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Giornale di Brescia-Latino e musica alle Superiori

DISAPPUNTO PER DUE DECISIONI Latino e musica alle Superiori Non intendo entrare nel merito degli orientamenti generali della legge delega 28 marzo 2003, n. 53, nucleo della cosiddetta ...

16/02/2005
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Giornale di Brescia

DISAPPUNTO PER DUE DECISIONI
Latino e musica alle Superiori

Non intendo entrare nel merito degli orientamenti generali della legge delega 28 marzo 2003, n. 53, nucleo della cosiddetta riforma Moratti, anche per sottrarmi alla futile, sterile e avvilente bega perennemente in corso tra le due coalizioni italiane, e quindi al costante pericolo di essere strumentalizzato - con la faziosità che ormai sembra connaturata all'esercizio stesso della politica - a vantaggio o svantaggio di chicchessia. Mi limito soltanto a esprimere, al di là, appunto, degli intrinseci meriti o demeriti del processo di riordinamento complessivo del sistema scolastico e universitario in atto nel nostro Paese ormai da più di dieci anni (potendosi infatti ravvisare, a dispetto delle apparenze, una sostanziale continuità di fondo nelle scelte adottate in materia dai vari Governi che si sono nel frattempo succeduti), la mia delusione, il mio disappunto, il mio scoramento per due recenti decisioni - che reputo estremamente negative e di grave nocumento al livello culturale e alla qualità della convivenza civile nell'Italia di domani - assunte dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca nello schema di decreto legislativo diffuso il 14 gennaio scorso. Si tratta, rispettivamente, della drastica riduzione delle ore settimanali di studio della lingua e letteratura latine nel liceo scientifico (da 4 a 2 ore nelle prime tre classi, da 3 a 2 in quarta, da 4 a zero in quinta) e dell'assenza dell'insegnamento della musica da ogni tipo di scuola secondaria superiore, eccezion fatta, ovviamente, per il liceo coreutico-musicale. Tali provvedimenti, infatti, pregiudicano fortemente la possibilità di ancorare il futuro dell'Italia a un'identità culturale storicamente condivisa. Per un verso, la civiltà classica, insieme con la tradizione cristiana, costituisce la radice stessa del modo di pensare, sentire ed essere di noi europei; quale giardiniere - mi si passi la metafora - reciderebbe le radici di una pianta ch'egli desidera veder prosperare e crescere rigogliosa? D'altro lato, la musica cólta (non parlo certo del pattume canzonettistico o da discoteca ossessivamente propinato dalla larghissima maggioranza dei media odierni) rappresenta un patrimonio che ha reso grande, noto e apprezzato in tutto il mondo il nostro Paese in periodi in cui esso era politicamente ed economicamente debole e arretrato. Insomma, è assurdo che nel luogo ove sono nati il concerto e il melodramma regni la più totale e assoluta ignoranza in proposito, se si escludono ridotte enclave di professionisti e appassionati. Inoltre, lo studio delle due suddette discipline riveste un'importanza fondamentale non soltanto dal punto di vista culturale, ma anche formativo tout court. Da una parte, l'esercizio di traduzione di testi classici, sviluppando eminentemente negli allievi le capacità di analisi, raccordo e sintesi, è quello che più favorisce l'acquisizione di una forma mentis duttile, agile e aperta, e che perciò insegna a ragionare con ordine e metodo, a organizzare razionalmente il proprio pensiero e le proprie conoscenze, a operare scelte consapevoli e meditate, a sviluppare una consapevolezza critica che sola può contrastare i rischi dell'omologazione e della massificazione. Quanto allo studio della musica, sarebbe importante ch'esso fosse riservato non soltanto a chi intenda intraprenderlo professionalmente, bensì al maggior numero possibile di persone. Il suonare e il cantare insieme, in particolare, costituiscono uno straordinario esercizio di educazione alla convivenza civile, al rispetto reciproco, alla coesione, insegnando a collaborare con gli altri in vista di un obiettivo comune. La conoscenza della musica, quindi, oltre che rappresentare una necessità culturale per ogni italiano, contribuirebbe senz'altro a formare positivamente e in maniera cruciale la personalità degli individui e soprattutto dei futuri insegnanti. PAOLO V. BOLPAGNI

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