CORRADO ZUNINO
C’È UNA nuova fatica per Mariastella Gelmini, ministro dell’Istruzione, aspirante coordinatore del Pdl. La sua scuola “a premio” non parte: la sperimentazione per definire i docenti migliori delle elementari, medie e superiori del paese e premiarli con uno stipendio in più, una quattordicesima ad personam, è stata bocciata sonoramente nelle due città scelte come campione.
A Torino, in maniera plebiscitaria: su 118 scuole, per ora solo il liceo Gino Segrè, in collina, ha detto sì (era finita 15 a 15, è stato decisivo il voto favorevole del preside). A Napoli il "no" è stato altrettanto netto: in attesa dei risultati definitivi sulle 625 scuole del grande plesso, di certo si sa che fin qui hanno accettato la sperimentazione cinque istituti. La plateale rinuncia di massa alla mensilità extra mostra come il blocco docenti - al Nord e al Sud - voglia portare avanti una contestazione radicale nei confronti di una riforma articolata su tagli certi (8 miliardi in tre anni alla scuola pubblica) e innovazioni di carattere privatistico.
Il ministro ha letto i "report" dei funzionari, che hanno messo in evidenza il lavoro "contro" svolto da Cgil e Cobas, e ha deciso di spostare in avanti, al 7 febbraio, la chiusura della sperimentazione. Quindi, ha allargato la fascia di scuole da sondare alla provincia di Torino, tendenzialmente meno corazzata sul piano sindacale, e alla città di Milano, dove la Gelmini conta di trovare le dieci scuole che alla fine sceglieranno i loro prof migliori. È possibile che, viste le difficoltà a trovare i docenti da premiare, scivoli in avanti anche il pagamento del premio, previsto per la metà di maggio.
Cristina Martin, 43 anni, insegna da vent´anni e nelle ultime stagioni le è stata affidata la matematica al liceo delle scienze umane Regina Margherita, vicino alla stazione di Torino. Dice: «Non ci spaventa essere valutati, ma non vorremmo partecipare a una gara che ci mette uno contro l´altro per un riconoscimento una tantum piuttosto scarso e basato su criteri inafferrabili». Ecco, i criteri. Una delle cose più contestate è la modalità del voto: in pratica, ci si affida a un´autovalutazione. Ogni docente che si ritiene all´altezza del premio invia il curriculum vitae e compila una scheda in cui precisa le bontà della sua didattica e i risultati ottenuti. Il preside, aiutato da due insegnanti, deciderà quindi qual è l´autovalutazione migliore. «Avremmo preferito un giudizio su un percorso didattico visto negli anni», ancora la professoressa Martin, «e poi i soldi recuperati per elargire questi premi sono stati tolti ai colleghi precari. Non possiamo accettarlo. Non voglio la carotina, per dimostrarti che sono in gamba vorrei la costruzione di una carriera seria con una prospettiva di busta paga seria».
Sempre a Torino, ma in un´elementare periferica, il Circolo didattico Ferruccio Parri, insegna Caterina Di Mauro, 50 anni, ventotto dedicati alla professione. Spiega il suo "no" al premio sullo stipendio: «Negli istituti si lavora in collegialità, non si può esaltare l´individualismo. Da noi tutto il collegio si è schierato contro e c´è stato un solo astenuto. Le scuole che funzionano hanno un corpo docenti unito, conosco colleghi filogovernativi che pure hanno bocciato questa sperimentazione. Non crediamo a un insegnante più bravo di un altro, tutti ci rimbocchiamo le maniche dentro edifici con l´amianto a tetto e i bagni rotti. Il premio al docente è un´operazione raffazzonata e pubblicitaria: da una parte ti tolgono gli scatti d´anzianità e dall´altra ti premiano una volta l´anno affidandosi alla tua autostima. Il messaggio che questo governo fa passare è: gli insegnanti vanno valutati perché sono lavoratori privilegiati. E noi rispondiamo rifiutando la quattordicesima della Gelmini».
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