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Il futuro degli ex giovani
Alba Sasso
28/08/2012
il manifesto
Una buona notizia: nel 2013 saranno assunti nella scuola, dalle graduatorie ad esaurimento, 21.000 precari. Sempre che i conti siano giusti e non ci si mettano di mezzo ulteriori provvedimenti di razionalizzazione della spesa. Ma la notizia che occupa la scena in queste ore è la scelta di bandire il concorso, come non si faceva dal lontano '99, per docenti con l'abilitazione. Premetto che sono favorevole ai concorsi, ma mi permetto qualche osservazione, soprattutto rispetto all'enfasi che in tanti riservano alle questioni del merito e dei giovani.
Il merito: intanto vorrei sommessamente ricordare che se si è scelto di cambiare strada rispetto ai concorsi è stato a seguito della legge 340 del 1990, che istituiva le scuole di specializzazione nel rispetto della normativa europea, legge successivamente regolamentata nel '97. Molti di coloro iscritti nelle graduatorie ad esaurimento, ingiustamente considerate una sorta di albo di gente poco qualificata che non ha passato mai nessun tipo di selezione, vengono da quella esperienza alla quale si accedeva attraverso una prova selettiva e che si concludeva con un esame o vengono dai concorsi o hanno lavorato da precari nella scuola per molti anni. Insomma proprio quei docenti che, insieme ai docenti di ruolo, hanno permesso alla scuola italiana di funzionare anche in tempi di ristrettezze e di pessima stampa.
I giovani: dunque bandire il concorso riservato a docenti abilitati per 12.000 posti da assegnare nell'anno 2013/2014 dividendoli tra vincitori di concorso e iscritti nelle graduatorie ad esaurimento porterà molti dei precari, delle stesse graduatorie, a partecipare al concorso per avere una chance in più. Perciò credo che la stima dei 200.000 partecipanti sia molto al di sotto della realtà e dubito che riusciranno a poter sostenere il concorso persone al di sotto dei 35 anni. Anche se certo si saneranno alcune situazioni come quelle dei laureati in scienze della formazione che non sono riusciti ad entrare nelle graduatorie ad esaurimento, pur in possesso di laurea abilitante.
Ripeto sono favorevole ai concorsi, ma forse prima di bandirne uno occorreva definire una volta per tutte almeno le linee guida di un sistema di reclutamento nella scuola. Per evitare di rincorrere l'emergenza , come quasi sempre avviene. E per evitare sovrapposizioni di normative. Ci saranno concorsi periodici? Si creeranno ulteriori graduatorie di coloro che superano il concorso ma non "vincono" la cattedra? È destinata a continuare l'esperienza dei tirocini formativi attivi? Come avverranno le assunzioni, in forma pubblica o come ripete non solo la destra in forma privata (a chiamata diretta)? Tema delicatissimo che forse nessuno vuole affrontare in questo momento politico.
E insieme alle linee guida per il reclutamento occorrerebbe ridefinire il criterio di riparto degli organici (quanti docenti spettano a ogni Regione), tema da tempo in discussione al tavolo delle Regioni. Possibile che il criterio prevalente debba essere il numero degli iscritti? In questo modo le regioni meridionali, quelle dove non c'è incremento demografico, continueranno ad essere penalizzate anche rispetto al concorso. Infine, e che non suoni un "refrain", ma si prevedono, a breve, investimenti per la scuola che la tolgano da questo perenne stato di incertezza e, non vorrei abusare del termine, di precarietà? Investimenti in grado di invertire la tendenza dei tagli e del risparmio su un settore che tutti giudicano decisivo per la crescita?
Rompere la spirale dei tagli sarebbe, forse, la prima vera riforma della scuola necessaria nel nostro Paese.
Il merito: intanto vorrei sommessamente ricordare che se si è scelto di cambiare strada rispetto ai concorsi è stato a seguito della legge 340 del 1990, che istituiva le scuole di specializzazione nel rispetto della normativa europea, legge successivamente regolamentata nel '97. Molti di coloro iscritti nelle graduatorie ad esaurimento, ingiustamente considerate una sorta di albo di gente poco qualificata che non ha passato mai nessun tipo di selezione, vengono da quella esperienza alla quale si accedeva attraverso una prova selettiva e che si concludeva con un esame o vengono dai concorsi o hanno lavorato da precari nella scuola per molti anni. Insomma proprio quei docenti che, insieme ai docenti di ruolo, hanno permesso alla scuola italiana di funzionare anche in tempi di ristrettezze e di pessima stampa.
I giovani: dunque bandire il concorso riservato a docenti abilitati per 12.000 posti da assegnare nell'anno 2013/2014 dividendoli tra vincitori di concorso e iscritti nelle graduatorie ad esaurimento porterà molti dei precari, delle stesse graduatorie, a partecipare al concorso per avere una chance in più. Perciò credo che la stima dei 200.000 partecipanti sia molto al di sotto della realtà e dubito che riusciranno a poter sostenere il concorso persone al di sotto dei 35 anni. Anche se certo si saneranno alcune situazioni come quelle dei laureati in scienze della formazione che non sono riusciti ad entrare nelle graduatorie ad esaurimento, pur in possesso di laurea abilitante.
Ripeto sono favorevole ai concorsi, ma forse prima di bandirne uno occorreva definire una volta per tutte almeno le linee guida di un sistema di reclutamento nella scuola. Per evitare di rincorrere l'emergenza , come quasi sempre avviene. E per evitare sovrapposizioni di normative. Ci saranno concorsi periodici? Si creeranno ulteriori graduatorie di coloro che superano il concorso ma non "vincono" la cattedra? È destinata a continuare l'esperienza dei tirocini formativi attivi? Come avverranno le assunzioni, in forma pubblica o come ripete non solo la destra in forma privata (a chiamata diretta)? Tema delicatissimo che forse nessuno vuole affrontare in questo momento politico.
E insieme alle linee guida per il reclutamento occorrerebbe ridefinire il criterio di riparto degli organici (quanti docenti spettano a ogni Regione), tema da tempo in discussione al tavolo delle Regioni. Possibile che il criterio prevalente debba essere il numero degli iscritti? In questo modo le regioni meridionali, quelle dove non c'è incremento demografico, continueranno ad essere penalizzate anche rispetto al concorso. Infine, e che non suoni un "refrain", ma si prevedono, a breve, investimenti per la scuola che la tolgano da questo perenne stato di incertezza e, non vorrei abusare del termine, di precarietà? Investimenti in grado di invertire la tendenza dei tagli e del risparmio su un settore che tutti giudicano decisivo per la crescita?
Rompere la spirale dei tagli sarebbe, forse, la prima vera riforma della scuola necessaria nel nostro Paese.