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Il Giorno: Brunetta torchia i fannulloni La Cgil ribalta il tavolo

Al tavolo erano presenti 13 sigle sindacali: 10 in rappresentanza del 19% dei lavoratori pubblici, solo tre (Cgil, Cisl e Uil) in rappresentanza dell’81%

29/05/2008
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Il Giorno

Il piano del ministro: 40 miliardi di risparmi in 3-5 anni
Renato Brunetta (foto LaPresse)
di OLIVIA POSANI —ROMA — PRIMO strappo tra il ministro della Funzione pubblica e la Cgil. Renato Brunetta ha convocato ieri i sindacati per presentare le linee guida del «piano industriale» che punta a rendere finalmente efficiente la pubblica amministrazione. Ma dopo soli 15 minuti il rappresentante della confederazione di Epifani ha letto una breve dichiarazione, si è alzato ed ha abbandonato il tavolo. Motivo della protesta, la decisione del ministro di invitare un solo componente per sigla e dunque di escludere i sindacati di categoria. «Ciò significa — ha spiegato il coordinatore della Cgil, Gentile — impedire la partecipazione di coloro che poi devono gestire il piano. E’ come se la Fiat escludesse i metalmeccanici da una trattativa». Una questione di metodo, che rischia di ingarbugliare un confronto che non dovrebbe invece trovare ostacoli insormontabili nel merito. «Nelle prossime ore decideremo con Cisl e Uil il da farsi perché tira aria di tempesta», annuncia Podda, segretario generale della Funzione pubblica Cgil. E Panini, leader storico della Cgil scuola: «Il governo sta cercando il conflitto e se continua così lo avrà». I segretari confederali di Cisl e Uil, Baratta e Pirani, hanno invece deciso di rimanere al loro posto. «Non rompo sul metodo», spiega Baratta, che però aggiunge: «Al ministro Brunetta abbiamo spiegato che è stato un errore non invitare le categorie e che la prossima volta dovrà rimediare perchè c’è un problema di rappresentanza. Al tavolo erano presenti 13 sigle sindacali: 10 in rappresentanza del 19% dei lavoratori pubblici, solo tre (Cgil, Cisl e Uil) in rappresentanza dell’81%». BRUNETTA è però deciso a procedere spedito per la sua strada, convinto com’è che al momento l’amministrazione pubblica rappresenti «una palla al piede». Dunque intende accelerare con la sua riforma, tanto da aver chiesto ai sindacati di presentare, per mail, suggerimenti entro 48 ore. Se non troverà collaborazione, fa capire, andrà avanti da solo. Anche perchè «modernizzare la Pubblica amministrazione è cruciale per il Paese». Un esempio? Basterebbe recuperare un 10% di efficienza per guadagnare l’equivalente di 2 punti di Pil, ovvero circa 30 miliardi. Di più, nel giro di 3-5 anni, si potrà aumentare la produttività del 20% recuperando così circa 40 miliardi. E questo, si legge nel piano, «senza lacerazioni sociali e occupazionali». La ricetta di fondo è quella già annunciata: lotta agli assenteisti, nessun cedimento di fronte alle pressioni politiche e sindacali, accorpamento degli uffici, risparmi del 20%. La filosofia che ispira il provvedimento è chiara: il datore di lavoro pubblico deve comportarsi come fosse privato. LE DIRETTRICI da seguire sono cinque: riconoscere e premiare il merito individuando standard oggettivi di qualità; introdurre sistemi di valutazione moderni e trasparenti che fungano da «volano per una amministrazione pubblica produttiva ed efficiente»; ridefinire i diritti e i doveri del dipendente pubblico prevedendo anche di «accelerare i procedimenti disciplinari»; rivalutare il ruolo e i compiti dei dirigenti, «che devono diventare il cardine della manovra di miglioramento dei servizi»; accelerare le procedure «riducendo i comparti di contratazione, rivedendo la durata dei contratti in linea con il settore privato, regolando la contrattazione di secondo livello».


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