I ragazzi fragili senza aiuto
gli studenti disabili e i prof di sostegno
Gian Antonio Stella
Sei studenti disabili su dieci, alla riapertura delle scuole, subiranno una pugnalata. Perché questo è quanto prova un alunno, bimbo o ragazzino che sia, nel ritrovarsi senza il «suo» insegnante di sostegno: è «lui» tutta la sua «continuità didattica» invocata da anni da chi si occupa di scuola. Chiacchiere.
Dopo aver sofferto più di ogni altro l’isolamento per il Covid-19, accusa un dossier di Tuttoscuola , i più fragili vanno incontro a nuovi choc: il 59% resterà spaesato davanti a un nuovo docente mai visto prima. E magari disinteressato o addirittura infastidito dall’impegno avuto in carico. A dispetto della crescita spropositata degli insegnanti di sostegno saliti, coi precari, a 185 mila. Pari all’intera popolazione di città come Reggio Calabria. O alla somma di quasi tutti i «militari dell’Esercito e agenti della Polizia di Stato messi insieme».
Il nodo è quello già denunciato dalla rivista di Giovanni Vinciguerra, sempre puntuale su questi temi, nel 2017: davanti alla scelta tra i diritti degli studenti portatori di handicap e quelli dei docenti va a finire sempre allo stesso modo. Prima vengono i secondi. Tant’è che dopo il rifiuto della svolta prevista dalla legge 107/2015 (Buona scuola) che puntava a garantire agli alunni disabili di «fruire dello stesso insegnante di sostegno per l’intero ordine o grado di istruzione», la traumatizzante girandola di maestri e professori di sostegno si è fatta addirittura più vorticosa. Schizzando in tre anni da 43% al 59%.
Una follia, spiega il report sulle difficoltà dei disabili a scuola al quale «Buone Notizie» dedicherà uno speciale e la copertina del numero di martedì prossimo: «Il principio della continuità didattica ha una valenza ben diversa per gli alunni di una intera classe o per il singolo alunno con disabilità. Infatti, mentre per un’intera classe la perdita della continuità si verifica nel caso piuttosto raro del ricambio totale di tutti gli insegnanti da un anno all’altro, per un alunno disabile la non conferma del docente di sostegno rappresenta, di questa continuità, la perdita totale». Un problema vitale. Ignorato.
Un torto fatto a 170 mila studenti, uno spreco enorme («L’elevata civiltà dei principi legislativi non trova adeguata attuazione», ha scritto la Corte dei Conti) rispetto alla «macchina». Basti dire che, spiega l’autore del dossier Sergio Govi calcolando costi per 6 miliardi e 250 milioni di euro l’anno (44 miliardi spesi per i soli stipendi nell’ultimo decennio), «i posti di sostegno sono passati dai 59 mila del 1997-98 ai 173 mila del 2019-20» (fino ai 185 mila oggi previsti: il triplo dell’ondata iniziale) senza fissare appunto la centralità di quanti dovrebbero avere la precedenza: i disabili.
Certo è che, anche nella ripartizione di queste figure così importanti per garantire un aiuto ai più fragili, qualcosa non va: «Impressionante l’incremento nella scuola secondaria superiore. Nel 1997/98 alle superiori c’era un alunno disabile ogni 180 (praticamente uno ogni 7-8 classi). Nel 2019-20 ce ne è stato uno ogni 35 alunni. Non distribuiti omogeneamente: al liceo scientifico è iscritto un alunno disabile ogni 126 studenti (uno ogni 111 al Classico), mentre negli istituti professionali uno ogni 14». Per non dire dell’Abruzzo: uno ogni 9 (nove!) studenti!
Siamo proprio sicuri che la scelta sacrosanta dello Stato di togliere di mezzo certe scelte offensive del passato (come le «classi differenziali» abolite nel ‘77) per garantire a ciascun cittadino, dall’infanzia alla maturità, un’assistenza scolastica il più possibile attenta, mirata, personalizzata, non sia stato scambiato da alcuni per qualcosa di diverso? E cioè una distribuzione di posti senza curarsi fino in fondo del destinatario, cioè il disabile? Dubbi fastidiosi. Che un giorno o l’altro però, davanti alle deroghe concesse per tappare i buchi negli organici anche a chi spesso non ha né la preparazione, né la dedizione, né l’amore necessari per «capire» questo e quell’allievo, dovranno pure esser presi di petto.