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Fioroni: proteggere chi insegna da anni senza posto garantito

«Se Profumo bandisce un concorso mantenendo le vecchie regole, questo servirà a far scrivere qualche pagina di giornale ma non a cambiare la scuola italiana».

03/09/2012
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Il Messaggero

Suo figlio ha finito, sta per prendere la laurea specialistica in Marketing management e all’epoca non apprezzò il fatto che il padre riformasse l’esame di maturità proprio l’anno in cui doveva darlo lui. Si mostra scettico Giuseppe Fioroni, ministro dell’Istruzione del governo Prodi dal 2006 al 2008: «La scuola - dice mentre va a chiudere il meeting delle Acli a Telese - ha bisogno di più fatti e meno annunci. Ha bisogno di docenti che non siamo mai più precari, la precarietà è l’ultima cosa che serve a chi deve lavorare con i nostri figli».
Le scelte del governo Monti e del ministro Profumo non vanno forse in questa direzione? Il concorso non porrà fine definitivamente alle graduatorie?
«Profumo ha bandito un concorso avvalendosi della norma introdotta dal governo Prodi nel 2007, quando il Parlamento approvò la delega all’esecutivo per definire le modalità di nuovo reclutamento del personale della scuola. Purtroppo questo passo fondamentale non è stato compiuto nè da Gelmini nè da Profumo e siamo quindi solo all’ultimo atto della vecchia metodologia».
Non crede che risolverà il problema delle migliaia di docenti in attesa della cattedra?
«L’attuale sistema di reclutamento prevede graduatorie permanenti. E’ precarizzante. Significa che fa salire un docente a 25 anni su un ascensore e lo porta a 50 senza che abbia ancora la certezza del proprio lavoro. Ma nonostante tutto la scuola italiana deve dire grazie ai precari generati da questo sistema sadico, di sofferenza, che sono riusciti comunque a educare milioni di ragazzi negli ultimi decenni».
Qual è, o qual era, la sua ricetta per uscire da questo ginepraio, e pensa possa essere ancora applicabile?
«Le graduatorie permanenti devono essere trasformate in graduatorie a esaurimento, come facemmo noi nel 2006. Vanno chiuse riconoscendo agli insegnanti il diritto di accedere al tempo indeterminato, frutto di anni di sacrificio e di impegno. Nel Quaderno bianco scritto con il ministro dell’Economia Padoa-Schioppa noi varammo un piano triennale per 150mila assunzioni che avrebbe portato all’esaurimento delle graduatorie nel 2012-13; purtroppo il ministro Tremonti le bloccò a 75mila, i fondi per la scuola furono tagliati di 8 miliardi e ci fu una riapertura surrettizia delle graduatorie...».
Quindi cosa bisognerebe fare oggi?
«Chiudere definitivamente le graduatorie come nel 2006. Calcolare il numero reale dei precari. Stabilire la data entro la quale potranno vedere riconosciuti i loro diritti. E’ una vergogna che questi docenti che ogni mattina educano i nostri figli vengano equiparati a gente senza merito. Il precario non è un abusivo, nè un furbo che ha rubato allo Stato, ma è la vittima di un sistema che lo ha sfruttato».
E il passo successivo?
«Predisporre un nuovo regolamento per il reclutamento basato su principi che modifichino la formazione del docente. Oltre alla teoria, bisogna dare valenza al tirocinio pre-laurea e al praticantato post-laurea, quindi alla scuola vissuta, perché io posso essere bravissimo nelle mie conoscenze ma non bravo a insegnare. Mettere mano a questa forma di reclutamento è ben più di un concorso».
Ritiene troppo lungo l’iter per diventare insegnante?
«Indubbiamente. Oggi funziona così: 3 anni per la laurea più altri 2 per la specialistica dopo aver superato un esame a numero chiuso, e ancora altri 2 di tirocinio formativo attivo sempre a numero chiuso. Quindi 7 anni per avere il titolo per partecipare al concorso: sono troppi. Bisognerebbe incorporare almeno la parte teorica del tirocinio nella laurea specialistica, così gli anni diventerebbero 3 più 2 più 1, 6 in tutto, con l’ultimo non più a numero chiuso. Poi la valutazione spetterebbe alle scuole».
Quindi adesso siamo da capo a dodici?
«Se Profumo bandisce un concorso mantenendo le vecchie regole, questo servirà a far scrivere qualche pagina di giornale ma non a cambiare la scuola italiana».
Fr.Nu.
 


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