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Enea, nucleare da piangere

Il governo ha deciso la moratoria di un anno. Ma l'ente che dovrebbe occuparsi di sviluppo atomico è già da tempo alle pezze. Quasi dimezzati i dipendenti, tagliata selvaggiamente la ricerca, manca perfino l'inchiostro per le stampanti.

26/03/2011
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L'Espresso

di Federico Formica

Prima di cominciare a progettare centrali nucleari, bisognerebbe almeno comprare i toner delle stampanti. Perché nei laboratori bolognesi dell'Enea non ci sono neanche più i soldi per quelli. I ricercatori devono aprire il portafoglio e pagarseli da soli. Più che Rinascimento atomico, nelle stanze dell'agenzia di ricerca la sensazione più diffusa è che sia invece cominciato un Medioevo. Fatto di tagli, mancate assunzioni e un commissariamento che compirà presto i due anni.

Perché quando si parla di energia nucleare in Italia, il punto di riferimento è ancora l'Enea. Fin dal 1960, quando si chiamava ancora Cnen (Comitato Nazionale per l'Energia Nucleare) ed era il fiore all'occhiello della ricerca scientifica e tecnologica applicata all'atomo. In Italia e nel mondo. Ci lavoravano 5000 dipendenti. Tre su quattro erano a tempo pieno su progetti legati allo sviluppo dell'energia nucleare. Oggi i numeri parlano di un ente che, oltre al nome, ha cambiato volto: 3000 dipendenti e meno di 300 al lavoro sull'atomo. Uno su dieci.

Dopo il disastro di Chernobyl e il referendum del 1987, l'Italia ha smantellato le sue quattro centrali chiudendo l'intero programma nazionale. E l'Enea si è dovuto adeguare. Sulla fusione nucleare i progetti di ricerca non si sono mai fermati ma certo sono stati ridimensionati. Ormai da anni i riflettori sono puntati su efficienza energetica ed energie rinnovabili. Che significa solare termodinamico (con il progetto Archimede fortemente voluto dall'ex presidente Carlo Rubbia), fotovoltaico, solare termico, biomasse e biocombustibili.

Nello sviluppo delle rinnovabili Enea ha raggiunto l'eccellenza. Anche se la strada è ancora lunga: per rendere queste tecnologie più competitive sul mercato serviranno altri studi, altri investimenti. Ma i risultati raggiunti negli ultimi 15 anni sono di assoluto rilievo. � in questo contesto che piomba l'annuncio dell'ex ministro dello Sviluppo Economico Claudio Scajola: in Italia si ricomincerà a produrre energia dall'atomo. Il progetto è nero su bianco sulla Legge Sviluppo del 2009. La stessa che, all'articolo 37, riforma l'Enea trasformandola in "Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile" dando inizio a un commissariamento che durerà almeno fino a settembre 2011.

La nuova agenzia si occuperà di innovazione tecnologica e – dice il testo della legge - "di servizi avanzati nei settori dell'energia, con particolare riguardo al settore nucleare". Parole che lasciano poco spazio ai dubbi. Nei laboratori della Casaccia, a nord di Roma, tra squilli di tromba sono tornati a pieno regime i due reattori di ricerca Triga e Tapiro dopo un periodo di manutenzione. Ma i due gioiellini di casa non hanno nulla a che fare con il Rinascimento nucleare, visto che le loro applicazioni riguardano soprattutto il campo industriale e medico.

Eppure da allora è cominciata una pioggia di tagli. I 197,4 milioni di contributo ordinario previsti dalla Finanziaria 2010 si sono ridotti a 167 dopo i colpi di forbice della legge di Stabilità. Trenta milioni in meno che per Enea significano la canna del gas, visto che le spese fisse dell'Agenzia si attestano sui 240 milioni. "Solo per gli stipendi vanno via 190 milioni e con i nostri servizi – come le certificazioni energetiche - riusciamo a coprire solo la metà dei 73 milioni che mancano al pareggio" dice Stefano Bonifazi, coordinatore Flc Cgil alla Casaccia. Una situazione denunciata anche dal senatore del Pdl Paolo Tancredi con un ordine del giorno a Palazzo Madama. Era il 7 dicembre 2010 ma da allora nulla è cambiato.

