Francia, la scuola diventa obbligatoria dai tre anni
Gli asili così diventeranno estesi a tutta la fascia di bambini dai tre ai sei anni: in Francia già il 97% dei bambini è scolarizzato a tre anni, ma con quest’iniziativa si punta ad estendere la materna ad altri 26 mila bambini
Il presidente francese, Emmanuel Macron, ha deciso di abbassare l’età per la scuola dell’obbligo dai 6 ai 3 anni a partire dall’anno scolastico 2019. Una misura più che altro simbolica per valorizzare il ruolo delle materne dal momento che già quasi tutti i bambini francesi frequentano la scuola a quella età, seppure con alcune differenze sul territorio: secondo una stima preliminare, l’ampliamento dovrebbe riguardare 26 mila bambini, visto che secondo i dati dell’Istituto nazionale delle statistiche il 97 per cento dei bambini è già scolarizzato a tre anni. Un dato più alto rispetto alla media dei paesi dell’area Ocse, al 70 per cento.
Dal 2019
«Questa decisione traduce la volontà del presidente di fare della scuola un luogo di uguaglianza reale e un riconoscimento della materna, che non deve essere più considerata come una preparazione alla scuola elementare» afferma l’Eliseo. La legge, che verrà annunciata più tardi nella giornata, entrerà in vigore nel 2019.
In Italia
Anche in Italia la legge 0-0 della senatrice Francesca Puglisi puntava a rendere obbligatoria la scuola materna, per allargare la platea dei bambini che la frequentano, che invece varia moltissimo tra le regioni del Sud Italia (con una bassissima partecipazione all’asilo) e quelle del Nord, dove invece la scuola dell’infanzia è capillare e diffusa. La sua proposta è stata poi solo in parte recepita da uno dei decreti di attuazione della Buona scuola, l’anno scorso, con incentivi per supportare le scuole materne ma senza quel criterio dell’obbligatorietà che avrebbe portato l’Italia ad affiancarsi agli altri Paesi europei. Gli obiettivi strategici del nuovo sistema integrato di istruzione per la fascia 0-6 sono meno ambiziosi di quelli francesi: il 33% di copertura della popolazione sotto i 3 anni di età, la presenza di nidi in almeno il 75% dei Comuni, la qualificazione universitaria per le insegnanti dei nidi, la formazione in servizio per tutto il personale, il coordinamento pedagogico fra nidi e scuole dell’infanzia, la riduzione delle rette. Ma è un primo passo: per il primo anno di attuazione sono stati già stanziati 209 milioni (saranno 239 milioni a regime), i cui criteri di riparto hanno avuto il via libera in Conferenza Unificata lo scorso 2 novembre e che, dopo il via libera del CdM, saranno assegnati agli Enti Locali, sulla base della programmazione già fatta pervenire dalle Regioni.