GdM-Moratti: no alla sperimentazione
Moratti: no alla sperimentazione La riforma scolastica tra problemi e accuse Riceviamo e pubblichiamo una nota di Daniela de Scisciolo Presidente Cidi Potenza Il Consiglio Nazionale della Pu...
Moratti: no alla sperimentazione
La riforma scolastica tra problemi e accuse
Riceviamo e pubblichiamo una nota di Daniela de Scisciolo Presidente Cidi Potenza
Il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione ha espresso all'unanimità nella seduta del 10 Settembre 2002 parere negativo nei confronti del progetto nazionale di sperimentazione della Legge delega di riforma (tuttora all'esame della 7^ Commissione del Senato) proposto dal Ministro Moratti; il Consiglio ha chiesto il rinvio di tale progetto non essendovi garanzie complessive in ordine ai tempi, alle procedure ed alle risorse necessarie per consentire la sua realizzazione.
L'ampio ed articolato parere (consultabile nel sito www.cidi.it) sottolinea questioni non marginali di metodo e di merito e rappresenta, quindi, un importante contributo per il dibattito sviluppatosi in questi ultimi mesi: in particolare si contesta il ritorno al passato attraverso la figura del maestro prevalente e la riproposizione di vecchie ipotesi pedagogiche ormai superate, l'improvvisazione circa le procedure di avvio della sperimentazione (i collegi dei docenti stanno votando in questi giorni l'adesione o meno ad essa), la mancanza di un articolato piano di risorse economiche e del coinvolgimento degli Enti locali (sui quali, vogliamo ricordarlo, graverebbero i maggiori costi).
Come Cidi riteniamo controproducente -attraverso l'escamotage della sperimentazione dall'alto- "forzare" i tempi nei confronti dei genitori, delle scuole, degli Enti locali, quasi per mettere tutti di fronte ad un fatto compiuto che dovrebbe legittimare la (presunta) bontà delle (future) scelte legislative: i temi della sperimentazione sono talmente delicati che non sopportano improvvisazioni estemporanee. Questioni così controverse, come l'anticipo della frequenza alla scuola materna ed elementare, o il ripristino di una gerarchia tra i "maestri" (ben al di là di quanto oggi è demandato alla piena autonomia organizzativa e didattica delle scuole), o l'attuazione di nuovi indirizzi curricolari di cui è sconosciuta la fonte, meritano ben altre cautele di quelle esibite in questi giorni.
La sperimentazione di innovazioni è più che legittima, come dimostrano gloriose vicende antiche e recenti della nostra scuola (il tempo pieno, i bienni unitari, l'organizzazione modulare, gli istituti comprensivi, l'autonomia didattica), ma va preparata con cura, investendo risorse, e soprattutto creando un clima di partecipazione, di fiducia, di motivazione tra gli operatori scolastici e nell'opinione pubblica, verso il miglioramento della qualità della scuola e l'espansione del diritto all'apprendimento per tutti.
Sperimentare è possibile, ma va fatto "a regola d'arte": richiede il pieno coinvolgimento della scuola, mediante un'informazione preventiva, accurata e capillare sui contenuti del progetto culturale e didattico, un processo decisionale trasparente e consapevole che veda protagonisti i collegi dei docenti e gli organi collegiali, la massima disponibilità al confronto sulle variabili e le ipotesi organizzative in gioco (che dovranno essere rispettose dell'autonomia delle scuole), un rigoroso approccio valutativo che sappia apprezzare punti di forza e di criticità. Per coerenza, la scelta sperimentale richiederebbe la contestuale disponibilità a sospendere processi decisionali troppo affrettati ed unilaterali (come quelli adombrati nel disegno di legge delega del Governo) per aprire un dialogo vero con le istanze di una scuola che intende impegnarsi nella riforma, ma che chiede rispetto, dignità, investimenti significativi (e non tagli) per la ricerca, la formazione, le strutture, il personale.