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Il governo apre alle scuole private. Sgravi fiscali per chi le sceglie

Il sottosegretario Toccafondi: detrazioni sulle rette. I timori dei ricorsi dei precari

27/02/2015
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Corriere della sera

ROMA - «Vorremmo dare la possibilità anche a due operai di scegliere se mandare il figlio in una scuola pubblica o in una paritaria». Come? «Detraendo fiscalmente almeno parte della retta da pagare». C’è anche questo nella Buona scuola del governo di Matteo Renzi, la cui discussione in Consiglio dei ministri è slittata da domani al 3 marzo. E nell’ultima bozza al Miur spunta la possibilità di un aiuto per le famiglie con i figli negli istituti non statali. «La rivoluzione delle Buona scuola - spiega il sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi - non è un semplice decreto, ma una riforma complessiva del sistema», e il sistema «da legge 62 del 2000 dell’allora ministro Luigi Berlinguer, è composto da scuole statali e paritarie private».
Parliamo di quasi 1 milione e mezzo di studenti, oltre 13 mila istituti e 100 mila tra insegnanti e personale amministrativo: tra questi ci sono almeno la metà di bambini delle scuole materne private .«Non si possono ignorare». Anche perché, in quanto paritarie e quindi riconosciute dallo Stato, «loro rispettano le stesse norme e regole della scuola statale». Ricevono ogni anno intorno ai 400-500 milioni di euro. «Ma lo studente della paritaria - fa i conti Toccafondi - costa circa 450 euro, contro i 6.800 di uno della statale».
Anche la ministra Stefania Giannini, da sempre paladina della «libertà di scelta educativa per le famiglie» ieri ha ribadito che «il sistema pubblico ha due pilastri, scuola statale e non statale, lo stabilisce la legge, ma mancano le misure che rendono completamente attuato questo processo».
I costi sono il punto dolente della questione. Il Miur pensa perciò a una detrazione parziale delle rette. Esultano la Compagnia delle Opere e l’Associazione dei genitori delle scuole cattoliche: «Si mette fine a una grave ingiustizia». Un po’ meno Sel che parla di «fatto grave da rigettare senza riserve». Ma nel Pd c’è chi, come Simonetta Rubinato e Simona Malpezzi, sostiene che «la libertà di insegnamento e scelta educativa debbano avere spazio» e che «la detrazione fiscale è un primo passo». Ma non tutte le paritarie sono uguali: il Miur pensa a controlli più severi per combattere i cosiddetti diplomifici. Ora, dice Toccafondi, «l’ultima parola tocca a Renzi».
Non è l’unico nodo da sciogliere. Tutti i particolari sul piano di assunzioni restano da definire, a partire dai risvolti economici, al centro di un incontro tra tecnici dell’Istruzione e delle Finanze. La legge di Stabilità ha stanziato 1 miliardo, ma per specificare le ricadute che avrà l’assorbimento dei precari il Mef ha bisogno di numeri certi. Che ancora non ci sono. Dai 134 mila precari delle Graduatorie a esaurimento bisognerà eliminare 26 mila docenti che non hanno mai insegnato e 20 mila maestri di scuole dell’Infanzia. Cosa si farà con gli «esclusi»»? Il rischio di ricorsi a pioggia è massiccio. Si fa strada l’ipotesi di un maxi indennizzo e di coprire le cattedre scoperte con i precari di seconda fascia, facendoli entrare con supplenze almeno annuali, una sorta di contratto «ponte» per traghettarli fino al prossimo concorso. In quell’occasione, forti di un punteggio agevolato, potrebbero entrare nel mondo della scuola dal portone principale.
Valentina Santarpia
Claudia Voltattorni


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