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Federazione dei lavoratori della conoscenza -intervista a MArco Valerio Broccati

22.06.2004 https://www.bernabe.it/Bernabe/00/00c.asp?i00=02'i01=06'i02='i03='i04='i05='i06='i20='iCOM='iANC= Federazione dei lavoratori della conoscenza Recentemente le org...

23/06/2004
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22.06.2004
https://www.bernabe.it/Bernabe/00/00c.asp?i00=02'i01=06'i02='i03='i04='i05='i06='i20='iCOM='iANC=
Federazione dei lavoratori della conoscenza
Recentemente le organizzazioni della scuola, dell'università e della ricerca della CGIL si sono unite nella Federazione dei Lavoratori della Conoscenza. Perché questa scelta? Lo chiediamo a Marco Broccati, segretario nazionale aggiunto della neonata FLC.
Negli ultimi anni è diventato sempre più evidente come la produzione, la riproduzione e la trasmissione delle conoscenze abbiano assunto un ruolo centrale in tutte le società sviluppate, sia come motore fondamentale per la crescita economica, sia come elemento centrale dello sviluppo sociale, individuale e collettivo. E' il fenomeno che è stato individuato come "società della conoscenza", proprio ad indicare il ruolo fondamentale che il sapere ha assunto nel mondo occidentale. Sul piano economico, tutti i settori trainanti e ad alto valore aggiunto sono caratterizzati da una quota di sapere incorporato molto rilevante, al punto che possiamo dire che la creazione di valore e di ricchezza si è oggi spostata dal luogo fisico della produzione materiale di beni al luogo della creazione di sapere e di know-how. Si pensi all'ingegneria genetica, alla farmaceutica, all'informatica, alla microelettronica, alle scienze dei materiali. Chi produce conoscenza svolge oggi, e ancora di più domani, un ruolo di volano dello sviluppo paragonabile a quello che fu negli anni '50 e '60 la produzione di beni di consumo durevoli. Sul piano sociale si rende evidente come il sapere costituisca la risorsa più preziosa su cui ogni individuo-cittadino può contare per organizzare e decidere la propria vita ed il proprio destino. Mai come oggi la carenza di formazione e di sapere ha rappresentato il più forte elemento di esclusione sociale e di negazione di diritti e opportunità; in una società complessa e competitiva essere ignoranti significa automaticamente essere deboli. La Cgil ha messo quest'analisi al centro del proprio progetto, e da anni propone in tutte le sedi il binomio formazione-ricerca come snodo decisivo per il futuro del Paese. La nascita di un nuovo sindacato che si propone di rappresentare tutti coloro che a qualsiasi titolo producono e trasmettono sapere è la conseguenza diretta di quest'approccio. Abbiamo la consapevolezza che è necessaria una lettura e una rappresentanza unitaria ed integrata dei processi della conoscenza, se vogliamo comprenderli ed indirizzarli: ha senso parlare di riforma dell'Università se tale riforma non è direttamente collegata con il sistema scolastico e con i suoi risultati, che determinano la preparazione di chi entra all'Università, e quindi condizionano l'attività dell'Università stessa? Ha senso proporre un approccio solo pubblico o solo privato ai temi della ricerca, che è un'attività per definizione globalizzata, e che vive dello scambio continuo di informazioni e risorse intellettuali? Oggi la sfida a governare i grandi temi della formazione e della ricerca passa attraverso l'integrazione delle funzioni, la capacità di leggere i processi in modo complessivo e coordinato, di proporre soluzioni che innalzino la qualità dell'intero sistema formativo e di ricerca. E anche per il sindacato è necessario un soggetto rappresentativo che offra una capacità di intervento globale e non settoriale: per questo nasce la Federazione dei Lavoratori della Conoscenza.
Nel corso degli ultimi tempi, i lavoratori di questi settori hanno fatto sentire la loro voce contro alcuni provvedimenti del Governo, con la nuova organizzazione è cambiato anche il modo di progettare la politica sindacale?
Per le ragioni già ricordate, è necessario un raccordo progettuale ed operativo forte tra tutti gli operatori dei nostri settori: ognuno continua ad operare nel proprio ambito professionale ed istituzionale, ma è importante tenere ferma l'idea dell'attività di formazione e di ricerca come un unicum all'interno del quale le connessioni sono continue e multiple. E tutti noi dobbiamo imparare a guardare ai settori contigui come al prolungamento naturale del settore in cui operiamo, proprio perché il nostro obiettivo è di ragionare in termini di assetti di sistema. Del resto è facile comprendere, ad esempio, come i danni provocati dalla riforma Moratti si riverbereranno a medio termine anche sull'Università; o come non si possa produrre una ricerca di qualità se il Governo attacca e indebolisce l'Università pubblica. Scuola, formazione, Università, ricerca sono oggi tutte oggetto di un intervento di controriforma coerente e lucido da parte del Governo, che mira a sminuire la funzione del sistema pubblico a favore del privato, riducendo i diritti e le opportunità per i cittadini. Contro questo progetto regressivo i lavoratori del sapere, dovunque operino, hanno dimostrato di volersi opporre, e di avere ben compreso come i problemi di un singolo settore siano in realtà i problemi di tutti.
Con lo sviluppo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione come è cambiato il mondo del sapere in Italia?
In questi anni l'ICT ha rappresentato la piattaforma materiale, il supporto, su cui si è realizzato un enorme salto di innovazione. Le scoperte degli ultimi anni e i progressi nella ricerca sarebbero impensabili senza una capacità di calcolo e di elaborazione enormemente cresciuta e che continua a crescere in progressione geometrica. Basti pensare alla mappatura del genoma umano, o alla potenza di calcolo necessaria in fisica nucleare. Ed è verosimile che questa attitudine sia destinata a crescere ulteriormente: non solo nella ricerca, ma in modo pervasivo in tutti gli aspetti della nostra vita quotidiana. E' sufficiente pensare a come era organizzata la nostra vita a metà del '900 per percepire la gigantesca distanza tecnologica che ci separa da 50 anni fa. E una parte importante di questo salto è dipesa dall'ICT.
Quali sono i luoghi della politica della ricerca? E' possibile immaginare la vita di un sindacato di categoria indipendente dalle scelte e dai protagonisti europei? Come opera la CGIL in seno all'Europa?
Tutta l'Europa si sta ponendo il problema di come innalzare il livello della formazione e della ricerca, che ormai tutti hanno compreso essere i fattori decisivi per la competizione e la qualità della vita; e tutti, sotto la spinta dell'Unione, dedicano risorse e attenzione crescente a questi settori. Noi siamo l'unico Paese che riduce le risorse, chiude i centri di ricerca, smantella la scuola e l'Università pubbliche, e preferisce regalare soldi con la Tremonti-bis o assumere 15.000 insegnanti di religione scelti dalle diocesi invece che dallo Stato per compiacere la CEI. Grazie a questo Governo siamo già fuori dall'Europa: non solo in termini di bilancio, non solo in termini di perdita di competitività, ma in termini di isolamento politico e di credibilità istituzionale. La FLC ha solidi legami con i sindacati europei di settore, e vede nell'Unione uno spazio progettuale che ci può consentire di superare l'anomalia rappresentata in questo momento dal nostro Paese. (Maura Liberatori)


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