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“Ho scelto di lasciare Palermo per Torino ma mi sento deportata”
È un traguardo che ho inseguito per anni ma non faccio festa
15/08/2015
la Repubblica
ALESSANDRA ZINITI
PALERMO. «L’amarezza più grande è quella di non essere riuscita a festeggiare quel traguardo inseguito per tanti anni».
Maria Sparacino, 52 anni, sposata con due figli, insegnante di francese alle medie, sta preparando la valigia. Per lei la destinazione che equivale ad una cattedra a tempo indeterminato, è Torino. A Palermo lascia il marito e due figli di 10 e 14 anni.
Anche lei si sente deportata?
«Assolutamente sì. Deportata, costretta a lavorare praticamente gratis se si considera che lo stipendio se ne andrà via tutto per l’affitto di una stanza, le bollette, i viaggi per vedere ogni tanto i miei figli. E non sono certo una che non capisce che il lavoro può portarti anche altrove. Mio marito, rientrato a Palermo da poco, ha sempre lavorato fuori e io ho cresciuto da sola i miei figli, ma almeno la casa ero io. Adesso non so come potranno arrangiarsi».
Eppure lei ha deciso subito di accettare il trasferimento. Perché?
«Non certo per la pensione. Ho preso l’abilitazione nel concorso del 2000 e ho cominciato ad insegnare a 40 anni. So che la pensione non la prenderò mai, ma io amo questo lavoro, lo faccio con passione, e allora, con tutto il sacrificio che costerà a tutti noi, non me la sento di rinunciare a priori. Ci proverò, ma non è detto che arriverò fino in fondo. Se dovessi constatare che i miei figli pagano un prezzo troppo alto, tornerò giù. Potevano almeno darci la possibilità di scegliere prima, invece di costringerci al ricatto: o il lavoro o la famiglia».
Lei cosa avrebbe scelto: rimanere precaria in Sicilia?
«Meglio continuare a sperare in un incarico annuale o in supplenze che sfasciare una famiglia a 50 anni. Quando io ho presentato la domanda per il Piemonte sapevo che avrei potuto chiedere l’assegnazione provvisoria a Palermo. Invece ora, se dovessi rifiutare il ruolo, perderei tutto e se mai un giorno dovessi ottenere il trasferimento il mio contratto passerebbe da tempo indeterminato a triennale sottoposto alle decisioni di un preside che dovrebbe decidere della mia vita».