Gelmini MaryStar . La prima volta
di Aristarco Ammazzacaffè
Mai mi sognerei di usare espressioni irriguardose verso un ministro della Repubblica, fosse anche Calderoli o La Russa. E men che meno verso un Ministro dell'Istruzione.
Sono fatto così.
Per esempio, non mi sentirete mai dire che Gelmini, la MaryStar del nuovo MIUR, in quello che dice e le fan fare, è - come dire - "incongrua" (libera traduzione dall’inglese “unfit”). Anche se effettivamente lo è.
Io sono stato educato alla scuola per cui chi ha una carica istituzionale - anche se non è all'altezza, come il nostro ministro - merita rispetto. Vorrei vedere.
L'ho sentita qualche giorno fa, per la prima volta direttamente. Il Ministro, dico.
Mi ha sorpreso la sua capacità di ripetere sempre le stesse cose, come se l'avesse imparate a memoria e le richiamasse in continuazione per timore di dimenticarle.
La storia per esempio del 97 per cento (la percentuale del bilancio del suo ministero riservata agli stipendi: che non è esatta, ma lei ci crede. Ma come si fa a farglielo capire. Per lei è come la coperta di Linus, tenerella).
Se non la racconta almeno tre volte al giorno, non si sente ministro. Tanto che adesso non c'è più neanche bisogno di specificare di cosa si tratta. "Monsignori ed eminenze, cari professori e carissimi genitori, casalinghe di Voghera e gondolieri di Chioggia, il vero problema è il 97 per cento".
Toltosi il pensiero che si ritrova, comincia con il restante repertorio: rigore e rispetto, condotta e disciplina, merito e manfrina. Con tanto di equità per la scuole private. Che lei ce le ha nel cuore. E poi il Nord dove la scuola è scuola e l'università è università; mentre a Reggio Calabria, per citarne una, gli esami, soprattutto da avvocati, si passano che è una bellezza. Tanto che ci vengono anche da Brescia -ammette - per togliersi il pensiero in quattro e quattr'occhi e non pensarci più. "Troppo comodo, Monsignori ed eminenze, cari ispettori e cari giovani soprattutto cattolici. Io ne so qualcosa per esperienza diretta di questi modi leggeri di prendersi titoli. E non fatemi dire altro".
Ad ogni buon conto, nel sentirla direttamente ci ho visto subito la stoffa. Con odore di naftalina, certo. Ma vera stoffa. Mica carta velina, come pensa chi la conosce bene.
La conferma l'ho avuta quando ha opportunamente dichiarato, a sottolineare la considerazione per la scuola pubblica e la devozione per la scuola privata in cui è cresciuta, di sentirsi un "ministro cattolico". Che neanche nel Burundi si dice. (Ma questo lo scriverebbe uno che non è patriottico e non ama le istituzioni. Mai uscirebbe dalla mia penna).
Nel suo discorso, pensate, ha citato con padronanza e devota riconoscenza il presidente CEI Bagnasco e Formigoni, il Papa (“nostra guida”) e “il Presidente” (quello per antonomasia); e ancora: Tremonti e don Giussani, Maria Teresa di Calcutta e Padre Pio (?). Avrebbe voluto citare anche Morin e Gardner, Piaget e magari Maritain. Ma non li conosce – riconosce -. E poi, non pensa che ne valga la pena. Quando le fonti sono molte, c'è il rischio di avvicinarsi alla verità e perdere le certezze. Ne vale la pena? - giustamente obietta -. Fate voi.
Per questo, i passaggi più accorati del suo discorso li ha riservata alle persone a cui è più debitrice nelle scelte fatte.
Lei - dichiara - di scuola ne capisce perché è sempre vissuta in mezzo a problemi scolastici: non solo sua sorella, ma anche sua madre è insegnante. Vi par poco? E sono proprio loro le sue consigliere preferite. L'idea, ad esempio, del ritorno ai voti anche nel primo ciclo è stata infatti di sua madre che non ha mai digerito i giudizi ("ti obbligano a chiarire. Perché?"); mentre l'idea del 5 in condotta le è venuta da sua sorella che non ha mai digerito l'affronto subito da bulletti della sua scuola che si sono permessi nientemeno di offrirle una sigaretta. A lei che neanche fuma. Pensate.
E l'idea del maestro unico? Confida che gliela ha suggerito anche questa sua madre, tanto tempo fa: "Figlia mia, quando diventi ministro - perché con le tue esperienze calabresi (che neanche ad Harvard e al MIT di Boston avresti potuto fare), un ministero non te lo toglie nessuno. Ricordati: maestro unico, Non ho mai sopportato di lavorare in team. Bisogna confrontarsi, condividere, far sapere alle altre, sempre invidiose e generalmente comuniste, quello che tu fai in classe con i tuoi bimbi. Ma ti pare? Pensa che quando ho cominciato, ero maestra unica e sola: insegnavo anche religione. Poi la curia ha detto che i preti devono pur mangiare e allora io, che sono cattolica apostolica bresciana, ci ho rinunciato. A malincuore. Perché, sinceramente, la insegnavo meglio io del prete".
Però qualche altro consigliere ce l'ha - ammette -. Per esempio - confessa con un candore che le dona - l'idea di fare assolvere l'obbligo di Istruzione nella Formazione professionale gliela hanno suggerita Formigoni e i Salesiani a cui è affezionata, perchè contano. E a questi, come si fa a dire di no? – Riconosce -. Bisognerebbe capirci un po'. Ma lei, povera, come fa? E cosa c'entra lei? Tanto hanno deciso tutto nell'incontro estivo preparatorio del Meeting di Rimini; incontro a cui l'hanno invitata per festeggiare il suo 35° compleanno. Grazie.
Alcune idee però - ammette - sono soltanto sue. Appartiene infatti a lei l'idea che per fare una buona scuola non sono importanti le risorse finanziarie, ma il progetto educativo, (purchè, ovviamente di marca garantita. Per esempio: CL. Ma anche i Salesiani e le Marcelline, le Ausiliatrici e gli Scolopi. Massimo pluralismo, ci mancherebbe).
Mentre a Tremonti (altro suo consigliere: glieli scelgono bene) va riconosciuta l'idea di tagliarle, senza risparmiarsi, le risorse per l'Istruzione e l'Università. Per via, ovvio, dello sviluppo e dell'innovazione da garantire al Paese, in cui lei crede fermamente. "Quali tagli? Interventi preziosi e meritori per l'Italia". Ha esclamato a un certo punto, che sembrava addirittura ci credesse. Capita.
Un prodigioso gioco di squadra, comunque. Nel quale, solo un irriguardoso potrebbe dire - e sarebbe la verità - che a lei tocca il ruolo primario della suffragetta. Io mai. Sono di un'altra scuola.