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I dottori poco sapienti di Maria Stella Gelmini: «Taglierò le specializzazioni»
Il ministro non esclude di abolire il valore legale del titolo di studio. Si parte dai corsi di laurea in Medicina e Giurisprudenza
12/07/2011
il manifesto
Roberto Ciccarelli
Come ogni lunedì che Dio manda in terra, anche ieri il Ministro dell'Università Mariastella Gelmini ha intrattenuto sulle colonne de Il Giornale, preferito stavolta a quelle de Il Sole 24 ore, una conversazione dove ha annunciato un provvedimento che, se confermato, rivoluzionerà la vita degli attuali 19.909 laureati in medicina e di 11.308 laureati in giurisprudenza (Dati Almalaurea 2010) e di tutti quelli che li seguiranno. Gelmini sostiene di avere aperto un tavolo con il Ministro della Salute, Ferruccio Fazio, per «valutare un'abbreviazione degli anni di studio per la facoltà di Medicina». A suo avviso, il tempo necessario per formare un medico, comprensivo del ciclo di laurea di 6 anni, più cinque di specializzazione e altri tre di dottorato, «è troppo». Stessa valutazione per gli studenti di Giurisprudenza, per i quali si sta «valutando la possibilità di anticipare il tirocinio all'ultimo anno prima della laurea in modo che dopo il diploma occorra soltanto un anno di pratica». La proposta è stata bocciata dal presidente del Consiglio Universitaria Nazionale (Cun) Andrea Lenzi per il quale «non ha fondamento: perché abbiamo vincoli imposti dall'Europa: in tutti i paesi il corso di medicina dura 6 anni. E poi perchè sarebbe davvero curioso che da un lato portiamo Odontoiatria da 5 a 6 anni e dall'altro tagliamo un anno a Medicina. Forse il ministro intende trasformare i 60 crediti professionalizzanti già esistenti spalmati sui 6 anni di corso in un anno di pratica in coda. In questo caso si potrebbero utilizzare i giovani medici sul territorio, ma sarebbe un'ipotesi tutta da verificare». Non ha dubbi invece il rettore della Sapienza Luigi Frati che nel pomeriggio di ieri ha annunciato, con la solita destrezza, che l'ateneo più popoloso d'Europa ridurrà gli anni della scuola di specializzazione per i medici e ciò permetterà l'aumento di mille posti in più all'anno, da 5 a 6 mila. Parere favorevole ha espresso il presidente degli ordini dei medici chirurghi e odontoiatri Amedeo Bianco secondo il quale il corso di laurea in medicina resta «incomprimibile». Nella serata di ieri sono spuntate varie interpretazioni sul senso della sortita gelminesca. La prima sostiene che fa parte del progetto ultra-liberista di abolizione del valore legale del titolo di studio. «Sostituire cioè parte fondamentale della formazione secondaria superiore e quella universitaria - è il parere di Claudio Franchi del coordinamento precari Flc-Cgil - con forme di praticantato, lavoro nascosto e sottopagato». Questa ipotesi si sposa con la riforma delle professioni in discussione in Parlamento che prevede, come denunciato ieri in una lettera dei Consigli Nazionali delle professioni tecniche e delle Casse di previdenza (architetti, geometri, geologi, chimici e altri), l'abolizione dei minimi tariffari. Ciò comporterà un ribasso dell'80 per cento sulle parcelle e l'aumento del precariato tra i «giovani» professionisti (quindi anche di medici e avvocati). Per Tito Russo, studente della Rete della Conoscenza, questo progetto è coerente anche con un'altra riforma, quella dell'apprendistato. «L'istruzione avrà come unico scopo la formazione professionale. In questa direzione va il riordino degli istituti tecnici e professionali, e la possibilità concessa ai diplomandi di assolvere l'ultimo anno di scuola in azienda sotto forma di tirocinio formativo. Così facendo si riducono i tempi di presenza all'università e nella scuola perchè serve manodopera a basso costo da precarizzare quanto più è possibile». Un orientamento confermato dal progetto di far certificare la laurea e il dottorato dalle regioni, e non più dal ministero dell'Istruzione. Quando sarà approvata questa riforma, forse entro agosto, il diritto allo studio resterà in vita nella Costituzione, non nella realtà.