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FdV- Carlo Ghezzi: "Per tenere vivo il ricordo di quei milioni di esseri umani uccisi dalla più grande "macchina" di sterminio attivata dall'uomo". Carlo Ghezzi: "Per tenere vivo il ricordo di quei milioni di esseri

27 gennaio 2005: Giornata della memoria Carlo Ghezzi: "Per tenere vivo il ricordo di quei milioni di esseri uma...

25/01/2005
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27 gennaio 2005: Giornata della memoria

Carlo Ghezzi: "Per tenere vivo il ricordo di quei milioni di esseri umani uccisi dalla più grande "macchina" di sterminio attivata dall'uomo".

Il 27 gennaio del 1945 Primo Levi ed altri detenuti, videro apparire dei cosacchi a cavallo davanti al campo di sterminio di Auschwitz, i militari dell'Armata Rossa nella loro avanzata che si sarebbe arrestata solo l'8 maggio a Berlino con la presa del Reichstag, si trovarono increduli rispetto agli scenari terribili che si trovarono di fronte in quel campo, ne abbatterono i cancelli sui quali troneggiava la scritta "il lavoro vi farà liberi" e misero fine all'orrore che laggiù veniva perpetrato.

Altri campi sarebbero stati trovati nell'Europa centrale, Dachau, Buchenwald, Bergen Belsen, Mathausen, Gusen, Sachsenhaus, altri luoghi di terribile sofferenza vennero alla luce ai quali si aggiunse nel nostro paese, a Trieste, la Risiera di San Saba. La loro scoperta avrebbe reso manifesto l'orrore più grande della storia, l'Olocausto, il tentativo di distruggere e di eliminare sistematicamente un intero popolo per ragioni razziali.
Quel 27 di gennaio è divenuto la giornata della memoria, per non dimenticare, per conservare al futuro dell'Italia e dell'Europa il ricordo di un tragico e buio periodo della storia del nostro paese e del nostro continente. Perché non accada mai più. Per ricordare quei sei milioni di esseri umani, uomini e donne, vecchi e bambini, portati alla morte dalla più grande e micidiale macchina di sterminio attivata dall'uomo, messa in moto dal nazismo contro persone che avevano la sola colpa di essere ebrei.

La persecuzione e lo sterminio degli ebrei furono perseguiti in modo determinato e metodico dal regime nazista, rappresenta l'obrobrio più grande tra i tanti misfatti dei quali il nazismo si è macchiato. Ma la Shoah ebbe coperture ed aiuti anche da altri paesi e dai loro governi. Vi furono anche nel nostro paese esplicite coperture e corresponsabilità con le vergognose leggi razziali varate da Mussolini e controfirmate dal Re Vittorio Emanuele II di Savoia nel 1938. A partire dai rastrellamenti nel Ghetto di Roma nel 1943 il nostro paese permise la deportazione di oltre 8.000 ebrei italiani nei lager tedeschi. Non possiamo dimenticarli, ne dimenticare i numerosi italiani perseguitati insieme con loro per essersi esposti nel nascondere gli ebrei o nel cercare di proteggerli pagando spesso prezzi altissimi, così come coloro che hanno rischiato personalmente molto per la loro azione generosa e solidale.

Altri settori della società europea hanno pagato anch'esse contributi terribili alla follia nazista, zingari, omosessuali, handicappati, molti oppositori politici a partire dai comunisti, Testimoni di Geova. Un numero enorme di persone che sono stati perseguitati ed uccisi. Il cuore della civile Europa ha prodotto nel corso del novecento il più nefasto passaggio nella storia dell'umanità
L'esercizio della memoria è per noi un dovere morale. Va ricordato il passato soprattutto perché non possa più ripetersi quell'abominio, perché non si ricreino le condizioni che ne hanno favorito la realizzazione. Dimenticare quanto accaduto sarebbe folle ed irresponsabile. Non possiamo dimenticare come ed in che modo è nato il nazismo, come ha potuto crescere e fare quanto ha fatto, così come non si può dimenticare chi lo ha supportato e gli è stato alleato, chi lo ha sostenuto. Non possiamo dimenticare coloro che invece, attraverso sacrifici enormi, hanno unito i loro sforzi per poterlo dapprima contrastare e successivamente sconfiggerlo. Solo la memoria e la comprensione di quell'immane tragedia possono costituire la base per un avvenire di pace per tutti i popoli del mondo.
Contro il mostro del nazismo e dei suoi alleati si è combattuta da parte degli Alleati la seconda guerra mondiale che ebbe il suo punto di svolta dapprima a Stalingrado, poi negli sbarchi in Normandia ed in Sicilia.
Contro il mostro del nazismo, nei diversi paesi da lui occupati si è sviluppata in Italia come in Europa quel grande fatto che è stata la Resistenza, caratterizzata da tante prese di coscienza, da tanti fatti anche diversi tra loro, da tanti comportamenti individuali e collettivi spesso diversi tra loro. Non vi è stata una unica Resistenza con una unica ispirazione ed una unica strategia. Vi sono state tante Resistenze che sono confluite in unico grande processo storico e che hanno avuto come tratto unificante la rivolta di uomini e di donne animati da valori forti, protesi alla riconquista della libertà, della democrazia, di una serena e solidale convivenza civile, della fine di ogni violenza dell'uomo sull'uomo, della riconquista della sua dignità, di una più alta giustizia sociale da fare vivere nelle nostre società, della riconquista della pace.

