Formazione permanente e certificazione fanno paura al padrone
La Confindustria ha chiesto lo stralcio dei quattro articoli sull’apprendimento permanente contenuti nel disegno di legge del Governo “sulla riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita”.
Fabrizio Dacrema
La Confindustria ha chiesto lo stralcio dei quattro articoli sull’apprendimento permanente contenuti nel disegno di legge del Governo “sulla riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita”. Una presa di posizione talmente arcaica da far tornare alla mente slogan degli anni settanta in cui gli imprenditori erano chiamati padroni. Sebbene poco commentata dagli osservatori la notizia è infatti rivelatrice degli “spiriti animali” che prevalgono nel mondo imprenditoriale italiano nei momenti decisivi.
Confindustria si oppone all’introduzione, finalmente anche in Italia, di una normativa ispirata alla strategia europea di lifelong learning: mentre si fa paladina della flexsicurity ne rifiuta così uno dei presupposti essenziali. La flessibilità del lavoro (in entrata, in uscita, nell’organizzazione produttiva) senza sistemi tesi ad accrescere e valorizzare le conoscenze e le competenze delle persone che lavorano (e che cambiano lavoro) sarà sempre e solo una cattiva flessibilità perché si traduce in precarietà e sfruttamento.
Gli articoli che agitano Confindustria prevedono la costruzione di un sistema nazionale per l’apprendimento permanente: definizione del concetto di apprendimento permanente e dei soggetti che concorrono alla sua realizzazione, individuazione dei criteri e delle priorità delle linee guida per la costruzione di sistemi integrati territoriali, individuazione di principi e criteri direttivi per un decreto legislativo per l’individuazione e la validazione degli apprendimenti non formali e informali e per linee guida finalizzate alla costruzione di un sistema nazionale di certificazione delle competenze.
Ovviamente si tratta di norme che possono essere migliorate, ma non devono certo essere cancellate perché rappresentano un importante passo avanti per il paese e un significativo risultato per tutte quelle forze che in questi anni si sono battute per il diritto all’apprendimento permanente, a partire dalla Cgil che ha raccolto 130.000 firme per una proposta di legge di iniziativa popolare.
Manca una chiara affermazione del diritto di ogni persona all'apprendimento permanente e mancano, di conseguenza, le misure necessarie a rimuovere gli ostacoli economici e di tempo che impediscono ai cittadini la partecipazione alle attività formative quali, ad esempio, defiscalizzazioni delle spese per la formazione, permessi e congedi formativi. Tutte le disposizioni riguardanti questa materia, infatti, non possono comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Questo è naturalmente l’aspetto più incoerente del provvedimento, anche se non sfugge che la costruzione di un sistema nazionale e di sistemi territoriali integrati per l’apprendimento permanente permetta un migliore utilizzo delle risorse esistenti attraverso una maggiore capacità di realizzare sinergie e di finalizzare la spesa. La formazione permanente è, infatti, un settore dove spesso si è speso male a causa si sovrapposizioni, frammentazione e insufficiente qualificazione dell’offerta formativa.
Positiva quindi la previsione di linee guida, da definire in sede di Conferenza Unificata Stato Regioni, per la costruzione di sistemi integrati territoriali connessi alle strategie locali di sviluppo economico e civile. Sono previsti: piani triennali di intervento con azioni di sostegno a percorsi personalizzati di formazione, garanzia della certificazione delle competenze, presenza di servizi di orientamento, coinvolgimento anche delle università. È, infatti, a livello territoriale che si gioca la partita decisiva per l’individuazione di misure per informazione, orientamento e sensibilizzazione delle fasce deboli della popolazione, quelle più escluse dai percorsi di formazione permanente.
È molto importante, inoltre, la previsione di un decreto legislativo, da adottare entro sei mesi dall’approvazione della legge, per fissare le norme generali per la validazione degli apprendimenti non formali e informali e per la certificazione delle competenze. Si tratta di un passo avanti decisivo per la diffusione dell’apprendimento permanente e per la motivazione degli adulti a partecipare alla formazione e a riprendere i percorsi di istruzione. Importante anche l’effetto contrattuale per la valorizzazione della formazione e delle competenze comunque acquisite ai fini retributivi, negli inquadramenti e nei percorsi di carriera, oltre alla funzione decisiva svolta dalla certificazione nelle transizioni lavorative. Saranno definite procedure e criteri di validazione degli apprendimenti, standard nazionali e procedure di certificazione delle competenze in modo da garantire la spendibilità delle competenze certificate su tutto il territorio nazionale, nell’Unione Europea e nei percorsi di istruzione. È prevista la costituzione di un sistema pubblico nazionale di certificazione delle competenze di cui faranno parte soggetti accreditati e abilitati alla validazione degli apprendimenti e al rilascio delle relative certificazioni che saranno registrate nel libretto formativo del cittadino.
Perché Confindustria ostacola norme che in altri paesi europei hanno favorito la “flessibilità buona” e la crescita economica? Teme la certificazione pubblica delle competenze per gli effetti di valorizzazione anche retributiva del lavoro che ne conseguirebbe, rifiuta che i Fondi bilaterali per la formazione continua dei lavoratori siano considerati parte dei sistemi territoriali integrati per l’apprendimento permanente. Eppure nel manifesto per la cultura promosso dal Sole 24 ore si sostiene l’opposto, la sinergia degli interventi è considerata essenziale per fare della cultura e delle competenze del lavoro il motore il motore della crescita economica.
Decisamente più coerenti CGIL, CISL e UIL che, invece, in una lettera al Ministro Profumo valutano positivamente il “capitolo dedicato all’apprendimento permanente e alla costruzione di un sistema integrato che prevede, in particolare, la certificazione delle conoscenze e delle competenze comunque acquisite”. Inoltre, “auspicano che i capitoli sull’apprendimento permanente siano mantenuti nel corpo del disegno di legge e che, a seguito dell’approvazione del provvedimento, si provveda all’immediata apertura di un tavolo di confronto”.