FLC CGIL
Contratto Istruzione e ricerca, filo diretto

https://www.flcgil.it/@3796415
Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » Il Campanile.Le antinomie dell'educazione

Il Campanile.Le antinomie dell'educazione

LE ANTINOMIE DELL'EDUCAZIONE Il progresso ci ha condotti nell'era delle comodità: in cambio ci è risparmiata la fatica della libertà di Daniela Silvestri Viviamo in un tempo artificiale e ...

01/06/2005
Decrease text size Increase text size

LE ANTINOMIE DELL'EDUCAZIONE
Il progresso ci ha condotti nell'era delle comodità: in cambio ci è risparmiata la fatica della libertà
di Daniela Silvestri
Viviamo in un tempo artificiale e artificioso. La nostra sete di informazioni e di immagini, alleandosi con la televisione e l'informatica crede di soddisfarsi vivendo ogni avvenimento in tempo reale. Ma questo ci schiaccia sul presente, annullando insieme passato e futuro.
Il progresso ci ha immersi nell'era delle comodità, quasi come se le comodità ci evitassero di dover intuire, interpretare, elaborare, infine scegliere. Insomma, in cambio della comodità ci viene risparmiata la fatica di esercitare la nostra libertà. Ci viene risparmiata la fatica di pensare. Ci viene risparmiata la fatica della responsabilità. Qualcuno dice che non c'è più il buon tempo antico. E certamente sono mutate le immagini dell'infanzia, dell'adolescenza, della famiglia e della scuola. La crescita dei bambini e la socializzazione degli adolescenti sono inquadrate nei parametri di un accomodamento al mondo degli adulti. I bambini, fin dalla prima infanzia, sono scaricati in fretta davanti ai cancelli delle scuole da automobili a motore acceso, auto che spesso si sono appena "tagliate la strada" l'una con l'altra. I ragazzi raggiungono l'istituzione scolastica con motorini rampanti, simboli rumorosi della società della fretta e dei nuovi bisogni consumistici. Lo stress da fretta ingenera nuove concezioni e nuovi comportamenti infantili, giovanili ed adulti, e costituisce un fattore di rischio al quale sembra illusorio sperare di porre rimedio. Scompare di fronte allo stress la distinzione in bianco e nero tra piccoli, adolescenti, adulti. Mondo infantile, mondo giovanile, mondo adulto, compattati dallo stress, si compattano anche nelle nuove forme di rilassamento adottate dalla collettività e dal comune sentire, prime tra tutte lo shopping e la spettacolarizzazione della vita quotidiana.
Bambini, adolescenti, adulti sono parte di una stessa categoria, quella degli spettatori televisivi. Il televisore come simbolo del focolare domestico mette sullo stesso piano bambini, adolescenti ed adulti, e spesso in modo ugualmente acritico. I bambini di oggi, anche in quanto bambini "televisivi" sono più ricchi di conoscenze e di stimoli intellettuali, ma molto più poveri emotivamente e socialmente. Nel contempo con la diffusione della televisione, il dilagare del narcisismo e dei collegati meccanismi di delusione soggettiva crescono incertezze e difficoltà personali e sociali. Maggiormente aggravate, nella delicata età infantile e adolescenziale, dai problemi della famiglia coniugale e dall'ancora non metabolizzata rivoluzione sessuale. Sempre meno la maggior parte degli adulti si pone quale guida esplicita per i bambini e per gli adolescenti. E' la società della fretta, del consumismo dei beni materiali e culturali, delle emozioni non vissute e delle mode subite. Eppure molta parte dell'opinione pubblica continua a pensare alla scuola come a quella del buon tempo andato, fuori dai problemi e dalle necessità: una sorta di paradiso terrestre. Ma il sapere non è l'esito di un processo semplice, non è un processo cumulativo e meccanico di acquisizione di contenuti trasmessi, ma è il risultato di percorsi complessi. La capacità di accrescere il proprio livello di conoscenze è sempre legata al sapere già acquisito, che rende possibile accedere a nuove informazioni e utilizzarle per i propri fini, interagendo con l'ambiente e con le persone. Ogni atto cognitivo è un'attività su cui pesano condizioni affettive, sociali e culturali preesistenti. Molte ricerche attuali mettono chiaramente in evidenza le interrelazioni tra le caratteristiche "esplicite" e quelle "tacite" della conoscenza. Altre cercano di scorgere gli effetti destabilizzanti che le nuove tecnologie possono avere sulle pratiche quotidiane del parlare, dell'ascoltare, dello scrivere e del leggere e, pertanto, la loro influenza sulla memoria e sull'acquisizione del sapere.
La scuola dei nostri giorni non è e non può essere una specie di mondo incontaminato, eden dei bimbi nella scuola primaria e palestra delle eccellenze nella secondaria. E questa concezione, a metà tra il sogno e la farneticazione, viene portata avanti, a volte sorprendentemente, anche da parte di chi si ritiene parte della intellighenzia di sinistra. Basta leggere le "ricette" di fior di editorialisti e di personaggi illustri che scrivono sui più accreditati quotidiani d'opinione. E gli insegnanti? Tra buone e pessime riforme, stressati comunque, hanno fin troppo spesso la tentazione di appiattirsi sui luoghi comuni e dimenticare la vita reale, la società e le sue emergenze. Ma questo non solo è inutile; è anche dannoso. Bisogna essere consapevoli che non si sta solo parlando di problemi complessi, ma che questi sono reali e la via della semplificazione può essere una scorciatoia pericolosa. La conoscenza si sviluppa con continuità nel tempo e nello spazio, segue dinamiche complesse, investe processi di produzione e riproduzione sociale. La stessa competenza professionale non è legata esclusivamente alle capacità con cui è assolto un determinato compito. E' noto, ma molto spesso lo si dimentica, che essa dipenda da molti fattori, collegati con quanto acquisito nel sistema formativo e al di fuori di esso. Non tenere conto di questa complessità moltiplica i rischi di uno sviluppo che si accompagna a processi di esclusione e marginalità sociale.
