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Gazzetta di Modena-I nostri figli

I NOSTRI FIGLI Un mare di ignoranza sta inghiottendo gli studenti figli della tivù e degli "sms" Di VINCENZO BRANCATISANO Che festa è stata il 1° Maggio? Se vi viene voglia di chiederl...

12/05/2004
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Gazzetta di Modena

I NOSTRI FIGLI
Un mare di ignoranza sta inghiottendo gli studenti figli della tivù e degli
"sms"
Di VINCENZO BRANCATISANO

Che festa è stata il 1° Maggio? Se vi viene voglia di chiederlo a uno
studente delle scuole superiori, ci sono ottime probabilità che metà di una
classe non sappia di che si tratti. E cosa dire del trascorso 25 Aprile?
Lasciamo perdere il 22 Aprile, o l'8 Settembre, date da collezionisti. Ma se
credete che il 25 dicembre sia troppo facile perché si cada in errore,
chiedete notizie sulla Pasqua: cade sempre di domenica? Provate, esistono
ottime probabilità che vi rispondano di no.
Dal tempo allo spazio. Chiedete loro di indicarvi sulla carta geografica
dove siano il Portogallo, o l'Iraq o l'Afghanistan. Poi chiedete loro della
Lucania. Chiedete di indicare il Panaro o l'Adige o il Trasimeno. O la zona
dei trulli.
Sarebbe sciocco ironizzare sugli "Io speriamo che me la cavo" dei nostri
adolescenti. Ma è disarmante sentirsi rispondere, con serietà mista a
timore, che un "armadio pesante" è un buon esempio di "bene immobile" o che
il superlativo relativo di "bello" è "bellino" o che senza calcolatrice non
si sa quanto faccia 1.400 diviso 10 o diviso 100. Di più: è crudele.
Marco Lodoli, insegnante e pubblicista, due anni or sono lanciò un grido di
dolore: "A me sembra che sia in corso un genocidio di cui pochi si stanno
rendendo conto. A essere massacrate sono le intelligenze degli adolescenti,
il bene più prezioso di ogni società che vuole distendersi verso il futuro".
Non furono affermazioni metaforiche, né una denuncia contro un presunto
menefreghismo dei giovani: "Io sto notando qualcosa di molto più grave -
disse - e cioè che gli adolescenti non capiscono più niente. I processi
intellettivi più semplici, un'elementare operazione matematica, la
comprensione di una favoletta, ma anche il semplice resoconto di un
pomeriggio passato con gli amici sono diventati compiti sovrumani". I
quindicenni "sani e pressochè normali... semplicemente non capiscono niente,
non riescono a connettere i dati più elementari, a stabilire dei nessi anche
minimi tra i fatti che accadono davanti a loro... Il problema non è che non
sappiano nulla di una guerra imminente o dell'Europa unita: il problema è
che non riescono a ragionare su nessun argomento, perché qualcosa nella loro
testa si è sfasciato".
Certo non si può generalizzare, nè si può perdere il faro dell'ottimismo che
ogni insegnante ha il dovere di porgere ogni mattina ai suoi studenti, ma
sarebbe un errore far finta di nulla. Eppure i segnali non sono
incoraggianti. A scuola i ragazzi e i loro insegnanti stanno affogando in un
mare di progetti formativi dai titoli accattivanti, ma se chiedi ai ragazzi
il titolo dell'ultimo libro letto ti ridono in faccia. Davanti alla tivù
essi affogano tra "reality" che di reale hanno solo la capacità di insegnare
battute scurrili. L'abitudine al linguaggio abbreviato degli sms ha
completato lo scempio. Lo dimostrano le verifiche scritte, dove (ma è solo
un esempio marginale) i "per" di una moltiplicazione si confondono con i
"per" di un tema o si nascondono tra i tanti "xchè". Un preside modenese
minimizza e sostiene che "il linguaggio cambia: ad esempio non usiamo più il
latino". Dunque, perché scandalizzarsi se all'esame di Storia la studentessa
universitaria ripeterà che a Calatafimi Garibaldi rispose a un tale di nome
Biperio: "Nino, qui si fa l'Italia o si muore!"?

Che dire?


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