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I ragazzi dell’ITS di Roma e Pomezia: «Noi in prima linea nelle aziende farmaceutiche»

Gli ITS, rilanciati da Draghi nel suo discorso alle Camere, sono percorsi post diploma tagliati sul mercato del lavoro ancora poco conosciuti. Giorgio Maracchioni, presidente della Fondazione ITS per le Nuove tecnologie della vita di Roma e Pomezia: «I nostri ragazzi hanno tassi di occupazione dell’80 per cento eppure abbiamo pochi candidati»

16/03/2021
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Corriere della sera

Francesco Sellari

Finiti fugacemente sotto i riflettori per la citazione riservatagli dal presidente del Consiglio, Mario Draghi, nel suo discorso alle Camere, gli ITS rimangono degli oggetti abbastanza sconosciuti. Per i più, l’acronimo rimanda ai quasi omonimi Istituti Tecnici, scuole superiori alternative ai licei con un percorso più incentrato su materie economiche o tecnologiche. In realtà, gli Istituti Tecnici Superiori propongono corsi biennali post diploma finalizzati a formare tecnici specializzati. I docenti sono professionisti e circa il 30% delle ore di formazione si svolge in azienda. Sono indirizzati a neodiplomati che cercano una solida preparazione tecnica e un veloce inserimento lavorativo, ma attirano anche laureati e studenti universitari che vogliono affiancare la pratica alla teoria. Tra coloro che completano il percorso, i tassi di occupazione sono molto elevati. Ma non sono tantissimi, poco più di cento in tutta Italia, concentrati nelle aree più industrializzate del Paese, Lombardia e Emilia Romagna in testa, e per accedere è necessario superare una prova di selezione. Nel 2020, gli iscritti erano 18.000. Sei le aree tematiche: efficienza energetica; mobilità sostenibile; nuove tecnologie della vita; nuove tecnologie per il Made in Italy; tecnologie innovative per i beni e le attività culturali e il turismo; tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

Tassi di occupazione da record, ma pochi iscritti: come mai?

«Lavoriamo nel settore chimico-farmaceutico, cosmetico e di produzione di dispositivi medici – ci spiega Giorgio Maracchioni, presidente Fondazione ITS per le Nuove tecnologie della vita con sedi a Roma e Pomezia –. Stiamo realizzando dei progetti con Farmindustria, con le principali aziende del territorio che saranno sede di stage. Le figure che formiamo trovano occupazione soprattutto all’interno dei laboratori di controllo qualità, reparti di produzione, reparti sterili. Il tasso di occupazione dei ragazzi che arrivano a conclusione del percorso è superiore all’80%». Gli studenti sono una ventina. Le domande di iscrizione erano poco più del doppio. La selezione cerca di essere molto accurata per ridurre al minimo possibili abbandoni. Il numero di richieste non giustificherebbe al momento l’attivazione di altre classi e in ogni caso le risorse sono, per il momento, limitate. La situazione dovrebbe migliorare con lo stanziamento previsto nel Recovery Plan, 1,5 miliardi per decuplicare gli iscritti in 5 anni. Ma non è solo un problema di investimenti. «I nostri numeri sono molto distanti da quelli di altri paesi come Canada, Francia e Germania – prosegue Maracchioni – Sicuramente è un problema di risorse e di infrastrutture. Ma è un problema anche di conoscenza. Le famiglie devono conoscere di più il sistema degli ITS. Bisogna potenziare le attività di orientamento per avere più persone che scelgono consapevolezza. Questi non sono corsi di serie B».

Storia di Iacopo, Analiz e Letizia

Gli studenti con cui parliamo ci sembrano motivati e soddisfatti. «Questo corso mi sta permettendo di adeguarmi al settore, ripartendo da dove avevo lasciato», ci dice Iacopo, che a trent’anni si è iscritto dopo gli studi universitari in biotecnologie. Positivo il primo colloquio per lo stage presso un’azienda farmaceutica del polo di Pomezia. Ora bisognerà affrontare il colloquio tecnico: «Gli ITS sono una novità adeguata ai tempi». Analiz, invece, all’università ha studiato ostetricia, «ma dopo la laurea ancora non avevo le idee ben chiare», spiega. La curiosità per il settore farmaceutico e la volontà «di mettere subito le mani in pasta» l’hanno portata qui. «Volevo capire cosa mi aspetta in azienda – aggiunge –. Ed è quello che faccio qui, con i professori che vengono dalle aziende, ci raccontano la vita dall’interno e ci illustrano cosa andremo a fare. Sono molto soddisfatta e sicuramente lo consiglierei». Letizia viene dalla Basilicata. «Non ho avuto molta fortuna con i percorsi universitari – spiega – e non mi hanno convinta a proseguire. Ho trovato per caso questo ITS. Mi ha convinto questa proposta didattica improntata soprattutto sulla pratica». Vorrebbe lavorare nei laboratori microbiologici e nel frattempo si è distinta per un’intuizione che ha dato il via a un progetto che ora sta sviluppando con i suoi compagni di corso. Si chiama progetto IGEA. Partito dall’idea di produrre un ciondolo con gel igienizzante è diventato ora un sistema integrato di procedure di igiene e sicurezza per il settore alberghiero. Il progetto è stato selezionato dal MIUR come buona pratica post Covid 19.


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