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Gelmini: “il precariato è un problema enorme”. Quindi?

Soluzioni alternative alla patologia del precariato

11/04/2011
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Tuttoscuola


1. Gelmini: “il precariato è un problema enorme”. Quindi?


“Dobbiamo fare una grande riflessione sugli errori fatti in passato”. Lo ha detto il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, riferendosi al tema del precariato. A margine di un incontro alla Camera su “L'Università possibile: esperienze in atto”, il ministro ha ammesso di essere alle prese con un problema enorme.

Dopo aver precisato di aver concordato anticipatamente con il ministro Tremonti l’immissione in ruolo di circa 20-30 mila persone, ha fornito cifre un po’ “a braccio” sulle dimensioni del fenomeno che, a suo dire, ha toccato quest’anno le 110 unità di supplenti annui e di 140mila non annuali (senza contare i docenti 200 mila docenti non abilitati). Si tratta di una quantità mostruosa, tanto che “alla fine ciò che si riesce a fare è veramente poco rispetto al fabbisogno”.

Sarebbero, dunque, secondo il ministro, 250mila i precari della scuola, ma in effetti, tra docenti e Ata sono, fortunatamente molto meno (180 mila circa). Tuttavia, 180 mila precari, cioè circa il 15% dell’intera forza lavoro della scuola statale italiana, sono, comunque, come ammette il ministro, “un problema enorme”.  

Il precariato - come il ministro ha sempre tenuto a sottolineare -  è una patologia del nostro sistema di istruzione che ha radici lontane e origini imputabili ad altri momenti, ad altri governi, ad altri ministri. Ma, se fino a un po’ di tempo fa quel ritornello sulle colpe degli altri poteva essere capito, ora però chi amministra ha l’obbligo e la responsabilità di assumere decisioni per rimediare alle scelte errate di altri.

L’avere ammesso che quello dei precari è “un problema enorme” può essere il primo passo per preparare soluzioni adeguate a questa enormità.

Poiché tutti sanno che il costo dei precari attuali è uguale a quello del personale di ruolo appena assunto (lo stipendio è il medesimo), la loro stabilizzazione non avrebbe costi significativi. Le condizioni in Parlamento per varare una legge bipartisan ci sono: ne guadagnerebbe anche la qualità della scuola in termini di stabilizzazione.

Soluzioni alternative alla patologia del precariato


Il problema del precariato è enorme non perché è stato gridato sabato in cento piazze d’Italia; non è enorme perché anche il ministro Gelmini lo ha (finalmente) ammesso; non è enorme perché riguarda più di 100 mila docenti e più di 60 mila Ata delle scuole statali.

È enorme perché è un fenomeno strutturale del sistema di istruzione italiane, come Tuttoscuola ha ricordato l’ultima volta nei giorni scorsi, rilevandone l’andamento dell’ultimo decennio.

È enorme perché le sue dimensioni hanno raggiunto livelli patologici (mediamente il personale precario con rapporto di lavoro annuale o fino al termine delle attività didattiche è dell’ordine del 15% in Italia, con punte del 30% in alcuni territori).

La patologia, come qualsiasi malattia, non si cura con interventi normali, ma con provvedimenti straordinari, alternativi, nuovi, coraggiosi. Quando il ministro Gelmini dichiara di aver concordato con il collega Tremonti la prossima immissione in ruolo di 20-30 mila precari, dice una cosa certamente interessante, ma non alternativa all’esistente, anche se nell’emergenza economica attuale è importante e apprezzabile strappare l’autorizzazione a nuove immissioni in ruolo.

Per questo problema “enorme” non bastano semplici soluzioni amministrative. Occorre un provvedimento legislativo, originale, diverso, condiviso, strutturale che tra l’altro definisca una strategia di reclutamento concorsuale del personale docente, nel breve e anche nel medio termine, di assoluta necessità. L’ultimo concorso è finito nel 2000 e del penultimo si è persa traccia nella memoria collettiva.

L’urgenza di un percorso diretto a dare slancio a politiche concrete per il personale è determinata dalla semplice constatazione che il blocco da oltre 10 anni del reclutamento per concorso ha portato a una situazione critica per le graduatorie per l’istruzione secondaria superiore che registra circa 120 graduatorie esaurite specialmente per le discipline tecnico-scientifiche.

Serve insomma un provvedimento che estirpi la patologia alla radice e che non abbia la natura della sanatoria, come la storia di decenni di scuola italiana ha dimostrato. 


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