Gelmini sotto accusa: scuola sbarrata per i neolaureati
Anche Cl contro il ministro, poi arriva la promessa di 13 mila posti. Ma l'accesso all'insegnamento resta di fatto una chimera
Mariagrazia Gerina
Con un bacio, a favore di telecamere, il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini e il ciellino Maurizio Lupi, ieri, hanno annunciato la pace (temporaneamente) ritrovata. Sarà persino deposto l’appello contro il decreto Gelmini che - come scrivevano i promotori - «chiude ai giovani l’accesso all’insegnamento». Dodicimila firme, molte quelle di peso, scagliate contro la titolare del dicastero su un tema sensibilissimo: l’accesso alla scuola dei giovani aspiranti insegnanti. Completamente bloccato dal giorno in cui Mariastella Gelmini è diventata ministro. «Mi fa piacere che della vicenda si siano accorti anche i ciellini: noi lo diciamo da tre anni che di fatto Mariastella Gelmini dal giorno in cui è diventata ministro ha bloccato ogni accesso alla scuola, con l’unica eccezione delle 30mila assunzioni per i precari finalmente sbloccate questa estate», fa notare Giovanni Bachelet, che, il primo agosto, ben prima che la corazzata ciellina si mettesse in moto, aveva presentato sull’abilitazione negata alle nuove generazioni di laureati una interrogazione parlamentare ancora senza risposta. Chiudere le scuole di specializzazione per l’insegnamento, introdotte nel ‘99 dal governo di centrosinistra, è stato uno dei primi atti dell’ex coordinatrice lombarda di Forza Italia. Allora applauditissima dalla platea ciellina. Risultato: da tre anni un’intera generazione di giovani neolaureati è ufficialmente tagliati afuori dalla scuola. O meglio, se vogliono possono fare i supplenti, ma senza titolo.E senza alcuna possibilità di essere abilitati all’insegnamento. Al posto delle scuole di specializzazione, nel frattempo, sono riapparsi all’orizzonte, ma finora solo sulla carta, i cosiddetti Tfa, «tirocini formativi attivi» di un anno. A numero chiuso, proporzionale a quello di posti «disponibili» per l’insegnamento, al netto dei precari già in attesa. Insomma, un numero tendente allo zero. Come le prime tabelle diffuse dal Ministero avevano confermato. Per alcune categorie di concorso si trattava appena di un posto per ogni Regione. È su quei numeri che CL - buon ultima - ha avviato la sua crociata. Forse dettata anche dal fatto che - insinuano i maliziosi - la Compagnia delle Opere ha promosso già i corsi di preparazione ai Tfa. Comunque sia, in poco tempo, l’appello anti-Gelmini, rilanciato dallo stesso quotidiano dei vescovi, ha raccolto dodicimila firme. E nella crociata, insieme a rettori, professori e politici, anche del Pd (Luciano Violante, Gianni Pittella, Franco Laratta), si sono ritrovati persino gli ex collaboratori del ministro. Tra i firmatari, Giorgio Israel, l’esperto a cui il ministero aveva affidato il compito di fissare il nuovo percorso di abilitazione. Tanto per dare la portata del disastro. Di cui ieri si è dovuto occupare personalmenteil sottosegretario Gianni Letta. È stato Letta, a Palazzo Chigi, a siglare l’armistizio. Da una parte i promotori dell’appello, con Maurizio Lupi. Dall’altra, il ministro diventata nemico pubblico numero uno della kermesse ciellina. Che sul piatto della pace ha messo i 10.285 posti, già annunciati due giorni prima sul sito del Miur, e, a dire il vero, accolti senza troppo entusiasmo dagli stessi firmatari dell’appello. Calcolati in base alla metàdelnumerodei pensionamenti previsti per il prossimo anno. A cui, all’ultimo, il ministro ha aggiunto altri 3mila posti per le scuole superiori. Insufficienti a siglare l’accordo. E infatti, il numero definitivo sarà un «incrocio tra quelli pubblicati dal Miur e l’offerta formativa formulata dalle università» che dovranno attivare i Tfa, come si legge nella nota congiunta. «Speriamo che il ministro abbia la bontà di confermare questi numeri nella sede più propria, ovvero la commissione Cultura, come noi l’avevamo sollecitata a fare», replica Bachelet. «Alla fine per voler cancellare le scuole di specializzazione si saranno persi quattro anni », osserva il professor Giunio Luzzatto, già direttore della Siss di Genova: «Ora il varco a cui attendiamo il ministro è il concorso, dopo tanti anni ho letto questa parola nelle tabelle pubblicate dal ministero e mi auguro che sarà quella la strada scelta per reclutare nuovi insegnanti e non la chiamata diretta, come vorrebbe qualcuno nella maggioranza». ❖