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Gravi danni al sistema di istruzione per il forte ridimensionamento della spesa pubblica

17/12/2010
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ScuolaOggi

Non era mai capitato nella storia della nostra Repubblica che il bilancio dell’istruzione subisse un taglio così consistente in un solo anno. Per il 2011 la competenza dello stato di previsione inizialmente presentato alle Camere era scesa a 52.492,8 milioni di euro con una riduzione di 2.826,2 milioni rispetto alla competenza del bilancio assestato 2010. Di questa riduzione, 2.106,1 milioni riguardavano la Missione dell’Istruzione. La percentuale sulla spesa dello Stato passava dal 10,3 del 2010 al 9,9 del 2011.
IL rapporto OCSE: EDUCATION AT A GLANCE 2010 ha documentato che già nel 2007 l’Italia era, col 9,0%, all’ultimo posto dei 33 paesi dell’OCSE, nella percentuale della spesa pubblica totale per l’istruzione sul totale della spesa pubblica. La Situazione del totale della spesa pubblica destinata all’istruzione oggi dopo la cura Gelmini Tremonti e dopo i tagli apportati alla spesa delle Regioni e degli Enti Locali non è sicuramente migliorata e per saperlo non dovremo attendere il rapporto OCSE del 2013.
Tale quadro risulta confermato anche dopo le modifiche apportate alla legge di stabilità alla Camera a favore dell’Università. In fatti la spesa per l’Università recupera il livello di stanziamenti del 2010, ma non quello del 2009, passando dagli iniziali 7.103,4 milioni agli 8.003,4 milioni. Per l’Università si verifica il recupero per il 2011 di 800 milioni per il Fondo ordinario e di 100 milioni per il Diritto allo studio.
La spesa per l’istruzione nel bilancio 2011 resta invece ancora fortemente penalizzata.
Infatti alle riduzioni apportate alla spesa per il personale si sono incredibilmente aggiunte, grazie a tagli lineari cari a Tremonti, anche quelle alla spesa per le politiche educative, e per il diritto allo studio, tradizionalmente la cenerentola del Bilancio per l’Istruzione. Ecco un elenco dei tagli più significativi, tutti riguardanti quella preziosissima quota del Bilancio, tanto invocata dal ministro Gelmini, che non riguarda gli stipendi per il personale ma la qualità delle politiche educative:

• Nel programma per il diritto allo studio a gestione ministeriale solo 2,6 milioni di euro( rispetto ai 3,8 del 2010) sono assegnati alla prosecuzione degli studi di studenti meritevoli (cap. 1512)
• Il Programma Ricerca per la didattica è dotato di 5 milioni di euro, a fronte di 7,5 milioni nel dato assestato per il 2010.(comprende tra l’altro le spese per la realizzazione delle attività affidate all’Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema di istruzione e formazione ed all’Agenzia Nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica)
• Il Fondo per l’offerta formativa ed interventi perequativi (cap. 1270, legge 440/1997,) scende a : 89,6 milioni di euro registrando un decremento di 40,6 milioni di euro rispetto al bilancio assestato 2010).
• Il Fondo per interventi vari a favore dell’istruzione disposti dalla legge finanziaria 2007 (cap. 1287).. scende a 61,4 milioni di euro (con riduzione di 35,9 milioni di euro rispetto al bilancio assestato 2010)

Ma si tagliano anche i trasferimenti assegnati alle Regioni, in altri stati di previsione, per il diritto allo studio, perseguendo l’intento molto evidente di ridurre l’entità delle future fiscalizzazioni. In questo modo, con un federalismo con pochi spiccioli da fiscalizzare, prevalentemente affidato alle risorse proprie degli Enti locali, si potrà realizzare il più gigantesco e micidiale assalto al welfare, specialmente nel Sud, che la storia del nostro Paese abbia finora potuto registrare. Accade infatti che:

• nello stato di previsione del Ministero dell’Economia e delle finanze per le borse di studio per la frequenza di scuola dell’obbligo siano disponibili solo 33,1 milioni di euro (cap. 3044) con una riduzione di 84,2 milioni di euro rispetto alla legge di assestamento 2010. tale spesa all’origine di 155 milioni nel 2008 era di 119,7milioni;
• nello stato di previsione del Ministero dell’Interno venga cancellato totalmente lo stanziamento, per la fornitura gratuita dei libri di testo nella scuola dell’obbligo ed il comodato nella scuola superiore, che nel 2010 era stato di 103 milioni di euro. Le modifiche apportate alla Camera alla legge di stabilità (Elenco di cui all’art.1, comma 40) non garantiscono, anzi escludono, la possibilità di un ripristino totale di tale voce di spesa.

