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Gli statali alzano la testa: "Manca tutto, basta tagli"

Camusso dal palco: Colpiscono solo il lavoro

29/09/2012
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Pubblico giornale

Maria Grazia Gerina

Altro che «Monti bis». Non ditelo ai dipendenti  statali che ieri hanno scioperato, ai 30mila che, tra bandiere Cgil e Uil in resta (assente la Cisl) hanno sfilato per le vie di Roma contro i tagli che il governo ha ribattezzato “spending review”, agli impiegati,  ai  vigili del  fuoco,  alle maestre d’asilo, agli infermieri, ai ricercatori, che tutti i giorni reggono sulle spalle quel che resta dello Stato. A loro, che stanno misurando di persona  gli  effetti concreti  della «revisione  della  spesa»  bastano  i tagli che ha  fatto il primo Monti. Contro i quali avrebbero voluto scioperare anche prima. «A volte manca anche il gasolio per il camion anti-incendio e allora ci tassiamo, mettiamo dieci euro a testa e partiamo», racconta Pietro, 37 anni, vigile del fuoco. «E poi tanti di noi sono ancora precari». Lui, nel 2008, dopo tredici anni di servizio, ha vinto il concorso ed è stato stabilizzato. Mille e trecento euro al mese, ma un figlio e una moglie che vivono a Lecce da mantenere. Anna,  53  anni  fa  l’infermiera  dal 1978.  Lavora  a  Carpi,  nell’Emilia. «Quando  c’è  stato  il  terremoto  racconta i malati ce li siamo portati in braccio per le scale, in quaranta minuti abbiamo sfollato un ospedale da 258 posti letto». Dal terremoto si  stanno  riprendendo   anche  se molti reparti sono ancora inagibili. E però,  davvero: «Non  ne possiamo più, oltre il terremoto la spending review», recita il tazebao che indossa insieme alle altre colleghe, venute a Roma a protestare. «Siamo pochi, lavoriamo tantissimo e alle famiglie dei malati oncologici o di Sla non sappiamo più cosa dire: con i tagli ai servizi tutto ricade su di loro». Giorgia, 37 anni, fa la maestra in uno di quegli asili comunali di Bologna, che un tempo erano un modello da esportare anche  fuori dall’I t al i a . Adesso, con i tagli imposti agli enti locali, sono diventati una fabbrica di precari anche quelli. «Ogni tre anni fai il concorso, entri in una graduatoria da cui comunque non si fanno assunzioni, tre anni dopo la graduatoria si chiude e tu ricominci da capo», racconta Giorgia.  Con la variante che da quest’anno lei non è più dipendente del Comune ma di una azienda per il 96% partecipata dal Comune, la Asp Irides. «Dicevano che non sarebbe cambiato nulla, ma non è così, è chiaro che siamo al l ’inizio di un processo di privatizz azi o n e » . Privatizzazione,  smantellamento, dismissione sono le parole che ricorrono di più. «A noi hanno appena pagato  gli stipendi  di agosto  e per settembre non si sa ancora se ci sono i soldi», racconta Catherin, 39 anni, che, prima ricercatrice all’Inram, si occupa di sicurezza alimentare. Un cervello in fuga verso l’Italia, «per ragioni  sentimentali»: «Però al l ’inizio si faceva bene ricerca, ora invece siamo all’assurdo: lo scorso anno abbiamo recuperato 400mila euro di fondi europei e non abbiamo neppure i soldi per andare a presentare all’Europa i risultati della nostra ri c e r c a » . Effetti collaterali della spending review. «Ma è possibile che con la disoccupazione che c’è l’unica politica di questo governo sia tagliare sul lavoro?», attacca dal palco il segretario  della Cgil  Susanna Camusso, che  liquida  il  Monti  bis  come  una «prospettiva  di rassegnazione», mentre è di una «alternativa politica che c’è bisogno». Intanto, invoca una «revisione della spesa» rivolta agli «stipendi dei manager di Stato» o agli sprechi della politica, «vedi alla voce Polverini«. Insomma, la risposta della piazza al Monti bis «è un sonoro no», scandisce Pantaleo delal Flc Cgil. «E non pensi il governo che il sindacato possa fare la bandante», alza la voce anche la Uil con Luigi Angeletti. Manca la Cisl. «Peccato», commenta Camusso, mentre il corteo fischia.   


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