Nel nostro paese, unica eccezione in Europa, le diverse formazioni politiche e culturali che hanno animato la Resistenza, si sono sapute dare anche un unico comando strategico e militare sotto la guida del CLN. Ma la Resistenza in Italia non è stata solo la lotta armata dei 250.000 partigiani sulle montagne o delle SAP e dei GAP nelle città. E' stato un moto di popolo, per tanti tratti spontaneo e diffuso. Resistenza furono anche i civili che aiutarono o partigiani, li sostennero, li foraggiarono, li nascosero, li protessero.

Resistenza fu la scelta dei militari italiani che si schierarono con il Regno dell'Italia del Sud e con gli Alleati contro i tedeschi, che furono massacrati a Cefalonia. Resistenza fu quella dei militari che presero parte alla guerra di Liberazione nel nostro paese risalendo l'Italia, liberando Bologna ed altre città. Resistenza al nazismo fu quella dei prigionieri di guerra italiani catturati in Grecia, in Albania, in Jugoslavia, in altri paesi, che rifiutarono di andare a servire la Repubblica di Salò e che furono internati nei lager tedeschi. Furono 650.000 i militari italiano che fecero questa difficile scelta e ben 50.000 di loro, in meno di due anni di prigionia, trovarono la morte.

Resistenza furono i Comitati Nazionali di Liberazione costituitisi in ogni paese ed ogni quartiere delle grandi città, con la funzione attiva di tante parrocchie, di tante comunità locali.
Resistenza furono i gruppi di difesa della donna, i tanti organismi di massa costruiti a livello di base, le giovani staffette partigiane che permettevano di realizzare difficili e pericolosi collegamenti.
Resistenza fu quella dei lavoratori che seppero difendere i macchinari dalla loro requisizione e dal loro invio in Germania, poi le loro fabbriche, le grandi infrastrutture dalla furia e dalla vendetta dei nazisti in fuga. Resistenza fu il grande contributo del lavoratori di Torino, di Milano, di Genova, di tante altre città d'Italia che minarono il fascismo alle sue radici con il ricorso allo sciopero.

Il contributo dato dai lavoratori alla Resistenza è stato immenso. Con gli scioperi nelle grandi fabbriche del Nord del marzo del 1943, le forze del lavoro hanno accentuato con i loro colpi formidabili la crisi del fascismo che è crollato via via, con il 25 luglio del 43, con l'8 settembre, con la nascita del CLN, contrassegnato dall'unità delle grandi forze popolari che segnò la grande differenza rispetto alle divisioni tra le stesse del 1922, poi l'avvio della Resistenza armata.
Questi scioperi, che secondo le leggi vigenti costituivano un reato grave, furono seguiti nella primavera successiva del 1944 da un ciclo di lotte ancor più grande e più possente, con la fermata di oltre un milione di lavoratori, che hanno caratterizzato la propria opposizione di massa ai fascisti ed ai nazisti, con un carattere partecipato, a viso aperto, non violento, armato solo della propria determinazione di poter affermare: io fermo il mio lavoro, io sciopero per difendere la mia condizione, il mio salario, per i miei diritti, perché finisca la guerra.
Furono quelli degli scioperi costruite su piattaforme di grande concretezza: dalla rivendicazione dell'aumento dei salari e delle razioni di viveri alla mensa, alla fornitura di tubolari di ricambio per le biciclette, dalla possibilità di eleggere i propri rappresentanti in azienda rinnovando la commissione interna, all'invocazione della fine della guerra e dell'avvento della pace.

Il tutto in un contesto nel quale mancavano i generi di prima necessità, mentre i prezzi salivano alle stelle, mentre molti lavoratori e molti macchinari venivano inviati in modo coatto in Germania per alimentare le traballanti capacità produttive della macchina bellica tedesca. Tale impegno corale si sviluppava accompagnato dall'ansia e l'angoscia di tantissime famiglie che avevano un loro caro al fronte, per una guerra di aggressione che si comprendeva essere ormai persa, coinvolti nella avventura più terribile nella quale il fascismo aveva trascinato il nostro paese: la guerra mondiale a fianco dei nazisti. Con le popolazioni di alcune città costrette a vivere tra gli allarmi aerei, sotto le bombe sganciate dagli Alleati.
Quegli scioperi rappresentarono una mobilitazione di massa che non ebbe eguali per ampiezza ed incisività nella Europa governata dai nazi-fascisti in quei lunghi drammatici anni.

