Gazzetta di MAntova-Recuperato per i capelli il valore delle teorie di Charles Darwin (ma ci sono voluti i premi Nobel per convincerla), Letizia Moratti lancia in orbita i primi decreti della sua (molto contestata) riforma della scuola
Recuperato per i capelli il valore delle teorie di Charles Darwin (ma ci sono voluti i premi ... VITTORIO EMILIANI ...
Recuperato per i capelli il valore delle teorie di Charles Darwin (ma ci sono voluti i premi ...
VITTORIO EMILIANI
Recuperato per i capelli il valore delle teorie di Charles Darwin (ma ci sono voluti i premi Nobel per convincerla), Letizia Moratti lancia in orbita i primi decreti della sua (molto contestata) riforma della scuola.
Poche ore prima, la Procura della Repubblica di Verona ha messo sotto inchiesta, da Torino ad Agrigento, ben 40 di quegli Istituti privati così cari all'attuale governo, a causa di diplomi facili, anzi facilissimi.
Questione quanto mai nodale: sindacati, movimenti, partiti di centrosinistra difendendo il valore strategico della scuola pubblica lamentano che venga lasciata deperire dal governo in carica a vantaggio dei privati.
E' un fatto che i candidati esterni agli esami di maturità nelle scuole paritarie (dove gli esaminatori sono oggi tutti interni) sono balzati in quattro anni dall'1,7 a poco meno del 16 per cento.
Siamo di fronte a diplomifici di massa (confessionali e non) dove l'alto costo delle rette parla da sé.
Ieri, lo sciopero generale del pubblico impiego, e quindi della scuola, ha registrato adesioni di massa. Contestazioni di fondo alla Moratti: riduzione dell'offerta formativa; introduzione della figura sbagliata del tutor; sostanziale diminuzione degli organici e persino delle tanto reclamizzate ore di Inglese.
Eppure radiogiornali, telegiornali, televideo hanno battuto e ribattuto su di un concetto: si dovrà andare a scuola fino a 18 anni.
Si tratta di una estensione dell'obbligo? Non proprio. Non si parla infatti più di obbligo, bensì di un meno cogente diritto/dovere.
Infatti gli studenti che abbiano terminato i corsi del primo ciclo di studi, potranno alternare studio e lavoro, potranno, per esempio, accettare un contratto da apprendisti. Ha ragione il pedagogista Bernardo Vertecchi quando sostiene che il concetto-chiave di "formazione" ricorre in modo ossessivo in questa visione piccina della scuola: non come educazione in senso generale bensì come formazione al lavoro. Un vecchio, anzi decrepito, sogno della destra di distinguere nettamente fra il percorso degli Istituti tecnici e quello dei Licei. Ma già si prospetta un boom dei Licei o dei passaggi dagli Istituti Tecnici ai Licei: ragazzi e famiglie hanno intuito che, per quanto deperita e definanziata, quella è la scuola in qualche modo di serie A. Naturalmente chi può pagare alte rette, si rifugia nelle scuole paritarie o va a darvi gli esami di maturità.
Intanto la protesta di base si estende e si solidifica. In molti Istituti di Roma studenti, docenti e famiglie hanno deciso insieme di non cambiare, nella sostanza, di una virgola il modo di insegnare avvalendosi della autonomia scolastica. L'ultima mazzata: una delle tre famose I berlusconiane, l'Inglese, ha assaggiato l'accetta morattiana che riduce le ore di insegnamento a meno della metà nelle Medie e del 31 per cento alle Elementari. Una scuola già inadeguata scivola indietro anziché risalire.