Nello stesso elenco si prevede l’incremento di 245 milioni per le scuole paritarie che raggiungono cosi i 526 milioni a fronte dei 540 del 2010.
Ma la Gelmini autentica “velina della riforma” definisce epocale questo tipo di politica. In realtà di “epocale”, oltre ai gravissimi danneggiamenti provocati al nostro sistema di istruzione che chiaramente favoriscono la sua privatizzazione, c’è solo quel singolare “principio pedagogico” che la caratterizza, (privo di precedenti almeno nell’area OCSE) che si può sintetizzare con: “meno scuola per tutti”. Infatti nessun obiettivo qualitativo è stato posto alla base della riforma. Essa si fonda soltanto su un obiettivo di risparmio della spesa. Il rapporto tra il numero degli studenti e quello degli insegnanti deve passare da quel 8,94 (7.768.506 su 868.542) dell’anno scolastico 2008-09 al 9,94 del 2011-12. Tutto il resto non interessa.
Di epocale, nel senso che non si era mai verificato in Italia e forse nel mondo, c’è una riforma che nella scuola secondaria superiore riduce gli orari della classi successive alla prima in cui non è stato ancora cambiato l’ordinamento degli studi. Accade così che chi aveva iniziato l’anno scorso un determinato percorso di studi se lo trova cambiato come succede ad esempio per gli orari imposti nei tecnici e nei professionali.

Dopo il primo anno di attuazione dei provvedimenti governativi riguardanti la scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado e con l’entrata in vigore di quelli che, per la scuola secondaria superiore si stanno realizzando in questo anno scolastico, la situazione è notevolmente peggiorata.
Si vedono, e sempre più purtroppo si vedranno, gli effetti devastanti causati dall’attacco portato da questo Governo alla qualità dell'istruzione nel nostro paese e di fatto al nostro futuro. Per l’anno scolastico 2009 -2010 si è trattato di 42.105 posti di docente e di 15.167 posti di ATA e ad essi hanno corrisposto i licenziamenti di 18 mila precari docenti e di 8 mila A.T.A. per un totale di 26 mila precari licenziati. Ad essi si sono aggiunti i 20.000 di quest’anno. Il pesantissimo taglio di personale previsto dall’art.64 della legge n. 133/2008, il più grande licenziamento di massa nella storia della Repubblica, infatti prosegue con i conseguenti effetti di bilancio. Per l’a.s. 2010/11: si è trattato di 25.560 docenti e di 15.167 ATA; per l’a.s. 2011/12: si tratterà di 19.676 docenti e 14.167 ATA. Nei tre anni previsti si realizzerà un taglio di circa 8 mld sulle spese per l’istruzione (7, 832 mld per l’esattezza) e di circa 132.000 posti negli organici del personale (87.400 insegnanti e 44.500 personale ATA).
L’analisi governativa sulla natura e sulla genesi del fenomeno del precariato e puramente di comodo perché ignora che i posti vacanti su cui nominare i precari ci sono sempre stati e ci sono anche oggi e che la loro mancata stabilizzazione e frutto di scelte politiche ed economiche sbagliate.
Può sembrare un incredibile paradosso ma il maestro unico di cui alla legge 169/08…..…..non esiste! Infatti nonostante che il ministro Gelmini si riempia continuamente la bocca con il termine maestro unico, quella figura giuridica con 24 ore di lezione settimanali che doveva essere definita in sede contrattuale oggi in Italia non esiste!
Nella scuola primaria la riduzione delle compresenze, tanto nel tempo pieno quanto nell’organizzazione modulare del team di 3 docenti su due classi, sta producendo gravi conseguenze sul piano della continuità didattica (milioni di studenti non hanno più avuto, o non avranno più, gli insegnanti che li avevano seguiti il precedente anno scolastico) e, quindi, della qualità del processo di insegnamento-apprendimento. Analoghe conseguenze si sono avute nella scuola secondaria di primo grado. La diminuzione delle ore di italiano, di tecnologia e , in molti casi, della seconda lingua comunitaria, ha determinato non solo la riduzione del tempo scuola e del tempo prolungato ma ha avuto inevitabili ricadute sul piano dello sviluppo delle conoscenze dei nostri ragazzi.
Con i regolamenti entrati in vigore quest’anno si mortifica gravemente l’assetto dell’istruzione tecnica e liquida di fatto quella professionale impoverendone i curricoli specialmente con riferimento alle attività di laboratorio. La licealizzazione del restante settore degli studi secondari superiori comporta l’indiscriminata eliminazione di tutte le sperimentazioni e l’impoverimento dei diversi curricoli formativi.
L’educazione degli adulti viene fortemente ridimensionata soprattutto conl’esclusione in un momento difficile per le pratiche di integrazione, di gran parte degli immigrati che fino a quest’anno la frequentavano.
Ovunque si è aggravato il problema della gestione degli studenti che non si avvalgono dell’insegnamento della religione cattolica poiché è in aumento in ogni ordine di scuola la mancata organizzazione delle attività didattiche e formative alternative al detto insegnamento:
L’incremento del numero di alunne/i per classe, provocato dalla volontà di impedire l’apertura di numerose classi della scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado, ha avuto conseguenze gravi sulla qualità didattica ed sui livelli di apprendimento, e ha prodotto un diffuso mancato rispetto delle norme di sicurezza nelle aule scolastiche. Si deve anche considerare che nella scuola per l’infanzia si è di fatto ostacolata l’importante esperienza delle classi primavera e non sono state attivate numerose sezioni la dove venivano richieste.
Il ministro Gelmini sostiene che il tempo pieno nella scuola primaria è aumentato per il 2010-11 e ciò grazie al maestro unico. Esso avrebbe raggiunto il 29% delle classi (nel 2008-9 era il 26,9%). Un comunicato ministeriale parlava di 37.275 classi però in Parlamento il ministero si è rifiutato di comunicare che fine avessero fatto, già nell’a.s. 2009-2010, quel 20,2% di classi funzionanti, con i TEAM dell’anno 2008-2009, con un orario fra le 31 e le 39 ore settimanali. Si tratta di quasi 500 mila studenti che sono stati privati dell’orario lungo e nelle maggior parte anche della mensa con la sparizione dei TEAM. E’ evidente che di fronte a tale massacro della qualità delle prestazioni non ha alcun senso esaltare l’aumento di 877 classi di tempo pieno ottenuti con il recupero delle compresenze e di una infima parte di un tale patrimonio distrutto.

