni divenute così distanti l'una dall'altra. Certo, lo scenario è ancora futuribile, come ammette lo stesso Formigoni "passeranno tra i 12 e i 24 mesi" prima che il sogno bossiano possa diventare realtà. Ma per il parlamento potrebbero essere mesi di fuoco, visto che contemporaneamente si dovrà dare vita concreta e operativa alla riforma del titolo V.
Il forzista Enrico La Loggia, ministro degli affari regionali, dice diplomatico che le due miniriforme "procederanno parallelamente". E annuncia per i primi di gennaio la legge di attuazione del nuovo titolo V. Ma in realtà l'ingorgo parlamentare rischia di trasformarsi, da subito, in groviglio istituzionale. Con una contrapposizione non solo tra diversi schieramenti politici, ma tra Regioni e governo.
Già giovedì prossimo infatti la devolution dovrà passare al vaglio della conferenza Stato Regioni, la stessa che preme per la rapida messa in opera della riforma ulivista. Ieri i "governatori" del centrodestra hanno applaudito alla devolution ("uno splendido risultato" dice Formigoni, "le Regioni sono finalmente adulte" gli fa eco il veneto Galan). Ma sono gli stessi che, a partire proprio da Formigoni, sono pronti a dichiarare guerra a palazzo Chigi se a tante "competenze" non corrisponderanno altrettante risorse. Ovvero quel federalismo fiscale che La Loggia ieri ha accantonato, dicendo che "questo non è il momento adatto".
Sul fronte parlamentare infine il centrosinistra sta già schierando le sue truppe. "L'iter del disegno di legge sulla devolution - annuncia Cabras, responsabile enti locali dei Ds - non sarà né semplice né scontato. Invece di rispondere alle Regioni (sul titolo V,ndr), le si divide tra serie A e serie B senza prendere alcuna decisione sulla Camera delle autonomie". "Più che inneggiare alla devolution di Bossi - incalza Piero Fassino - bisognerebbe applicare la riforma democratica già approvata". Mentre Luigi Berlinguer spara a zero sull'idea dei "programmi regionali" per la scuola.
Di tutto ciò, ovviamente, Umberto Bossi se ne fa un baffo. Per il leader del Carroccio ciò che conta è aver spuntato il punto politico, poter raccontare alla sua base sempre più scontenta che la Lega di governo "porta a casa qualcosa". Anzi, ieri il senatur ha già rilanciato, annunciando guerra in senato sulla legge contro l'immigrazione clandestina. E i suoi nemici, come per la devolution, non siedono affatto sui banchi dell'opposizione. "Gli ex Dc vorrebbero una sanatoria per i clandestini - Ma la legge deve passare, con le buone o con le cattive".


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