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Ferie, l'Inps contraddice il Tesoro

Se non godute, vanno pagate ai dipendenti in uscita a luglio. La nota nega gli effetti retroattivi del divieto. Anche l'Istruzione ora potrebbe fare altrettanto

07/08/2012
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ItaliaOggi

Carlo Forte

L'Inps contraddice il ministero dell'economia: la monetizzazione delle ferie va corrisposta ai dipendenti cessati prima del 7 luglio scorso. La precisazione è stata emanata dall'ente previdenziale presieduto da Antonio Mastrapasqua con il messaggio 26 luglio 2012, n. 12486: due giorni dopo quella di segno opposto, adottata da via XX settembre (si veda Italia Oggi de di del 31 luglio scorso).

E vale solo per i dipendenti dell'Inps. Ma l'intepretazione adottata dall'ente è altrettanto autorevole e coincide con quella esplicitata da Italia Oggi nel numero di martedì scorso. «Si precisa che le disposizioni introdotte dal decreto legge 6 luglio 2012, n.95 » si legge nel provvedimento «in questa fase di prima applicazione, interessano tutto il personale, compresi dirigenti e professionisti, cessato dal servizio a decorrere dal 7 luglio 2012, data di entrata in vigore del predetto decreto legge».Pertanto, conlude l'Inps «la previgente normativa contrattuale, che prevedeva la monetizzazione delle ferie non fruite per esigenze di servizio all'atto della cessazione dal rapporto di lavoro, trova applicazione esclusivamente nei confronti del personale cessato entro e non oltre il 6 luglio 2012». In buona sostanza, dunque, l'ente previdenziale applica il principio di irretroattività della legge contenuto nell'art.12: «La legge non dispone che per l'avvenire: essa non ha effetto retroattivo».

Resta il fatto, però che le ex direzioni provinciali del tesoro, competenti al versamento delle indennità per ferie non godute, non prendono ordini dall'Inps, ma dal ministero dell'economia. Il dicastero guidato da Vittorio Grilli ha bloccato tutto, ordinando agli uffici periferici di sospendere i pagamenti in attesa che il decreto 95/2012 venga convertito in legge. Non di meno, secondo quanto risulta a Italia Oggi, il ministero dell'istruzione sarebbe già al lavoro per affontare il problema con un apposito provvedimento con il quale verranno analizzate le varie situazioni e saranno impartite disposizioni agli uffici periferici. Disposizioni, però, che non potranno incidere sul divieto di monetizzazione previsto dal decreto 95. Oltre tutto il decreto non emanda l'attuazione all'emanazione di regolamenti governativi. Pertanto il ministero non potrà fare altro che spiegare le novità adottando, nei limiti del possibile, accorgimenti intepretativi per limitare i danni. E a confortare la tesi della inderogabilità controbuisce anche l'inderogabilità delle norme di legge per via contrattuale introdotta dalla legge 15/2009. Che sbarra la strada ad ipotesi di temperamento da introdurre in sede negoziale.

Non di meno, la specificità della scuola in materia di contratti a termine induce a ritenere che un'applicazione senza deroghe e adattamenti del divieto posto dal decreto 95, finirebbe col creare un contenzioso di proprozioni imponenti. Probabilmente anche seriale. Si pensi alle situazioni impossibilità materiale, in caso di supplenze brevi.

Oppure alle proroghe dei contratti adottate di recente per gli esami, che rischiano di creare disparità di trattamento tra chi ha terminato il servizio al 30 giugno e chi ha lavorato per qualche settimana in più. Resta il fatto, però, che la conversione in legge del decreto 95 è ormai alle battute finali. Ieri, infatti, è cominciato l'esame alla camera del testo approvato dal senato il 31 luglio scorso (C 5389). Testo che non ha subito alcuna modifica circa il divieto di monetizzazione delle ferie. E che, quasi certamente, sarà approvato così com'è anche dalla camera. L'approvazione di eventuali emendamenti, infatti, comporterebbe la la necessità di una rilettura al senato.

 


 


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