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I ragazzi dell'Onda ripartono da Torino

Alla vigilia dell'approvazione della riforma, esplode la rabbia di studenti e ricercatori. In Piemonte e a Roma i precari si arrampicano in cima agli atenei. Decine di facoltà occupate da nord a sud del paese. Contro un progetto che destruttura la formazione e toglie ossigeno al sapere critico. «Il salto avanti è scoccato - annunciano i ricercatori - noi non ci fermeremo» La protesta dei precari: riportiamo in alto l'università E gli studenti occupano il mitico palazzo Campana

24/11/2010
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il manifesto

Mauro Ravarino TORINO
È un'ovazione quando, nel mezzo dell'assemblea di ateneo, viene annunciata la decisione di salire sul tetto di Palazzo Nuovo. In alto, oltre il sesto piano. Dormiranno lì tutta la notte e forse anche domani. Contro quel ddl Gelmini, alla stretta finale in Parlamento, che manderebbe in frantumi l'istruzione pubblica e li renderebbe precari a vita. I ricercatori sono saliti sul tetto con un gruppo di studenti, con gli stessi ragazzi che hanno occupato nei giorni scorsi il mitico Palazzo Campana e con cui lottano fianco a fianco da mesi (insieme a borsisti, precari e anche professori). «Perché - ribadiscono - la nostra non è una protesta corporativa». Le manifestazioni le concordano insieme, nei contenuti e nelle pratiche.
E, in cima, è tutta un'altra storia. Se ne sono accorti subito, appena i gradini si sono fatti stretti e sopra le loro teste non c'era un altro piano da scalare, ma il profilo della Mole e i camini di Torino tutt'intorno. Da qui, dal tetto, riparte la difesa del sapere pubblico e lo striscione che hanno srotolato lo spiega: «Riportiamo in alto l'università». Ma non c'entra solo il simbolico. «Comunque vada, noi non siamo i vinti» dice un ricercatore, che da ieri, come tanti, ha superato la paura delle vertigini.
Claudio Dati, biologo, dal 1990 lavora in università, ha portato uno zaino pieno di coperte: «A 52 anni non mi batto per le ambizioni di carriera, ma perché non si torni indietro, ai tempi in cui solo i ricchi potevano andare all'università. Sono figlio di operai e lo so bene». Sul tetto c'è anche Alessandra Algostino, docente associato di diritto comparato, che qui era salita nel periodo della Pantera: «La legge Gelmini deve essere ritirata, non è emendabile». Per Giorgio Faraggiana, ricercatore del Politecnico, «oltre alle sedi universitarie, bisogna occupare la città, andare davanti ai luoghi di lavoro, fare lezioni in strada». Magari a Mirafiori, cassa permettendo. E in cima arrivano anche Giorgio Airaudo e Federico Bellono della Fiom, testimoniando lo stretto legame tra i metalmeccanici e il mondo dei saperi.
Intanto, gli studenti occupano i piani bassi di Palazzo Nuovo. Dopo la partecipata assemblea nell'atrio, dove «si è deciso di passare all'azione», è partito un corteo verso Porta Nuova, dietro lo striscione «Siamo tutti indisponibili». Un fiume di ragazzi è sceso tra i binari per bloccare i convogli (quattro quelli cancellati): «Se i treni si fermano non è una perdita di tempo e ci dispiace per i pendolari ma la nostra protesta non riguarda solo il futuro di noi studenti», hanno scandito dai megafoni. Il corteo è poi proseguito per corso Vittorio Emanuele e corso Cairoli, prima tornare a Palazzo Nuovo.
Qui, questa mattina, gli universitari tenteranno il blocco della didattica, come la scorsa settimana a Palazzo Campana. La sfida sarà più difficile viste le proporzioni tra i due edifici. Ma sono in tanti e anche ottimisti. I cinque giorni passati nello storico palazzo del '68, tra assemblee, cineforum, cene collettive e seminari alternativi, sono stati più che una palestra. Sono pronti. «Sappiamo di essere dalla parte della ragione, ora si tratta di provare a vincere», esclama Andrea Aimar, rappresentante nel cda Edisu per gli Studenti indipendenti, che invita a rispedire al mittente provocazioni e accuse: «A chi ci dirà di causare disagi fermando la didattica, basterà fargli una domanda: recano più danni due giorni senza lezioni o la riforma Gelmini?». La lotta è anche per il diritto allo studio, minacciato dai tagli regionali: «Davanti al Salone del Gusto - sottolinea Simone Baglivo - il governatore Cota ci aveva assicurato la copertura del 100% delle borse di studio. Scopriamo che non è così. Ne finanzierà solo per 18 milioni, quando noi chiedevamo di tornare almeno ai 25 del 2009. Non sono sufficienti, con questo livello di finanziamenti l'Edisu sarà costretta a non erogare circa il 30% delle borse (3000) e perdere 400 posti letto».
Dal tetto all'atrio di di Palazzo Nuovo, tra i piani della sede delle facoltà umanistiche, continua l'occupazione. Studenti, ricercatori e precari.
Nessuna paura del freddo. «Siamo in tanti e ci scalderemo. Il salto in avanti è scoccato, non ci fermeranno». ATENEI dove ieri è esplosa la rabbia dei ricercatori universitari contro il ddl Gelmini che oggi dovrebbe essere approvato alla Camera.
 


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