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GdM-Una delega a scatola vuota

La Cgil lucana analizza la riforma della scuola Istruzione e formazione "Una delega a scatola vuota" Da Angelo Vaccaro, della segreteria Cgil di Basilicata, riceviamo e pubblichiamo. ...

05/04/2003
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La Gazzetta del Mezzogiorno

La Cgil lucana analizza la riforma della scuola
Istruzione e formazione
"Una delega a scatola vuota"

Da Angelo Vaccaro, della segreteria Cgil di Basilicata, riceviamo e pubblichiamo.

ANGELO VACCARO

La Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale -approvata in via definitiva dal Senato il 13 marzo scorso- si presenta come la classica scatola vuota, priva di qualsiasi riferimento ai mezzi finanziari occorrenti per la sua attuazione, anche se con l'indicazione di una precisa direzione di marcia.
In primo luogo la rinuncia all'obiettivo di portare tutti gli allievi della scuola ad un obbligo che superi il muro della secondaria e dia loro la possibilità effettiva di affrontare in maniera consapevole l'accesso agli studi universitari o a una adeguata formazione professionale.
Al contrario si sancisce un generico e fumoso "diritto all'istruzione e formazione e di un correlativo dovere" attraverso cui "viene ridefinito ed ampliato l'obbligo scolastico di cui all'art. 34 della Costituzione".
Ovviamente non abbiamo nulla in contrario rispetto all'espressione diritto-dovere.
Ma la parola "obbligo" è scritto nella Costituzione e non in una legge ordinaria e vale non solo per i singoli individui e le famiglie, ma per lo Stato e tutti gli Enti territoriali "obbligati" a corrispondere al diritto-dovere di istruirsi degli individui.
Ma qual è l'idea di scuola e di società che sorregge quella che solo impropriamente viene chiamata riforma Moratti e che più correttamente potrebbe definirsi come una vera e propria controriforma?
Spezzare al più presto, subito dopo la Scuola Media, la formazione unitaria, larga e profonda degli alunni, differenziandoli precocemente all'interno di un sistema duale (Scuola di serie A: sottosistema dei Licei; Scuola di serie B: sottosistema dell'istruzione e formazione professionale ormai trasferito alla competenza esclusiva delle Regioni) informato da un criterio intrinseco ed iniquo di selettività sociale.
Tutta l'architettura della controriforma, invero, mira a ripristinare e perpetuare la divisione della società in caste culturali ed economiche che negli ultimi trent'anni -seppure con limiti e contraddizioni- si era cercato di superare.
D'altronde l'arretratezza della nuova impostazione di riordino dei cicli è "misurabile" proprio sul terreno che è stato presentato come il più innovativo: quello del rapporto con il mondo del lavoro.
Esso, infatti, è in provinciale controtendenza rispetto all'evoluzione dei sistemi di istruzione in atto nella gran parte dei Paesi dell'Unione Europea, orientati verso:
a) una scuola obbligatoria fino ai 15 o 16 anni, in cui le differenze e le articolazioni dei percorsi siano inquadrate all'interno di obiettivi formativi comuni;
b) un intreccio generalizzato con le attività pratiche e le esperienze di lavoro, evitando che questo contrassegni percorsi separati o di qualità inferiori;
c) l'accentuazione dei contenuti culturali degli stessi percorsi tecnici e professionali.
Vi è poi un singolare idea di alternanza scuola-lavoro per gli studenti del secondo ciclo che abbiano superato i 15 anni, che tende a configurarsi come un terzo canale autonomo e che sarà un altro stimolo potente a quella generale descolarizzazione di massa che il progetto Moratti sembra voler realizzare nel sistema educativo nazionale.
In generale, con le scuole "separate e delle differenze", si rinuncia consapevolmente a costruire un luogo pubblico e plurale, comune di formazione delle nuove generazioni.
Un luogo di formazione alla cittadinanza, dove nell'incontro tra storie diverse, culture diverse, religioni diverse si impari a condividere il patrimonio di sapere e conoscenze, premessa e condizione per la costruzione di una comune etica pubblica e per l'esercizio individuale della responsabilità e della libertà.
Nelle scuole delle enclaves non ci si libera dalla gabbia del pregiudizio, dal conformismo dell'appartenenza.
E forse è proprio questo che non si vuole e di cui non si sente il bisogno: di una scuola pubblica che abitui a pensare e al sapere critico.


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