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Gite scolastiche addio. A casa due studenti su tre

L’allarme di Coldiretti: famiglie costrette a rinunciare a questa spesa. «Meno disponibili anche i professori: gli istituti non hanno più fondi per pagare la diaria»

14/04/2013
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La Stampa

di Raffaello Masci

In tempi di crisi anche la gita scolastica può essere un piccolo, inaccessibile lusso per molte famiglie e così solo un terzo dei ragazzi delle scuole decide di partire. È Coldiretti a dirlo in una indagine diffusa ieri sulla dinamica dei viaggi d’istruzione. L’interesse della massima organizzazione agricola italiana è giustificato dal fatto che le gite scolastiche hanno molto spesso per destinazione specie per quanto riguarda le scuole dell’obbligo - uno degli 871 parchi italiani o delle 1.300 fattorie didattiche.

E comunque il fatto resta quello che è, e rispetto allo scorso anno il numero degli allievi gitanti è diminuito di quasi il 20%. Parliamo di numeri grossi che muovono un business importante: i 930 mila studenti (più insegnanti e accompagnatori) che sono andati in gita lo scorso anno, hanno generato una ricaduta economica di quasi un miliardo di euro, tra viaggio in senso stretto, spese connesse, acquisti, indotto. Un volume d’affari destinato a contrarsi secondo la ricerca Coldiretti perché le famiglie non hanno più soldi, perché le scuole (che una volta contribuivano in qualche modo) ne hanno ancora meno e perché la paura del peggio che attanaglia tutta la dinamica dei consumi, si fa sentire anche su queste esperienze ludiche e didattiche insieme, che hanno caratterizzato per decenni la scuola italiana. «E’ un problema di soldi, evidentemente - dice Piergiorgio Mori, vicepreside dell’istituto tecnico Giorgio Ambrosoli di Roma - ma anche di difficoltà a reperire insegnanti disposti ad andare in gita». C’è quindi una componente che ha che fare con la crisi - spiega il docente - ma anche con il malessere della scuola italiana. «Quest’anno abbiamo notato una forte diminuzione delle adesioni alle gite, specie nelle seconde classi al punto che alcune uscite sono state soppresse - dice il professor Mori ma anche le terze, che hanno trascorso un periodo in Andalusia spendendo 430 euro a persona, hanno partecipato molto meno che in anni precedenti: appena un terzo degli allievi, e un andamento analogo ha avuto anche la gita a Lisbona delle quarte» . Un fenomeno che si è aggravato negli ultimi due anni, ma non più di tanto, spiega Mori «perché il quartiere in cui si trova la mia scuola è molto popolare (Centocelle - ndr) e qui la gente ha sempre avuto pochi soldi».

Poi c’è la questione della disponibilità degli insegnanti. Una volta, quando nella scuola c’era qualche soldo in più (giusto due lire, niente di che) i docenti che accompagnavano i ragazzi in gita, oltre alla gratuità del viaggio, avevano una diaria. Ora questa retribuzione aggiuntiva è scomparsa: i singoli istituti - quando possono - continuano a pagarla attingendo al loro fondo interno che, però, nella stragrande maggiorana delle scuole è a dotazione prossima allo zero. Quindi, poiché «senza quattrini non si canta la messa», come dice il proverbio, gli insegnanti non si prendono al briga e la responsabilità di portare i ragazzi in giro.

Chi in gita va, però, continua a portare a casa un souvenir, e anche in questo - secondo Coldiretti - si avverte un riverbero della crisi: non si acquistano più tanto oggetti e paccottiglie, ma si preferisce il cibo: «Non è un caso - dice la ricerca - che negli anni della crisi i turisti hanno aumentato la spesa per vino e alimenti, che fa registrare un incremento del 43% negli ultimi quattro anni per un valore di 10,1 miliardi di euro, in netta controtendenza con il calo fatto registrare da tutte le altre voci».


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