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"HumanTechnopole sì al nuovo progetto ma ascoltate la scienza”

La biologa e senatrice a vita Elena Cattaneo: “Il decreto sul polo nell’area Expo è un cambio di rotta, le critiche non erano immotivate”

23/09/2016
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la Repubblica

IL NUOVO decreto ministeriale relativo al progetto Human Technopole (HT) di Milano segna l’atteso cambio di rotta. Il governo e il ministro Martina hanno ascoltato, analizzato e infine compreso che le critiche non erano immotivate. La principale novità è che la gestione del futuro polo tecnologico — a valle di un approfondimento parlamentare — spetterà a un ente terzo, autonomo e trasparente, da istituire con la prossima legge di stabilità.Un ente che dovrà ampliare e rendere libera da qualsivoglia interesse la visione progettuale del polo IDENTIFICANDO, sopra o sotto l’equatore e con bandi internazionali, quei soggetti, studiosi ed enti che ne faranno parte. Il nuovo ente dovrà avere un alto tasso di rinnovamento della sua governance (a partire dalla direzione), gestire in modo cristallino movimenti finanziari, infrastrutture e piattaforme scientifiche. Se avrà il privilegio di ingenti fondi pubblici annuali garantiti, dovranno essere erogati in funzione della spesa effettiva, scongiurando ogni possibilità di insensato accantonamento. All’interno del polo si dovrà rendere competitiva la distribuzione dei fondi, in modo da limitare qualsivoglia baronia o arbitrio decisionale e gestionale, e annullare il rischio di creare sudditanze interne ed esterne che tali fondi potrebbero favorire. Bisognerà, inoltre, scongiurare che l’ente possa trasformarsi in un’agenzia che “ri-eroga” fondi pubblici a terzi al fine di ottenere il “marchio” HT su idee e scoperte di altri che ricercano, con fatica, senza fondi garantiti. Con la nuova rotta, il “vecchio e monocratico HT”, nato già approvato e calato dal governo su un sistema della ricerca pubblica fragile e privo di risorse, che tanti danni ha già fatto nel “corrompere” metodo e regole internazionali con ipotesi di assegnazioni discrezionali, improvvisazione politica, “phone calls”, inclusioni arbitrarie, verrebbe definitivamente archiviato. Lo stesso si può dire del tentativo di imbastire una posticcia “patente di competitività” attraverso una sola valutazione senza alcuna comparazione, ad esclusivo beneficio dell’opinione pubblica. Chi fa scienza sa bene che non c’è nessuna innovazione nel declamare come obiettivi la genomica o le neuroscienze, perché di enti che se ne occupano (con efficacia) è pieno il mondo (in Italia ve ne sono di eccellenti). La differenza la faranno coloro che, una volta coinvolti, oltre alla serietà, al realismo e all’etica professionale, su questi obiettivi sapranno disegnare nuove strade, formare giovani e competenze. Per identificare il migliore “disegno scientifico” per il nuovo HT bisogna aprirsi al mondo. Ecco perché serve competizione per ciascun mattone dell’edificio. A partire dalle fondamenta. Non a caso anche Arexpo, società a controllo pubblico proprietaria dell’intera area, per individuare l’advisor per la pianificazione urbanistica farà una gara internazionale. La circostanza che non desti scandalo l’idea che per realizzare un buon “progetto scientifico” non siano state previste da subito modalità competitive e anticorruzione ritenute indispensabili per un buon “progetto urbanistico” è indicativa dello scollamento tra scienza e politica.