L’integrazione scolastica degli alunni con disabilità è stata fino ad oggi il fiore all’occhiello della scuola italiana nel mondo, ma i tentativi di smontare anche questa componente del nostro sistema di istruzione non sono mancati anche di recente. La Corte Costituzionale, il 22 febbraio 2010, ha pronunciato un’ importante sentenza che esclude la possibilità di stabilire un tetto nazionale di posti per il sostegno, ripristinando così norme più favorevoli per l’integrazione degli alunni disabili. Disagi rilevanti derivano dai tagli al personale ATA insufficiente a garantire l’assistenza e la cura necessaria agli alunni in difficoltà. La tendenza generale è quella di aumentare il numero di alunni per classe e ciò fa sì che, nonostante la norma, le classi che accolgono alunni con disabilità non rispettino spesso il limite dei 20 alunni.
Le nostre scuole sono piene di debiti e non riescono più a garantire un servizio di qualità, dall'ottobre del 2008 non hanno più ricevuto fondi per il proprio funzionamento, e si sono viste ridurre drasticamente quelli per le supplenze, per l'offerta formativa, per il supporto alla autonomia, per l'implementazione di una feconda ricerca/azione che genera crescita culturale di istruzione e di innovazione. Sono stati accreditati pochi spiccioli per i corsi di recupero obbligatori che hanno funzionato con orari ridotti ed accorpati per più ambiti disciplinari.

L’ultima stangata colpisce le retribuzioni
La manovra Tremonti, attuata con il Decreto legge n.78/10, colpisce ulteriormente in modo grave ed indiscriminato il personale e il mondo della scuola in esso sono state previste:
• la riduzione lineare del 10 per cento delle dotazioni finanziarie, iscritte a legislazione comporterà un taglio dal bilancio miur di circa 312 milioni;
• salta l’utilizzazione per il merito che doveva essere pari al 30% degli 8 miliardi di tagli (circa 2 miliardi) che sarà in gran parte utilizzato per una indennità sostitutiva degli scatti di carriera che sono stati cancellati giuridicamente, solo per il personale della scuola, per il prossimo triennio;
• salta, senza possibilità di recupero, il rinnovo contrattuale per gli anni 2010- 2012
• per l’anno scolastico 2010/2011 è assicurato solo un contingente di docenti di sostegno pari a quello in attività di servizio d’insegnamento nell’organico di fatto dell’anno scolastico 2009/2010;

Non è vero infine che sono stati salvati, unica categoria del pubblico impiego, gli scatti periodici di stipendio. Se mai è vero il contrario, quella della scuola è l’unica categoria che si è vista cancellare permanentemente tre anni di carriera e gli scatti che saranno retribuiti con una parte delle risorse del 30% non pongono rimedio a tale vulnus che si è voluto predisporre per cancellare nel futuro la carriera economica.
Il ministro ha esposto una singolare teoria della carriera economica del personale della scuola: aboliti gli scaloni tutti restano allo stipendio iniziale e gli aumenti saranno previsti solo per i più bravi! Questa si che sarà una riforma epocale a meno che gli stipendi iniziali non vengano rivalutati al livello di quelli oggi terminali. Ma questa non sembra l’intenzione dei vari Tremonti, Sacconi e Brunetta.! La recente sperimentazione per la valutazione dei docenti, che prepara il terreno a tale prospettiva, prevede un premio di 2ooo euro in media per circa 200 docenti!


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