Il giallo delle nuove indicazioni
Le scuole lasciate nell'incertezza: i vecchi programmi del primo ciclo non sono utilizzabili. Licenziate dal Cnpi, non sono state siglate da Palazzo Spada
DI MARIO D'ADAMO
Il nuovo anno scolastico è iniziato con un vuoto normativo: sono scadute le vecchie indicazioni nazionali Moratti Fioroni Gelmini per le scuole dell'infanzia e del primo ciclo mentre le nuove non sono ancora ufficiali. Terminata l'8 luglio la consultazione sulla bozza, sono serviti meno di venti giorni per arrivare al testo finale del 23 luglio. Da allora, ed è passato più di un mese, tutto sembra essersi fermato. E così il decreto di approvazione delle nuove indicazioni, che doveva apparire entro il 31 agosto, è in ritardo, nonostante il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, Cnpi, avesse già dato il proprio via libera. E non sono nemmeno comparse, a sostegno dell'attività ormai iniziata di programmazione delle scuole, linee guida per l'elaborazione dei curricoli, sollecitate dal Cnpi, che aveva anche chiesto fossero messi in campo interventi di monitoraggio e reperite risorse per la formazione del personale e la dotazione di strumenti. Le scuole navigano a vista, non avendo avuto nessun chiarimento sul come procedere. Il gruppo di lavoro incaricato di elaborare le indicazioni addita a personale della scuola e utenti le finalità della scuola: dare agli studenti occasioni di apprendimento dei saperi e dei linguaggi culturali di base, attivare strumenti di pensiero per selezionare le informazioni, promuovere capacità di apprendere lungo l'arco di tutta la vita anche in relazione alle prospettive di mobilità professionale, sollecitare l'elaborazione di metodi e categorie per costruire itinerari personali di riorganizzazione e reinvenzione dei saperi, delle competenze e del lavoro stesso. I nuovi strumenti di comunicazione e di acquisizione delle informazioni non costituiscono solo un mero aumento dei mezzi a disposizione per l'apprendimento, è scritto nell'introduzione, ma coinvolgono la struttura della memoria e l'organizzazione del pensiero, rivoluzionando il modo di fare scuola, che dovrà "mettere in relazione la complessità di modi radicalmente nuovi di apprendimento con un'opera quotidiana, attenta al metodo, ai nuovi media e alla ricerca multidimensionale". È cambiato anche il tradizionale rapporto tra autorità e libertà, giacché la "capacità adulta di presidio delle regole e del senso del limite" si è attenuata, con la conseguenza che sono più difficili e faticosi i processi di identificazione e differenziazione dei giovani. La commissione valorizza interculturalità e interdipendenza delle discipline, nello stesso tempo in cui dichiara defunta la scuola che, fino a tempi non lontani, "ha avuto il compito di formare cittadini nazionali attraverso una cultura omogenea". Quasi a sottolineare una discontinuità anche con il recente passato, nel quale si è dovuto assistere a esasperazioni localistiche, pregiudizi e xenofobie, spesso accolte ai più diversi livelli delle istituzioni, essa ricorda che le popolazioni umane hanno sempre comunicato tra loro e che solo grazie a una lunga storia di scambi e interazioni è stato possibile il progresso scientifico, materiale e culturale. Filosofia, arte, economia, storia delle idee, delle società, delle scienze e delle tecnologie sono lì a testimoniarlo allo stesso modo di come discipline una volta distanti tra loro (genetica, linguistica, archeologia, storia dei miti e delle religioni, ecc) hanno ricostruito una storia globale e comune dell'umanità. Ed è un'importante lezione da far apprendere alle nuove generazioni perché non cadano nei grossolani errori in cui le precedenti sono cadute. La commissione ha ispirato il proprio lavoro ai principi e ai valori costituzionali di libertà, uguaglianza, progresso individuale e sociale, libertà di insegnamento, ruolo svolto dalle famiglie e dall'autonomia funzionale delle istituzioni scolastiche (articoli 2, 3, 4, 30, 33 e 117). Consapevole che «oggi l'apprendimento scolastico è solo una delle tante esperienze di formazione», che per acquisire competenze specifiche «non vi è bisogno di contesti scolastici» e che la scuola, infine, non detiene più «il monopolio delle informazioni e dei modi di apprendere», la commissione compie un'operazione di riattribuzione di competenze all'istruzione e all'educazione pubblica: promuovere negli studenti la capacità di dare senso e significato alla varietà delle loro esperienze. In una società nella quale i saperi e le relative competenze invecchiano velocemente e diventano obsolete nel volgere di pochi anni, la sfida della scuola non è solo quella di perseguire l'accumulo di informazioni, anche se queste servono, ma il dominio dei singoli ambiti disciplinari e delle loro connessioni. La nuova introduzione ripropone con forza l'unitarietà dei processi di apprendimento e dell'individuo in formazione, ricomponendo i grandi oggetti della conoscenza in una prospettiva complessa e superando la frammentazione delle discipline, che solo per comodità di esposizione sono tenute separate. Ne dà atto lo stesso Cnpi, con il parere del 25 luglio.