Tornando all’oggi non si può tacere sul permanere di alcuni aspetti critici che, secondo le anticipazioni di stampa, riguardano il nuovo decreto su HT: 1. Prima di vedere all’opera la governance dell’ente terzo, si prevedono fino a 24 mesi di gestione da parte dell’ente inizialmente predestinato, l’Istituto italiano di tecnologia. Non è chiaro perché, in ragione di una urgenza di Arexpo e non di HT, questa fase dei lavori debba privilegiare e assegnare in gestione così tante risorse pubbliche e ancora senza un bando, a un ente tra l’altro non specializzato negli ambiti caratterizzanti HT.
2. È assodato che non vi saranno ricerche sperimentali attive in quell’area per alcuni anni (fatta eccezione per qualche computer), per ammissione degli attori fin qui arbitrariamente coinvolti. È verosimile quindi che questi beneficeranno dei finanziamenti — di nuovo senza bando — pensati per HT ma di fatto “stornati” su attività che svolgeranno nelle loro sedi.
3. Non è chiaro che fine faranno con la nuova governance dell’ente terzo le decisioni prese e il personale eventualmente reclutato nel corso dei 24 (ma speriamo siano molti meno) mesi. Perché non prevedere con la prossima legge di stabilità le condizioni affinché sia il nuovo ente terzo ad aprire i bandi internazionali per il reclutamento della dirigenza, legandoli alla disponibilità dei finanziamenti e delle prime strutture? É inoltre incomprensibile nominare e pagare dirigenti di ricerca che a Rho non si farà per anni.
4. Né è chiaro come questo disegno “milanese” interagirà con la ricerca nazionale e quali sono i piani del governo per: i laboratori di valore già esistenti nelle Università italiane ad esempio Bari, Modena e Reggio Emilia, Napoli, Padova, Pisa e Sassari (leader mondiale nella genomica); il Cnr che è l’ente di ricerca con la maggiore capacità di attrarre fondi esterni e competitivi, quasi raddoppiando le entrate rispetto allo stanziamento ordinario; gli altri autorevoli enti di ricerca e per i tanti bravissimi giovani studiosi che mi scrivono, pieni di frustrazione all’idea che a fronte di un ente che non c’è e di competenze tutte da fare si buttano a mare quelle che esistono sparse in tutto il Paese. La ricerca italiana, oggi, sono loro.
5. Si dirà che, in questa fase di transizione, l’ente scelto in prima battuta dal governo come beneficiario (IIT) non è più “solo al comando”. Ad affiancarlo ci sarà il Comitato di coordinamento (ex “di garanzia”) che, mi è stato autorevolmente spiegato, sarà un «comitato esterno alla governance del soggetto chiamato in causa per i primi 24 mesi (IIT)». Lascio al lettore giudicare come tale comitato possa essere considerato “esterno” e includere — in misura doppia (!) rispetto a tutte altre istituzioni scientifiche coinvolte — il direttore e il presidente dell’ente gestore (IIT); ente su cui lo stesso comitato dovrà svolgere funzioni di «verifica della effettiva coerenza tra il progetto e le attività svolte con particolare riguardo alla efficienza, trasparenza ed efficacia della gestione». Ecco una singolare ipotesi di controllato che è anche controllore. Non è cambiando il nome del comitato da “garanzia” a “coordinamento” che si rimuovono i conflitti di interesse.
Concludendo, è apprezzabile lo sforzo del Governo. È una buona intuizione. Altrettanto buona quanto cattiva è la convinzione che la politica possa decidere discrezionalmente e in modo pasticciato come investire nella scienza, disconoscendone il metodo. Guardare ovunque all’estero avrebbe insegnato subito come si fa. Garantire l’uso corretto, produttivo, competitivo e verificabile delle risorse pubbliche destinate alla ricerca è compito di Governo e Parlamento. Un principio che non dovrebbe certo esser ricordato agli scienziati. Perché si fa così dove si fa bene ed è l’unico modo per lasciare ai nostri giovani un Paese migliore. In Italia abbiamo avuto e subìto enti costruiti in modi opachi per soddisfare estemporanee “esigenze” governative, poi diventati costi netti per lo Stato. Replicare questa modalità sarebbe folle.
(L’autrice è docente alla Statale di Milano e senatrice a vita)

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