Ici Chiesa. Monti: Esenti le scuole se non fanno profitti
Il premier interviene in commissione per esporre i criteri con cui si stabiliranno le esenzioni per il non profit. L’attività non commerciale sarà definita in base all’assenza di profitti o al reinvestimento di questi nelle imprese.
BdG
«Il governo considera le attività svolte dagli enti non profit come un valore e una risorsa della società italiana ». Inizia così l’intervento di Mario Monti «piombato» in commissione Industria del Senato nel pomeriggio per definire il raggio di applicazione dell’Imu per la Chiesa e il non profit. Una prolusione densa di tecnicismi, racchiusa in tre cartelle e mezzo. Monti è accompagnato dal sottosegretario Antonio Catricalà, e entra in commissione Industria al seguito del presidente Renato Schifani, il quale sottolinea come sia la prima volta che un premier interviene in una commissione in sede referente. Monti spiega in dettaglio la norma presentata dal governo, l’iter della sua applicazione (servirà un altro decreto per definire i criteri di esenzione), ascolta le repliche (abbastanza univoche) dei senatori. Poi la commissione passa al voto: l’emendamento è approvato all’unanimità. Quello che preoccupa il premier è il dibattito concitato che si è aperto sulle scuole e le attività socialmente rilevanti della Chiesa. Ma«è necessario precisare - osserva il premier - che non è propriamente corretto se le scuole in quanto tali siano esenti o meno, bensì è più corretto domandarsi quali scuole siano esenti e quali viceversa siano sottoposte alla disciplina comune».
I CRITERI Come discernere, dunque, tra chi paga e chi è esente? Il premier elenca tre criteri fondamentali, fatta salva l’emanazione di un decreto del ministro dell’Economia. Per quanto riguarda l’attività paritarie, essa «è valutata positivamente - si legge nell’intervento - se il servizio effettivamente prestato è assimilabile a quello pubblico sotto il profilo dei programmi di studio e della rilevanza sociale, dell’accoglienza di alunni con disabilità, dell’applicazione della contrattazione collettiva del personale docente e non docente. La seconda condizione è che il servizio sia aperto «a tutti i cittadini alle stesse condizioni», e che le scelte di esclusione degli studenti non siano correlate a norme discriminatorie. Infine l’organizzazione dell’ente, «anche con specifico riferimento ai contributi chiesti alle famiglie, alla pubblicità del bilancio, alle caratteristiche delle scritture», spiega ancora il premier, deve preservare senza alcun dubbio la finalità non lucrativa. Eventuali avanzi di bilancio non dovranno rappresentare profitto,ma sostegno direttamente correlato ed esclusivamente destinato alla gestione dell’attività didattica. In ogni caso Monti insiste sul fatto che in questo caso non si tratta soltanto di attività didattica. Infatti secondo una giurisprudenza consolidata «non rileva l’attività indicata nello Statuto - continua Monti citando una sentenza -ma l’attività effettivamente svolta negli immobili ». Quanto alle verifiche sulla modalità di attuazione dell’attività, queste devono essere concrete, e non basate soltanto su una documentazione. Insomma, anche se l’attività è virtualmente non profit, ma concretamente svolta in forma commerciale, l’esenzione non viene applicata. Monti ricorda che l’emendamento risponde pienamente all’ipotesi di procedura d’infrazione sollevata in Europa, che non riguarda certamente soltanto le scuole. L’intervento di Monti ha ricevuto il plauso di tutti i senatori che hanno chiesto di commentare. «La comunicazione del presidente Monti alla commissione Industria sul tema dell'Imu per il non profit ha consentito di chiarire i dubbi che in queste ore erano emersi - ha detto Paolo Giaretta (Pd) - è stata un'iniziativa molto opportuna che conferma la sensibilità del presidente del Consiglio e, soprattutto, tranquillizza un mondo così importante del sistema educativo italiano e, anche, le tante famiglie che ne usufruiscono».❖