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Il Manifesto-Corteo funebre per la scuola pubblica

Corteo funebre per la scuola pubblica Con candele e vestiti a lutto, tremila studenti inscenano a Palermo le esequie dell'istruzione di stato Manifestazioni contro In città sfilano anche gli stude...

07/12/2001
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il manifesto

Corteo funebre per la scuola pubblica
Con candele e vestiti a lutto, tremila studenti inscenano a Palermo le esequie dell'istruzione di stato
Manifestazioni contro In città sfilano anche gli studenti della scuola privata. E tra i giovani dei due cortei volano fischi e insulti TERESA CAMPAGNA - PALERMO

"Qui giace la scuola pubblica, gli studenti piangono la prematura scomparsa". Un epitaffio in piena regola quello che ha aperto ieri a Palermo un corteo di tremila studenti, ritornati in piazza a manifestare contro la riforma dei cicli proposta dal ministro Moratti. Quello messo in scena dagli studenti di diverse scuola palermitane, ma anche della provincia, è stato un corteo funebre a tutti gli effetti: oltre l'epitaffio, ha sfilato una bara di legno con tanto di fiori e candele. Molti i ragazzi e le ragazze vestiti a lutto che fingevano lacrime e pianti. La carovana funebre non ha attraversato le vie del centro della città, attraversate da un altro corteo, quello delle tute blu, ed ha dovuto optare per la parte occidentale della città. Il rito funebre è stato celebrato davanti alla sede del Provveditorato agli studi, meta del corteo.
Studenti contro non solo la riforma Moratti ma anche contro la finanziaria e il governo regionale, presieduto dal "governatore" Totò Cuffaro, colpevole di non avere ancora dotato la Sicilia di una legge sul diritto allo studio (unica regione in Italia) nonché promotore della proposta di istituire dei buoni scuola, una sorta di finanziamento indiretto (sono stati previsti quaranta miliardi di lire) alle scuole private. La manifestazione si è spostata nel pomeriggio davanti alla sede dell'Assemblea regionale, a Palazzo d'Orleans, dove gli studenti hanno dato vita a un sit in che, prevedono, durerà almeno tre giorni.
Continua, quindi, la mobilitazione dei giovani. La maggior parte delle scuole sono occupate, in altre si susseguono le assemblee straordinarie, in altre ancora gli studenti hanno deciso per le assemblee permanenti, o l'autogestione come all'istituto d'arte di Palermo e al liceo scientifico di Ustica, anche se, in qualche caso, nuove forme di lotta prendono piede. In una scuola, infatti, gli studenti hanno deciso di dividere la giornata scolastica di cinque ore in tre di lezione e due di assemblea.
Anche la provincia ha aderito in massa alla protesta e aumenta il numero delle scuole occupate. Nelle ultime ore si sono aggiunti due istituti a Partinico e altrettanti a Cefalù. E in quest'ultima cittadina, i docenti del Commerciale hanno scritto una lettera, allarmati dalle condizioni precarie dell'edificio e preoccupati per l'incolumità dei ragazzi che occupano.
Nel capoluogo siciliano a dare il via all'occupazione è stato un liceo classico, il Vittorio Emanuele II, dove per un giorno a fare da protagonisti sono stati i genitori esasperati da tre settimane di lotta e che sono intervenuti anche in maniera dura per cercare di parlare con i figli. Solo l'arrivo della Digos ha sedato gli animi, ma i ragazzi non si sono mossi di una virgola, non desistendo dall'occupazione. In un altro istituto palermitano, l'Itc Pio La Torre, a cercare il confronto con gli alunni sono stati i professori, che hanno tentato la strada della ricerca di forme alternative all'occupazione. Ma anche in questo caso i ragazzi hanno scelto la linea dura.
A Palermo lo scontro fra scuola pubblica e privata ha avuto anche un "contatto" fisico. Da una parte gli studenti del liceo classico Meli e dall'altra quelli del tecnico industriale Pitagora. Studenti "privati", con un cartellone inequivocabile che invitava i ragazzi della scuola pubblica a farsi i fatti propri, e "pubblici" sfilavano in due cortei opposti ma lungo lo stesso percorso. Il loro incontro-scontro si è comunque risolto senza nulla di particolarmente grave. Più che pugni e cazzotti sono, infatti, volati insulti e parolacce.


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