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Gazzetta del sud-Scuola, la riforma senza pace

SCUOLA, LA RIFORMA SENZA PACE Francesco Bonardelli I l rinvio di un anno della riforma delle Superiori...

16/10/2005
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Gazzetta del Sud

SCUOLA, LA RIFORMA SENZA PACE

Francesco Bonardelli

I l rinvio di un anno della riforma delle Superiori non rappresenta di per sé un ostacolo all'attuazione: a meno che non si continui a sperare in una sua totale soppressione, nel vezzo tutto nostrano di ripartire da zero a ogni cambio di maggioranza politica. Le difficoltà esistono, dal punto di vista organizzativo; e per una volta si sono rivelate provvidenziali per una "pausa di riflessione" riguardante la sostanza, più della forma, del decreto. Nell'unica, vera problematica insoluta e attualmente insolubile, concernente l'eccessiva rigidità nella divisione dei percorsi formativi: da un lato i licei, dall'altro la formazione professionale. Ovvero, da un lato chi vuol continuare a studiare, e dall'altro chi vuol prepararsi a lavorare. Con l'aggravante di una scelta di fatto imposta dopo la licenza media, e quindi a soli tredici anni di età. E pur con "passerelle", possibilità di ripensamento senza penalizzazioni, itinerari didattici e addirittura sovrapposti nello stesso anno scolastico, la selezione rimane eccessiva: al punto da invalidare come accade gli effetti anche positivi di altre, tante altre caratteristiche dell'innovazione. La "pari dignità" del sistema, insomma, si realizzerebbe solo a livello di enunciato; provocando peraltro difficoltà organizzative e gestionali alle Regioni, come riferimenti unici e stabili di ogni attività alternativa allo studio nei licei. Anche se di fatto e qui il rinvio potrebbe essere utile per smorzare i toni e individuare vere alternative di percorso una differenziazione tra l'istruzione e gli indirizzi formativo-professionali esiste già; come esiste, del resto, una ulteriore distinzione, anch'essa netta e rigida, all'interno delle stesse opzioni per il prosieguo del cammino scolastico. I dati parlano chiaro: percentuali vicine alla totalità dei casi, raccontano di scelte per il Classico, per lo Scientifico e per le Scienze sociali da parte dei diplomati d'istruzione secondaria di primo grado con giudizi lusinghieri. Ottimo o distinto, tanto per riprendere le datate definizioni. Mentre altrettanto chiare risultano le opzioni per gli istituti tecnici e professionali da parte dei licenziati con spesso assolutamente irreali giudizi di "sufficienza". Bravi da un lato, meno bravi dall'altro; come nelle divisioni tra volenterosi e somari, ai tempi del libro Cuore. È su questa tendenza, anzi su questa realtà, che occorrerebbe agire; senza utopie o illusioni, sulla tenuta di un sistema che più non regge. Altro che a tredici anni; prima, molto prima vanno individuate le attitudini e vanno corretti i difetti, intervenendo su un disagio che provoca di fatto l'impossibilità di una scelta. Che può essere sì per lo studio o per il lavoro di più immediata prospettiva: ma con la coerenza e la cognizione di causa, non dettate certo dalle difficoltà di rendimento o dalla pressoché totale demotivazione. Se opzione dev'essere, non si giustificano allora nella prospettiva della riforma, come nella situazione odierna le tollerate, anzi incoraggiate differenziazioni tra chi ha voglia e chi non ha voglia di studiare: perché alla presunzione della prima ipotesi, si aggiunge così di fatto l'assurdo della seconda. Dal momento che il fallimento nello studio è prima molto prima fallimento della scuola, che fallimento dell'alunno.

(domenica 16 ottobre 2005)


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