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I voti fanno bene ai bambini?

La disputa che arriva da Parigi. Gelmini: aiutano a crescere

22/11/2010
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Corriere della sera

 I voti fanno bene ai bambini? Secondo il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, «sì, perché aiutano a crescere ed è giusto che un alunno capisca in modo chiaro se ha lavorato bene o no». Di diverso avviso è la psicologa dell’età evolutiva Silvia Vegetti Finzi, per la quale, attraverso la valutazione dei bambini con il voto, «si rischia l’umiliazione». I piccoli, in realtà, «andrebbero valorizzati per le loro specificità». Il dibattito arriva dalla Francia, dove un movimento di pensiero chiede di abolire i voti. In Italia sono stati reintrodotti nel 2009 dopo 32 anni. MILANO — In base all’articolo 3 del decreto Gelmini, dall’anno scolastico 2008/2009 alle elementari e alle medie la valutazione dell’apprendimento degli alunni — sia quella periodica (prove scritte e interrogazioni), sia annuale (pagelle) — viene espressa con i numeri dall’1 al 10: la restaurazione di una prassi che era stata abolita nel 1977. 

La questione dei voti a scuola è da sempre oggetto di studi e commenti da parte degli esperti, e di discussioni che non possono fare a meno di un certo tasso di ideologia: se nel 1977 la loro abolizione ubbidiva alla volontà di attenuare l’atteggiamento selettivo e esaltare quello egualitario, il decreto Gelmini di due anni fa valorizza di nuovo un’impostazione che punta alla chiarezza e, fin dagli esordi nella carriera scolastica, alla «meritocrazia». Ora venti intellettuali francesi, tra i quali il celebre psichiatra infantile Marcel Rufo, il neurologo e psicanalista Boris Cyrulnik e lo scrittore Daniel Pennac, hanno firmato una lettera aperta per l’abolizione dei voti nei primi anni di insegnamento. «La cultura del voto è ancora molto presente nella scuola francese, storicamente portata alla selezione. I voti bassi sono demotivanti, vissuti come una sanzione e sono controproducenti ai fini di un possibile miglioramento», si legge nell’appello. A parere dei firmatari, «l’ossessione della graduatoria rinchiude progressivamente gli allievi nella spirale del fallimento, mentre la fiducia in sè è indispensabile al successo scolastico». Il linguista Alain Bentolila ha bollato la proposta come «ridicola»: «Il compito del maestro non è umiliare l’allievo dicendogli "va bene piccolo mio, di più non puoi fare", ma spronarlo a fare di più. Un insegnante ha il diritto e il dovere di dire a un bambino che può migliorare». Il ministro dell’Educazione nazionale Luc Chatel ha chiarito che non ha intenzione di togliere i voti: «Aiutano i bambini e i genitori a valutare meglio progressi e difficoltà, e a porsi degli obiettivi». Ma il dibattito ormai è riaperto.

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