I precari dimenticati "Noi, supplenti Covid pagati dopo 4 mesi"
Sono 70 mila. Arrivati solo ieri i primi stipendi, ma non per tutti Una prof siciliana: "Disperata, ho lasciato la cattedra a Torino"
Ottavia Giustetti e Ilaria Venturi
«Lavori con passione, è ingiusto essere retribuiti con ritardi di mesi: non è sostenibile». Sbotta una maestra della provincia di Massa Carrara raccogliendo l’esasperazione dei supplenti assunti a tempo con contratti Covid. Dovevano essere quelli che avrebbero aiutato ad aprire le scuole in emergenza virus: fondi per un miliardo e un esercito di 70 mila bidelli e insegnanti che, in effetti, ha risposto alla chiamata. Peccato che siano rimasti senza stipendio per mesi. Solo tra novembre e Natale la situazione si è sbloccata. Ma non per tutti. In alcune scuole le segreterie hanno continuato a ricevere il messaggio: «Il capitolo di spesa risulta al momento incapiente». E sono circa 15 mila coloro che hanno avuto gli stipendi arretrati solo ieri. O li riceveranno il 25 gennaio.
Ritardi «gravissimi», tuona Anna Maria Santoro, della Flc-Cgil. Ritardi che segnano la vita soprattutto di chi si è trasferito al Nord. Stringere i denti è dura, tanto che c’è chi ha gettato la spugna. Donatella Crociata, collaboratrice scolastica di San Cipirello, in provincia di Palermo, alla fine è tornata al suo paese. A settembre era stata chiamata nella scuola d’infanzia di Valchiusa, nel Canavese, in provincia di Torino. Era partita con il suo bimbo di tre anni mentre il più grande di 16 era rimasto a casa con i genitori. Il marito, intanto, lavora in Toscana, e fa avanti e indietro il più possibile. «Per un po’ abbiamo anticipato le spese per mantenerci — racconta — Ma dopo tre mesi senza vedere un centesimo siamo stati costretti a rinunciare».
Anche Elena Riccio, 29 anni, ha preso la nave da Palermo: supplenza in una media a Bologna dal 13 ottobre al 3 novembre, poi rinnovata. Ma ad oggi le è stato pagato solo ottobre. «Mi devono mantenere i miei e per la casa ho chiesto ospitalità, altrimenti come pago un affitto? — racconta — capisco che i problemi con la pandemia sono altri, ma questa condizione difficile del Paese ha effetti sulla vita concreta delle persone. Non riesci nemmeno a dialogare con le istituzioni, è un intero sistema che non funziona. Sembra quasi diventato normale insegnare per mesi senza stipendio: posso accettare lo spirito di sacrificio, ma non lo sfruttamento ».
Storie che si diffondono via social, raccolte dai sindacati. «Fanno funzionare le scuole, ma senza retribuzione pagata regolarmente: così non va», osserva Giuseppe D’Aprile della Uil Scuola. Franca De Cesari, bidella in una primaria in provincia di Pisa, ha fatto i salti di gioia quando è stata assunta il 9 ottobre e sino al 22 marzo. «Ma non ho ancora ricevuto nulla e spendo 200 euro al mese di benzina per coprire gli 88 chilometri che mi separano dalla scuola. Sto perdendo la motivazione».
L’emergenza ha messo in moto la solidarietà. A Valenza il preside Maurizio Primo Carandini ha proposto un "prestito d’onore" di 300 euro per chi non riceveva lo stipendio da tre mesi. «Nulla di straordinario o polemico — si schernisce — solo un’azione per aiutare chi ha bisogno». Quelli che vanno a scuola ogni mattina, ma dimenticati in busta paga. Irene, 46 anni, ha un contratto Covid dal 10 di ottobre alla primaria di Licciana Anardi, ad Aulla (Massa Carrara). Anche lei pagata solo per ottobre: «Questa attesa è un problema. Abbiamo le bollette anche noi da pagare e a Natale ai miei bambini ho dovuto dire che non si poteva regalare nulla. Poi da nno il bonus monopattini... pagare noi insegnanti è una questione di priorità. E di dignità».