Governatori in rivolta Gelmini: «Nel decreto deroghe per le scuole»
Che cosa ha fatto infuriare le Regioni? La decisione di far salire dal 60 al 70% la percentuale minima di studenti delle superiori che da lunedì 26 devono tornare a scuola
Il decreto sulle riaperture invece di calmare le acque agitatissime dei rapporti fra Stato e Regioni ha ottenuto l'effetto di incresparle ancora di più. A parte il braccio di ferro con la Lega sul coprifuoco, ieri è esplosa la rabbia delle Regioni secondo le quali l'esecutivo Draghi ha cambiato i termini degli accordi presi con i governatori. «Una cosa così non è mai successa», ha spiegato un infuriato Massimiliano Fedriga, presidente del Friuli e della Conferenza delle Regioni. Fedriga non solo ha riconvocato in conferenza, via web, i suoi colleghi presidenti di Regione ma poi nel tardo pomeriggio ha scritto una lettera a Palazzo Chigi chiedendo che il decreto venga modificato rispetto ad alcuni dettagli inseriti ieri nel Cdm.
PERCENTUALIChe cosa ha fatto infuriare le Regioni? La decisione di far salire dal 60 al 70% la percentuale minima di studenti delle superiori che da lunedì 26 devono tornare a scuola.
Le Regioni, tra le altre proposte, avrebbero preferito fin dall'inizio una soglia del 50% per la presenza degli alunni estensibile fino al 100% per le aree meno colpite dalla pandemia. Poi nell'incontro con il governo si era arrivati ad un compromesso su quota 60% inserita nella prima bozza del decreto. Ma durante il consiglio dei ministri la percentuale è stata elevata al 70% diventando legge a insaputa delle Regioni stesse. Il ministro degli Affari regionali, Mariastella Gelmini, ha tentato di mediare, spiegando che il decreto prevederà delle deroghe e consentirà alle Regioni di scendere anche al di sotto del 70% degli studenti in presenza in caso di necessità dovuto alla pandemia. «Se non sarà possibile assicurare queste quote Regioni ed enti locali potranno derogare», ha detto il ministro. E la possibilità di derogare è presente nel testo del decreto bollinato così come nella bozza precedente. Un caso classico: laddove non fosse possibile potenziare il trasporto pubblico e si rischia di vedere viaggiare i bus affollati, allora si possono fare delle eccezioni. Una soluzione però che non piace ai presidenti regionali, perché presta il fianco a ricorsi alla giustizia amministrativa di chi volesse contestare un provvedimento di chiusure delle scuole deciso dalle Regioni. Per questo, era stato chiesto di mettere nero su bianco un limite di studenti in presenza più basso con una «decisione centralizzata».
LA LETTERA«Ferma restando l'amarezza per la decisione del governo di modificare unilateralmente la linea concordata in sede di incontro politico con le Regioni, le Province autonome, le Province e i Comuni in merito alla percentuale minima per la didattica in presenza - si legge nella lettera inviata al governo - la Conferenza delle Regioni offre nuovamente la propria disponibilità all'Esecutivo nazionale per limare le incongruenze e le criticità contenute nella bozza di decreto-legge».
Il caso 70% ha consentito alle Regioni, senza distinzione fra presidenti di centro-destra e di centro-sinistra, e dunque senza appoggio politico alla battaglia portata avanti dalla Lega in consiglio dei ministri, di rilanciare la proposta di spostare alle 23 l'orario di avvio del coprifuoco. «In ragione dell'approssimarsi della stagione estiva caratterizzata dall'ora legale e, in considerazione della riapertura delle attività sociali e culturali - si legge nella missiva -, si propone di valutare il differimento dell'interruzione delle attività e della mobilità dalle ore 22 alle ore 23». Le Regioni inoltre ripropongono di anticipare alcune riaperture come quelle delle palestre.
Mauro Evangelisti
Diodato Pirone