La stampa americana esaltò quei segnali imponenti di lotta e di mobilitazione, la fermata dei tranvieri a Milano, lo sciopero delle grandi fabbriche del triangolo industriale. Mussolini, da vecchio organizzatore socialista qual era, comprese bene il significato di quei fatti, così come lo comprese Hitler che ordinò una repressione durissima contro gli organizzatori di quelle lotte.
Il prezzo pagato dai lavoratori fu assai pesante. Se furono più di 40.000 gli italiani che finirono deportati nei campi di concentramento nazisti, tra loro oltre 12.000 furono i lavoratori arrestati e deportati dopo quei fatti e quelle mobilitazioni. Tra indicibili sofferenze morirono quasi tutti, dai campi di sterminio ne sono tornati pochissimi.

E' dunque il lavoro che ha cambiato i termini del confronto in atto con l'intervento delle grandi lotte sulla scena di una Italia impegnata nel conflitto. Tutto ciò ha determinato le basi concrete per l'avvio della Resistenza. Questa nelle diverse forme con le quali si esprimerà, favorirà l'azione degli Alleati nella liberazione dell'Italia, distogliendo sia con la loro azione di guerriglia, che con la creazione di tante piccole repubbliche libere al centro-nord, una parte delle forze armate tedesche dal contrastare militarmente gli anglo-americani, riducendone così le loro perdite e contribuendo a riconquistare libertà e democrazia.
Dopo i grandi scioperi del marzo 44 le forze del lavoro si erano riorganizzate sindacalmente con la stipula del Patto di Roma del 3 giugno, che rifondava la CGIL unitaria e che la faceva divenire uno dei pochi punti fermi, in un paese squassato dagli sbandamenti dell'8 settembre, dalle ferite profonde che la tragedia della guerra avevano inferto a tutta la nostra società.

Questo patto sottoscritto da Di Vittorio, Grandi e Canevari, promosso e sostenuto dai grandi partiti antifascisti, evitò il pericolo della frantumazione sindacale nella ricostruzione, il rinascere di diversi sindacati contrapposti e segnati dalle vecchie divisioni degli anni venti. Il sindacato unitario nato dal Patto di Roma costituì un riferimento importante per i lavoratori del Nord occupato dai nazisti, che si riorganizzavano unitariamente ed unitariamente sostenevano la Resistenza.
Quanto diversa sarebbe la storia del nostro Paese senza quei grandi fatti che affondano le loro radici in quegli scioperi così clamorosi e generosi, quanto sarebbe diversa senza il contributo del lavoro. Di quel lavoro che ha lasciato così il suo segno indelebile sulla Costituzione aperta dall'Articolo 1 che afferma solennemente che l'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro e dall'Articolo 11 che afferma che l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa verso altri popoli.

L'8 maggio è finita la guerra in Europa e con lei il regime nazi-fascista. All'orrore dell'Olocausto è stato così messo fine. Tutta la Resistenza europea ha dichiarato allora solennemente "mai più guerre".
Si è costruita l' Organizzazione delle Nazioni Unite che ha stilato il 10 dicembre del 1948 la Dichiarazione Universale dei diritto dell'Uomo che dichiara: "Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza." Con l'impegno che tutte le controversie internazionali vanno affrontate con gli strumenti della politica e della diplomazia, non più con il ricorso alle armi. Purtroppo vi sono state da allora molte guerre che hanno insanguinato il mondo, molte violenze, molte sopraffazioni, molte violazione della dignità delle persone. Ancora oggi fatti drammatici ed incresciosi sono in corso, sono davanti alle coscienze di tutti noi.

Venga dalla giornata di oggi un appello ed una volontà politica che abbiano la possibilità di invertire il corso di tali terribili storie. In nome di coloro che hanno sofferto quelle vicende orribili che oggi stiamo ricordando, dalle forze che hanno contrastato e sconfitto il nazismo nel nome della libertà, della partecipazione democratica e della tolleranza, delle libera convivenza tra i popoli, venga un rinnovato impegno a riproporre quei riferimenti, quelle idealità, quegli obiettivi e quei valori che permisero loro di superare tante sofferenze. Per proporre alle future generazioni la speranza di un mondo più giusto, per costruire qui ed ora un mondo di pace.

Carlo Ghezzi, Presidente Fondazione Di Vittorio.

La Fondazione sostiene tutte le iniziative che si svolgeranno per ricordare la Shoah.
Segnaliamo a tal proposito l'iniziativa più significativa che si terrà a Milano il 30 gennaio con manifestazione a Piazza Duomo.


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