Il 5 maggio è sciopero unitario, ecco le ragioni
Braccia incrociate contro I poteri dei dirigenti e le modalità di reclutamento
Emanuela Micucci
Contratto, stabilizzazione, cooperazione. Le tre le parole chiave con cui si fa la Buona Scuola campeggiano, sabato scorso, dal palco della manifestazione indetta a Roma da cinque sigle sindacali della scuola contro la riforma Renzi. Cgil, Cisl, Uil, Snals-Confsal e Gilda-Fgu uniti in piazza hanno annunciano lo sciopero per il 5 maggio, il primo unitario dopo sette anni. La scuola si fermerà compatta: docenti, dirigenti scolastici, personale amministrativo, tecnico ed ausiliare manifesteranno con accanto l'And, l'associazione nazionale docenti, gli studenti dell'Uds e della Rete studenti medi che hanno dato la loro immediata adesione. E la «battaglia proseguirà, fino ad arrivare, se necessario, allo sciopero degli scrutini», annuncia Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda Insegnanti. «Quando si mette mano a questioni senza averne conoscenza e competenza», sottolinea Francesco Scrima, segretario generale Cisl Scuola, «si finisce come l'apprendista stregone e si rischia di fare danni incalcolabili. Questo sta facendo Renzi sulla scuola». «Siamo preoccupati perché è in atto uno scontro tra il governo e la scuola e tra il governo e il Paese, e non serve «, aggiunge il segretario generale della Uil Massimo Di Menna, che poi spiega: «La nostra non è una protesta generica, ci sono obiettivi chiari: vanno corrette le misure riguardanti i precari, i super poteri ai dirigenti e il contratto». Del disegno di legge «va cambiato tutto e noi non possiamo più aspettare», osserva Domenico Pantaleo, segretario generale Flc Cgil. «Noi chiediamo – spiega - l'immediata stabilizzazione dei precari, il rinnovo del contratto e che si realizzi, finalmente, una scuola autonoma, libera da molestie burocratiche e basata sulla partecipazione e la cooperazione tra i soggetti che operano nella scuola e nel territorio». E Scrima aggiunge: «Noi vogliamo che siano cancellate le parti del ddl che stravolgono senza criterio modalità di reclutamento, mobilità e gestione del personale, riconsegnandole alla loro sede legittima che è quella contrattuale; vogliamo che professionalità, collegialità e partecipazione siano valori riconosciuti e non disattesi e mortificati. Vogliamo stabilità del lavoro, risorse di organico certe e adeguate per le nostre scuole». «Serve un piano di assunzioni e serve che sia fatto per decreto», osserva Di Menna, «no inoltre all'art.12 al ddl, che per dare retta alla Corte europea stabilisce che dopo 3 anni di lavoro precario un docente sia licenziato. No infine al preside con super poteri». «La scuola ha manifestato la volontà di non farsi più prender in giro - sottolinea Marco Paolo Nigi, segretario generale Snals-Confsal, e scende in piazza anche «contro il mancato rinnovo del contratto fermo da 7 anni». Infine, i sindacati chiedono una strategia di forte investimento su istruzione e formazione, recuperando il gap che separa l'Italia dagli altri Paesi europei. La manifestazione arriva dopo pochi giorni dall'appello con cui Cgil, Cisl, Uil, federazioni di categoria della scuola e 31 associazioni vicine al mondo dell'istruzione chiedevano al Parlamento e a tutti i gruppi parlamentari di confrontarsi con loro sul ddl. Tutti i firmatari, pur rappresentando organizzazioni con punti di vista anche molto diversi, presentavano 5 proposte: stop alle diseguaglianze, vera autonomia scolastica «nel senso pieno del DPR 275», alternanza scuola-lavoro, no alle numerose deleghe al governo e a costo zero.