E' inoltre necessario non dimenticare che lingua e il linguaggio sono strumenti formidabili di tutela della persona in relazione alla sua vulnerabilità emotiva, sociale, culturale e professionale e della società, perché, anche attraverso tali strumenti, si accresce la cultura nazionale e vengono salvaguardate la memoria e l'identità individuale e collettiva. In generale, sussiste uno stretto rapporto tra quantità e qualità dell'istruzione ricevuta e inserimento sociale. Per questa ragione il problema che pongono con forza i Popolari Udeur è quello di coniugare l'educazione con il sostegno dei diritti fondamentali della persona, legati allo sviluppo di sé, alla cittadinanza e al lavoro. L'ipotesi culturale alternativa espressa dalle forze politiche al governo consiste, in sintesi nel ritorno a un doppio binario della formazione: da un lato il canale nobile, della "liceizzazione", dall'altro quello subalterno della qualificazione, o meglio dell'addestramento professionale. Tale opzione costituisce una regressione rispetto agli indirizzi più evoluti della ricerca sul sapere generale e sulla competenza professionale e delle più attuali acquisizioni in ambito sia internazionale sia nazionale. La popolazione di basso livello di cultura e scolarità incontra difficoltà nel migliorare il proprio status, nel cercare o ritrovare occupazione. La condizione di deprivazione culturale e scolastica diviene l'esito e, nel contempo, l'origine di diverse forme di svantaggio ed in particolare della difficoltà di mobilità professionale e territoriale, connesse con una scarsa qualificazione e con l'impossibilità di competere con gli altri soggetti presenti sul mercato del lavoro. Una penalizzazione derivante, e al contempo foriera, di rischiosa permanenza in un ambiente sociale degradato materialmente e culturalmente.
Va evidenziato, peraltro, che la stessa formazione continua lungo tutto l'arco della vita, legata ai rientri nella formazione durante l'età lavorativa, necessita di saldi ancoraggi alla formazione di base, poiché c'è rapporto reciproco e fortemente dialettico tra competenza e sapere. La riflessione sulla competenza professionale pone, infatti, diversi problemi relativi alle abilità a essa legate ed è complessa l'acquisizione del sapere che ne è parte costitutiva. Serve quindi il filo rosso di idee chiare, altrimenti non si esce dal labirinto delle complessità. Non può esservi altro filo rosso che quello di percorsi educativi più personalizzati, che consentano cambiamenti, interruzioni e riprese senza penalizzazioni, realizzando una equilibrata interazione fra il massimo sostegno ai più deboli e lo sviluppo dell'eccellenza per i più dotati. Questo filo rosso non può che portare ad una scuola che, radicata nel territorio, costruisca l'unità nazionale, formi la cittadinanza: nazionale, europea, mondiale, educhi alla democrazia. Non può che portare ad un potenziamento dell'autonomia scolastica, ad una scuola della progettualità, della corresponsabilità e dell'impegno di tutti, ad una seria rivalutazione professionale e retributiva degli operatori scolastici, ed in primis degli insegnanti, ad adeguati investimenti sulla qualità dell'istruzione di massa. E' l'unico modo per aumentare la competitività del sistema Italia in linea con le politiche europee: la crescita e lo sviluppo delle opportunità per ciascuno, il riequilibrio dei divari territoriali, specie nei confronti del Mezzogiorno e delle disparità sociali, lo stimolo di tutte le potenzialità economiche e la garanzia di un'alta convivenza civile e solidarietà sociale.
La società italiana non si può permettere di perdere la battaglia della scuola, involuzioni e devoluzioni la colpirebbero al cuore, in quel centro nevralgico rappresentato dai giovani, che chiedono una formazione aperta al rapporto tra cultura e professione, con un forte spessore pubblico, molto innovativo, senza vecchi separatismi ideologici e senza nuove egemonie di mercato. In questa prospettiva, l'auspicio è che, sulla politica scolastica, si esca subito dalle posizioni sterili e strumentali, condotte su livelli culturali talvolta estremamente bassi, e si riesca ad aprire una stagione di seria e costruttiva verifica, sostenendo lo sforzo di una maggiore consapevolezza nell'intero Paese, richiamandosi alla necessità di elevare la cultura di base di tutti e di ciascuno, di ampliare ed integrare l'offerta formativa, di rassicurare i cittadini circa la natura pubblica della funzione educativa, di restituire priorità strategica e finanziaria al mondo dell'istruzione e della formazione. D'altronde, a ben pensare, non vi è altra vitale alternativa.


La nostra rivista online

Servizi e comunicazioni

Seguici su facebook
Rivista mensile Edizioni Conoscenza
Rivista Articolo 33

I più letti

Filo diretto sul contratto
Filo diretto rinnovo contratto di lavoro
Ora e sempre esperienza!
Servizi assicurativi per iscritti e RSU
Servizi assicurativi iscritti FLC CGIL