Gazzetta del sud-INGLESE FOREVER IN OGNI SCUOLA-Ma salta al 2003 l'iscrizione a 5 anni d'età
Ma salta al 2003 l'iscrizione a 5 anni d'età INGLESE FOREVER IN OGNI SCUOLA Francesco Bonardelli L' int...
Ma salta al 2003 l'iscrizione a 5 anni d'età
INGLESE FOREVER IN OGNI SCUOLA
Francesco Bonardelli
L' introduzione dell'insegnamento curriculare della lingua inglese già all'esordio degli alunni tra i banchi delle elementari non è solo l'ovvia conseguenza di anni, di decenni di sperimentazioni e progetti. Non è solo la fine dell'incubo delle altre lingue straniere, importanti ma alternative, giocoforza 'imposte' agli allievi e soprattutto ai genitori nella divisione in sezioni. Non è solo l'incidenza dei tempi sull'istruzione, ultima ad accorgersi dell'indispensabile. È anche una piccola-grande rivoluzione all'interno delle strutture formative, oggi in gran parte inadeguate a recepire la novità. I docenti, anzitutto. Qui cominciano a sentire profumo di "sistemazione" non pochi intelletti parcheggiati in graduatoria: se inglese sarà per tutti e per sempre '#8211; altrimenti inutile cominciarlo in prima elementare e interromperlo in prima media '#8211; molte nuove cattedre dovranno essere istituite in ogni ordine di scuola. Attuando di fatto il doppio insegnamento di lingue straniere comunitarie, da lungo tempo promesso e mai definitivamente attuato, se non con la provvisorietà di singoli e quindi privilegiati contesti. Ma insegnare, insegnare a esprimersi con altro idioma, non è solo questione di cattedra, sedia e registro. Servono, dove non ci sono, i laboratori linguistici. Servono, dove non ci sono, docenti aggiornati in grado di trasmettere conoscenze attraverso le opportune strategie. Che fino a oggi, almeno, non si imparano certo tra i megaprogrammi e i poderosi impegni universitari.
M a c'è di più. Per il principio '#8211; mai tramontato '#8211; della scelta e dell'esclusione, o si valorizzeranno contemporaneamente le altre lingue comunitarie oggetto d'insegnamento scolastico, dunque il francese, lo spagnolo, il tedesco, o si assisterà a un costante, ingiusto e penalizzante declino nell'attenzione e nell'interesse a tali, specifiche culture. Passo indietro, in logica e prospettiva europea; e ulteriore, errata percezione dell'importanza dello studio delle lingue straniere. La voce di popolo '#8211; che comunque, senza esagerare in paralleli, è sempre voce importante '#8211; identifica infatti con l'inglese l'inizio e la fine di ogni diversa acquisizione linguistica da quella nazionale. Ora, a parte il fatto che anche l'italiano non è che (da tutti) si conosca poi tanto bene, introdurre l'inglese dalla prima elementare dovrebbe servire a incentivare, e non a limitare, l'insegnamento di lingue e culture straniere. Occorre un investimento solido e deciso per aumentare le opportunità, dunque per rendere obbligatoria '#8211; come avviene già nell'Europa evoluta '#8211; la conoscenza di almeno due idiomi comunitari. E qui arriverà inflessibile la mannaia dei tagli di spesa del ministro Tremonti. Già ha frenato l'iter della riforma Moratti al Senato, dando involontariamente una mano all'opposizione che frapponeva 500 emendamenti. È ormai certo che l'abbassamento dell'età scolare a cinque anni non potrà scattare il prossimo settembre, ma un anno dopo. Al massimo potrebbe essere provato in via sperimentale se la commissione Cultura del Senato approvasse l'art. 2 entro il 31 luglio. Per l'inglese la mannaia dei tagli di spesa potrebbe essere evitata con l'idea, già enunciata, di una razionalizzazione dei programmi e delle materie d'insegnamento. Non ci sono troppi professori, ma ci sono sì troppe discipline rigidamente divise. I cui contenuti potrebbero essere condensati in unica materia di studio, liberando risorse a posti disponibili per i nuovi insegnamenti. Una cosa è la storia, una cosa la geografia, ad esempio. E chi l'ha detto? Una cosa la matematica, un'altra la fisica, e via dicendo. Certo, a dividere c'è sempre da guadagnare, in ordine espositivo e quindi in apprendimento. Ma a esigenze estreme, estremi rimedi. Del resto, proprio da noi in Italia, non moltissimo tempo addietro, si era inventata l'educazione tecnica maschile e quella femminile, per salvare le cattedre. Come l'educazione fisica per i bimbi e quella per le bimbe. Con buona pace della conveninente parità.
O ra bisognerebbe sforzarsi nel rimodulare le discipline di studio; mantenendo gli attuali livelli occupazionali, ma nel contempo consentendo di spostare in avanti l'orizzonte culturale in ambito linguistico. Non dimenticando, peraltro, un dato fondamentale: è un inglese tecnico, da computer e da internet, quello che alla fine si dovrà garantire nella formazione delle generazioni nuove. Uno sforzo ulteriore che, partendo da " this is a pen ", non si fermi a qualche sonetto o a qualche banale traduzione da conversation , " good morning " e tutti a casa. Allora l'aggiornamento dei docenti, soprattutto dei docenti già in servizio e da non pochi anni, diverrà carta vincente di scommessa. Per equilibrare i livelli di conoscenza dei nostri giovani con quelli delle altre nazioni, e per annullare il loro senso d'inferiorità nei confronti dei coetanei inglesi; che già a due anni cominciano a parlare inglese.
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