Il baratto di Matteo Renzi sulla scuola
Marina Boscaino
Nel rutilante mondo della politica italiana si stenta ormai a ritrovare la bussola del senso. Delle due l’una. O Renzi – Presidente del Consiglio e Segretario del Pd – ha dimenticato che le due funzioni prevedono ambiti specifici e specifiche modalità di intervento (che non sono quelle del Sindaco di una città relativamente piccola quale Firenze). Oppure il “rottamatore”, che ama infrangere procedure e protocolli, la scanzonata mano in tasca – quello del perenne sorriso, delle facce, delle mossette; lo showman del “batti un cinque” nella scuola di Treviso e delle pacche sulla schiena al popolo acclamante; insomma, il Renzi impegnatissimo a dimostrarci che quella di Crozza non è solo satira ben riuscita – non ha alcuna fiducia nel ministro Giannini, Scelta Civica, da lui designato al ministero dell’Istruzione perché qualche pegno al centrodestra va pur pagato.
E cosa c’è di più ovvio che sacrificare la scuola? Ipotesi, d’altra parte, esclusa direttamente da Giannini stessa, che – in una delle numerose interviste delle sue prime ore da ministro – ha affermato che la sua designazione ha un preciso significato politico. E ci crediamo. E lo sappiamo.
“Se c’è qualcosa che non va poi me lo segnalate alla casella matteo@governo.it. Ogni settimana andrò nelle scuole ad ascoltare le richieste e poi torno a Roma con i compiti a casa”. Così ha incredibilmente (è un eufemismo!) affermato congedandosi dalla prima degli istituti oggetto delle sue visite. Perché la scuola dovrebbe rivolgersi in modo diretto al Presidente del Consiglio? E invece gli autotrasportatori? I magistrati? I veterinari o gli ambulanti dei mercati? E il Presidente del Consiglio, quello che dovrà pensare al pareggio di bilancio, alla tassazione delle rendite finanziarie, alle riforma della giustizia e del sistema elettorale, ai rapporti internazionali, cosa farà quando riceverà la segnalazione dello studente, dell’Ata o dell’insegnante? La risposta è ovvia: niente. Perché siamo di fronte a fuffa demagogica, rivisitata di giovanilismo smart, immagine, smania personalistica di un individuo dall’ego ipertrofico e dall’ambizione smisurata (ma, del resto, un tirocinio ventennale ci ha reso avvezzi a certi atteggiamenti). Il fatto imperdonabile è che a consegnarci questo signore, attraverso una sfilza di errori, di traccheggiamenti, di balbettii, ci ha pensato un partito che fino a poco tempo fa – sulla base di alcuni principi e di una certa storia, anche se ormai lontanissima cronologicamente ed idealmente – poteva davvero tentare di intercettare alcune delle esigenze della scuola.
Oggi invece il gioco è chiaro. Renzi ha barattato scuola, ricerca e università con l’acquiescenza di certo centro-destra. Ma avverte l’obbligo di rimontare, rispetto a questo errore, per molti inemendabile. E ci prova interpretando la parte che gli riesce meglio, quella del simpatico comunicatore. Intanto, dietro questo annacquamento mediatico e questo folklore parolaio (che dichiara la centralità della scuola e nel contempo la svende al miglior offerente) colei alla quale ha consegnato tutto il sistema di istruzione italiano, a soli 4 giorni dalla sua nomina (la sua logorrea incauta ha richiamato l’attenzione del ministro uscente, Carrozza, che l’ha saggiamente invitata a maggiore cautela), ha già chiari i “10 punti”, basati sulla triade merito, valutazione, autonomia.
1. sì al taglio di un anno alle superiori;
2. riforma della scuola media inferiore;
3. no ai concorsoni, bisogna trovare nuovi strumenti per le assunzioni nella scuola;
4. no al monopolio della tecnologia;
5. gli Invalsi sono un buono strumento, ma vanno migliorati e perfezionati;
6. gli scatti stipendiali devono essere concepiti in base al merito, allo studio, all’aggiornamento costante, perché gli automatismi legati all’anzianità rappresentano “il frutto di un mancato coraggio politico del passato”;
7. finanziamenti per la scuola statale e paritaria;
8. riconoscimento del diritto allo studio per gli studenti e al merito per i docenti;
9. valutazione di un piano di messa in sicurezza delle scuole e occuparsi anche di edilizia scolastica;
10. ritorno dall’anno prossimo del “bonus maturità”.
In realtà Giannini ha elargito qua e là varie ulteriori pillole di saggezza, ma quanto elencato – ciascuna delle quali meriterebbe un commento appropriato, oltre al diffuso disagio determinato dal piglio manageriale e decisionista nell’approccio estemporaneo ad una realtà complessa come la scuola – è già sufficiente.
Il doppio registro di Renzi trova per altro il suo completamento nel partito di cui è segretario. Davide Faraone (responsabile scuola del PD), ha convocato il 10 marzo a Roma la “Giornata di ascolto del mondo della scuola”. Ascolto di che? Il Ministro Giannini ha già il suo decalogo pronto, con alcune “scorte” sostanziose, esplicitate troppo incautamente dal governo Monti, ma che abbiamo fiducia troveranno il modo di essere riproposte in maniera meno amplificata e più “efficace”: le 24 ore di lezione.
Caro Faraone, le nomine del tuo giovane capo hanno definitivamente destituito di attendibilità l’armamentario retorico di cui i tempi, l’incuria e l’inerzia altrui vi ha consentito di dotarvi. A chi ha davvero a cuore la Scuola della Repubblica non rimane che non prestarsi, dissociandosi da liturgie di democrazia formale che cercano di celare una sostanziale manipolazione delle coscienze, finalizzata all’asservimento definitivo al Pensiero Unico di matrice neoliberista.