«Il dottorato universitario si farà anche in enti di ricerca e aziende»
Profumo: presto il nuovo regolamento, dall’anno prossimo si cambia
MARIA LOMBARDI
ROMA - Il ministro Francesco Profumo non pensa al momento a un bis. «Sono un professore che torna all’università», anche se questa esperienza di governo è stata «estremamente positiva». Per ora pensa ad altro, a concludere quanto ha avviato come responsabile dell’Istruzione: un nuovo sistema della ricerca agganciato all’Europa, un nuovo regolamento per il dottorato in modo che possa essere svolto non solo nelle università ma anche negli enti di ricerca, nelle aziende e nella pubblica amministrazione, un reclutamento dei docenti più moderno.
Ministro Profumo, il presidente di Confindustria sollecita al governo un segnale su ricerca e innovazione, da lui definite le due cenerentole italiane. Il tempo non è molto, ci sarà questo segnale?
«La sollecitazione da parte del presidente Squinzi è giusta. Ma credo che la risposta sia già stata in parte data nella visione e nelle azioni fatte in questi mesi di governo. Per quanto riguarda la ricerca si è cercato di creare un sistema con processi semplici e stabili nel tempo, allineati a quelle che sono le direttive europee e che potessero dare risultati in tempi brevi».
A cosa si riferisce?
«Mi riferisco ai bandi realizzati e che fondamentalmente sono su due grandi settori strategici: uno è quello delle Comunità intelligenti e l’altro è quello dei Cluster dove sono stati investiti circa due miliardi e 400 milioni con questo obiettivo: creare un percorso e mettere gli attori della ricerca, ossia università, enti, professioni e aziende, nelle condizioni di poter lavorare insieme su tematiche prioritare per l’Europa e con una strategia per il paese. L’intenzione è quella di costruire una filiera unica tra l’Europa, l’Italia e le regioni. Credo che la ricerca sia strettamente connessa allo sviluppo, ma dal punto di vista della sequenza temporale deve precederlo. Ci manca ancora però la capacità di creare un sistema completo della ricerca con priorità, modalità di valutazione, regole e soprattutto rispetto dei tempi, che è il nostro punto debole. Un traguardo che vorrei lasciare in eredità al prossimo governo».
Lei sostiene che l’Italia non sa usare le risorse europee per la ricerca.
«Non è stata creata quella base culturale che possa far capire ai cittadini che le risorse dell’Europa derivano dalle nostre tasse. Noi investiamo ogni anno in Europa 15 miliardi e ne riportiamo a casa dieci, ne perdiamo dunque 5. Gli altri paesi non fanno così. Ad esempio l’Inghilterra per ogni euro investito ne riporta a casa 1,50».
Per quanto riguarda la riforma dei dottorati cosa avete in programma?
«Stiamo lavorando al nuovo regolamento per il dottorato, siamo nella fase finale. Tutto il percorso dovrebbe concludersi entro l’anno e nei primi mesi del 2013 avvieremo il processo interno all’università. Per l’anno accademico 2013-14 ci sarà un nuovo dottorato».
Quali sono le novità?
«Tre sono i punti essenziali del nuovo regolamento. Si parlerà di dottorato industriale degli enti e delle professioni, ci sarà una maggiore attenzione ai dottorati internazionali. In più sarà possibile svolgerli anche negli istituti di ricerca in congiunzione con l’università, i corsi di dottorato saranno accreditati a monte e poi valutati sui risultati. L’obiettivo è quello di prevedere uno sbocco che non sia prevalentemente all’interno delle università e degli enti pubbici. Queste competenze dovranno essere presenti anche nelle aziende e nella pubblica amministrazioni, come accade in Finlandia con ottimi risultati. Insomma, pensiamo a un dottorato che sia al servizio del paese e della sua innovazione».
E la riforma del reclutamento dei docenti nella scuola?
«Stiamo rivedendo anche il regolamento per il reclutamento in modo tale che la prossima sessione di concorsi per l’estate 2013 sarà con le nuove regole. E’ prevista la riduzione del numero delle classi di concorso e si punterà a modernizzare il reclutamento dei docenti in modo che ci sia maggiore connessione tra nuova domanda di formazione dei ragazzi e la preparazione degli insegnanti. Nel futuro il trasferimento della conoscenza non avverrà solo all’interno della scuola ma ci saranno tante fonti di conoscenza. Il docente sarà un direttore d’orchestra, avrà il compito di organizzare informazioni e conoscenze».
Dopo la pubblicazione del bando del concorsone 800 docenti hanno già presentato ricorso al Tar. Vi preoccupa?
«Abbiamo avviato un processo di normalizzazione nel paese con regole chiare e trasparenti e che ha dei tempi predefiniti. Io credo che sia stato fatto un lavoro nel modo dovuto».
Dai dati del Miur sui voti della maturità risulta che il record delle lodi spetta di nuovo a una regione meridionale, la Puglia. Esiste ancora un problema di disparità di valutazioni tra nord e sud?
«Direi che il dato più interessante è l’innalzamento dell’asticella media nonostante le prove siano state riconosciute come non semplici. Sono stato per molti anni rettore, molti dei nostri studenti del sud erano bravissimi. Non mi sembra che ci siano elementi preoccupanti da questo punto di vista. Il risultato non è tanto il voto ma come si riuscirà ad esprimere quello che si è imparato».
Accetterebbe di rifare il ministro?
«Nella mia vita ho sempre fatto il professore universitario, questa parentesi estremamente positiva mi sta molto arricchendo sia dal punto di vista professionale che personale. Ma sono un professore che torna all’università, è il mio ambito. In questo momento devo cercare di lavorare nel miglior modo possibile per trasferire l’esperienza di rettore e presidente del Cnr al mio paese in un momento di difficoltà cercando una maggiore integrazione con l’Europa».
E poi?
«Poi sono un dipendente dell’università italiana».