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Giornale di Brescia-Perplessità sulla riforma costituzionale

IL DOVERE DI FARSI UN'OPINIONE Perplessità sulla riforma costituzionale Ineludibile è il dovere di "farsi un'opinione" in ordine ai principali problemi del nostro tempo. Per questo d...

27/10/2004
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Giornale di Brescia

IL DOVERE DI FARSI UN'OPINIONE
Perplessità sulla riforma costituzionale

Ineludibile è il dovere di "farsi un'opinione" in ordine ai principali problemi del nostro tempo. Per questo dobbiamo contrastare ogni giorno la disattenzione e l'indifferenza, raccogliendo elementi di giudizio e cercando inoltre di "fare opinione", nel rispetto ovviamente delle scelte altrui. Dico questo come premessa alle seguenti osservazioni sul tema della incombente riforma costituzionale, di fronte alla quale nessuno può chiamarsi fuori e cercare un alibi nella complessità del tema. 1. Una riforma solo della seconda parte della Costituzione (sull'ordinamento della Repubblica) può avere in pratica gravi riflessi pure sulla prima parte, cioè in materia di diritti fondamentali di libertà e di doveri. È evidente che diritti privi di garanzie sono di fatto declassati e che, personalizzato a dismisura il potere pubblico, addomesticata la magistratura e composta in un certo modo la Corte Costituzionale, le garanzie ci saranno soltanto per chi starà "dalla parte giusta". Le modifiche radicali della struttura dello Stato ridonderanno sulla vita quotidiana e sulla tutela e l'esercizio dei diritti individuali. 2. Non si può essere aprioristicamente contrari ad innovazioni istituzionali, ma queste sono prospettabili soltanto se intese ad adeguare i poteri pubblici alle esigenze di attuazione dei principi e degli obiettivi stessi della Costituzione. Questa è certo aggiornabile, purché nel rispetto dei suoi principi, in primis di quello democratico e di quello della separazione/controllo dei poteri. La nostra carta costituzionale deve continuare a sancire e promuovere i suoi contenuti "progressivi", sempre attuali. Superfluo è ricordare che essa si fonda sulle libertà inviolabili e sul progresso sociale (artt. 2 e 3); rifiuta la guerra come metodo di soluzione delle controversie internazionali (art. 11); rifiuta la violenza e l'odio come forma di lotta politica (art. 18) ecc. ecc.. Si tratta di limiti invalicabili e di obiettivi dell'intero ordinamento. 3. La riforma in itinere tradisce l'intento di mantenere in equilibrio l'attuale maggioranza. Mentre la Costituzione deve essere il prodotto corale della volontà della gran parte dei cittadini, oggi assistiamo soprattutto a patteggiamenti e cedimenti all'interno di uno schieramento che ha il bisogno contingente di compattarsi. La prima critica a questa riforma riguarda pertanto il metodo e gli scopi di chi la propone. 4. Anziché promuovere il coordinamento dei vari livelli di governo della cosa pubblica, si concentra il potere nel primo ministro eletto direttamente dai cittadini, con corrispondente mortificazione del ruolo e dei poteri degli organi di garanzia, e precisamente del presidente della Repubblica e della Corte Costituzionale. Si profila inoltre una fortissima riduzione del ruolo del Parlamento e delle minoranze. Il premier "nomina e revoca" i suoi ministri, "determina" la politica generale del governo e "dirige" quella dei singoli ministri, ma soprattutto condiziona (ovvero ricatta) la vita della Camera dei deputati. Lo stesso infatti può addirittura porre questa di fronte all'alternativa di accettare le sue proposte o di sciogliersi (sembra invero scarsamente efficace il meccanismo della "sfiducia costruttiva"). Si tratta di un sistema che riduce fortemente il dialogo politico tra Governo e Parlamento. 5. Infine, la cosiddetta "devolution" non può che suscitare preoccupazioni. Il progetto attribuisce alle Regioni, in via esclusiva, competenze fondamentali connesse con principi di libertà e diritti sociali. Passano alle Regioni l'assistenza e la sanità, la scuola e la polizia locale, ponendo così le premesse per una accentuazione delle disparità esistenti tra i vari territori regionali, accentuazione che non verrà certo impedita dalla formula di chiusura dell'"interesse nazionale". La "devolution", frutto di compromesso tra forze inconciliabili, avrà effetti di decentramento da un lato e di centralismo dall'altro; essa rischia di condurre allo squilibrio ed alla paralisi delle istituzioni, di causare la duplicazione dei costi pubblici e della burocrazia e di dare origine a continui conflitti tra Stato e Regioni. 6. Concludo ricordando che nella nostra città è stato promosso un "Appello per la Costituzione", che i lettori potranno trovare sul sito Internet www.perlacostituzione.it. Chi fosse d'accordo potrà aderire inviando un messaggio con nome, cognome e Comune di residenza ad appello@perlacostituzione.it. I primi sottoscrittori sono già oltre trecento. Confido che altri, sentendo il dovere di "fare opinione", intervengano sul tema. Avv.

GIUSEPPE ONOFRI

Brescia


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