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I permessi? Sono un diritto insindacabile dei lavoratori

Stop alle pretese dei dirigenti: non hanno nessun potere discrezionale di valutazione delle richieste

12/04/2011
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ItaliaOggi

di Antimo Di Geronimo  
 

I permessi per motivi personali e familiari sono diritti. Il dirigente scolastico, dunque, non può negarli, perché la relativa fruizione è sottratta alla sua discrezionalità. Lo ha spiegato l'agenzia per la rappresentanza delle pubbliche amministrazioni guidata da Antonio Naddeo, con una nota in risposta ad un quesito, emessa il 2 febbraio scorso (prot.

Aran 0002698/2011 del 2/2/2011 e prot. uscita n.0003989/2011 del 16/02/2011). Il provvedimento, di cui si è avuta notizia solo in questi giorni, fa luce sulla questione ed è particolarmente prezioso per gli addetti ai lavori perché proviene dall'Aran. E cioè dall'agenzia che rappresenta il governo in sede di contrattazione collettiva e che sottoscrive i contratti in suo nome. È pur vero che il ministero dell'istruzione ha conferito agli uffici scolastici regionali il potere di fornire chiarimenti sullo stato giuridico del personale. Ma è altrettanto vero che l'ufficio scolastico non può discostarsi dal parere del governo che, tramite, l'Aran, si è espresso in questi termini: «La previsione contrattuale generica ed ampia di motivi personali o familiari e la possibilità che la richiesta di fruizione del permesso possa essere supportata anche da autocertificazione, a parere dell'agenzia, esclude un potere discrezionale del dirigente scolastico, il quale nell'ambito della propria funzione_è preposto al corretto ed efficace funzionamento dell'istituzione scolastica nonché alla gestione organizzativa della stessa».

E se non c'è discrezionalità, non esiste nemmeno la possibilità di rigettare la domanda di permesso. Che non è una semplice istanza rivolta alla pubblica amministrazione, ma una mera manifestazione di volontà di fruire di un diritto. Diritto espressamente previsto dal contratto che, peraltro, ha avuto una gestazione lunga e travagliata, durata ben 11 anni e che, a quanto pare, stenta a trovare esecuzione. D'altra parte, è solo con il contratto del 2006 che i permessi per motivi personali e familiari vengono qualificati espressamente come diritti: «Il dipendente, inoltre, ha diritto, a domanda, nell'anno scolastico», recita l'articolo 15, «a tre giorni di permesso retribuito per motivi personali o familiari».

Una formula alla quale si arriva con lente e graduali trasformazioni che partono dal contratto del 1995, che all'art. 21 così disponeva: «A domanda del dipendente sono, inoltre, concessi nell'anno scolastico tre giorni di permesso retribuito per particolari motivi personali o familiari debitamente documentati anche al rientro».

Nella successiva tornata negoziale, la clausola in parola veniva modificata, cancellando l'aggettivo «particolari» e l'avverbio «debitamente» nel modo seguente: «A domanda del dipendente sono, inoltre, concessi nell'anno scolastico tre giorni di permesso retribuito per motivi personali o familiari documentati, anche al rientro, od autocertificati in base alle leggi vigenti. (art.49)».

Con il contratto del 2002 la medesima clausola contrattuale viene inserita nell'art. 15 e subisce un'ulteriore modificazione, tramite la sostituzione della locuzione «sono concessi» con la diversa dicitura «sono attribuiti», così come segue: «A domanda del dipendente, inoltre, sono attribuiti nell'anno scolastico tre giorni di permesso retribuito per motivi personali o familiari documentati anche mediante autocertificazione». Infine, nel 2006, le parti sgombrano il campo dagli equivoci e pattuiscono che i permessi sono diritti e ciò, secondo l'Aran, «esclude un potere discrezionale del dirigente scolastico».

 


 


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