"L'impressione è che il governo voglia varare un progetto nucleare a costo zero. Tra gli enti di ricerca pubblici siamo gli unici a ricevere un contributo inferiore alle spese per il personale e anche quelli con la retribuzione più bassa: il 7% meno di tutti gli altri. Due primati di cui faremmo volentieri a meno" spiega Carlo Buttarelli, neo coordinatore nazionale di Flc Cgil e ricercatore al centro Enea di Frascati.

Un ingegnere nucleare, da anni ricercatore nei laboratori Enea di Bologna, riassume così il tempo trascorso: "Rispetto agli anni Sessanta c'è una profonda differenza: allora eravamo stati fra i primi a costruire centrali in Europa e l'Enea (allora Cnen) gestiva tutta la ricerca applicata all'atomo, dalla fisica alla matematica passando per la biologia. Dal 1987 quasi tutti questi progetti sono stati chiusi e soprattutto non abbiamo più le competenze per gestire una centrale. Infatti i francesi ce le consegneranno chiavi in mano".

Non è solo una questione di finanziamenti. A 24 anni dal referendum, in Enea sono pochi gli scienziati che ancora si occupano di progetti nucleari. Servono menti fresche. E ne servono molte. Anche per questo è stato bandito un concorso per 180 assunzioni, di cui però solo 40 sono figure professionali legate al settore nucleare. Tutti neolaureati – visto che nel frattempo l'ente non ha assunto nessuno con questa qualifica – e tutti ancora a casa nonostante abbiano vinto il concorso. L'iter autorizzativo è ancora al palo. Riassumendo: ad oggi la ricerca nucleare può contare su 300 persone già dentro Enea più altre 40 selezionate ma non ancora assunte.

Ma per realizzare una centrale a due reattori di terza generazione servono come minimo 2500 addetti all'anno, per un periodo di almeno sei anni. Di questi, 1000 devono essere laureati nucleari. Il sistema educativo italiano sforna meno di un centinaio di ingegneri dell'atomo ogni anno. Negli anni Ottanta erano il triplo. E' la stessa Enea, in uno studio di gennaio 2011, a snocciolare questi numeri evidenziando il divario tra le esigenze e la realtà dei fatti.

Certo, non sarebbero i ricercatori Enea a occuparsi della gestione quotidiana delle centrali, a quello ci penserebbe il personale Enel. Allora che parte reciterà l'Agenzia? I 300 ricercatori al lavoro su fissione e fusione dell'atomo sono pochi? Impossibile saperlo, perché la legge Sviluppo ha riformato l'Enea senza specificare quali saranno le sue funzioni all'interno del grande progetto dell'atomo italiano. "Non sappiamo né come né quanto saremo coinvolti. Potremmo essere troppo pochi, oppure addirittura in eccesso. Non abbiamo le basi per capirlo" conclude l'ingegnere del centro ricerche di Bologna.

Da quando il nucleare è legge, l'Enea è commissariato. A dirigerlo è l'ingegner Giovanni Lelli che sei mesi fa, quando allo Sviluppo Economico continuava a mancare un ministro, è stato confermato per un altro anno. I vertici dell'Enea sono stati azzerati. Via il direttore generale, via il consiglio di amministrazione, scomparso anche il comitato scientifico. Lelli, che può contare su due sub-commissari, è il deus ex machina di un'agenzia che è stata anche profondamente riformata. Da 5 macro-dipartimenti – al cui interno convivevano professionalità e competenze eterogenee – sono state create tante piccole unità separate. Una svolta epocale per un ente che si basa su una cultura interdisciplinare.

Risultato? "Le micro-unità dialogano poco tra di loro e soprattutto sono meno autonome, visto che ognuna deve fare riferimento direttamente al commissario" spiega Buttarelli di Flc Cgil. "I dipartimenti avevano il vantaggio di essere strutture grandi ma agili, e soprattutto autorevoli e in grado di dialogare alla pari con il vertice. Per uno scienziato non è cosa da poco".

Dopo Fukushima il governo vacilla, ma l'avanguardia della ricerca nucleare italiana naviga a vista da due anni.


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