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Effetto Bossi-Fini - studenti immigrati via dalle scuole

da L'Unità In tantissimi costretti ad abbandonare la scuola: perchè a 18 anni trasformare un permesso di soggiorno per studio in uno per lavoro è un miracolo la storia 235mila gli studenti ...

25/05/2004
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da L'Unità

In tantissimi costretti ad abbandonare la scuola: perchè a 18 anni trasformare un permesso di soggiorno per studio in uno per lavoro è un miracolo la storia 235mila gli studenti che non hanno cittadinanza italiana: un "esercito" ignorato dalla signora ministro Dai "viaggi della speranza" alla difficile integrazione Ma poi arriva la spada di Damocle della maggiore età
ROMA Studenti nell'adolescenza e immigrati clandestini ai 18 anni, con il "terrore" di essere scoperti e rimpatriati. Vivono così i ragazzi stranieri in Italia. Siedono nei banchi di scuola per prendere un diploma spendibile poi nel mondo del lavoro. Ma sono pochi, pochissimi i giovani migranti che aspirando ad avere in tasca il titolo di perito meccanico o quello di elettronico restano in classe fino alla fine del percorso di studio. La maggior parte, anche se sono studenti modello (e ce ne sono tanti) sono costretti ad abbandonare il percorso della formazione proprio sul più bello. Per volere della Lega di Bossi. E con la complicità del premier Berlusconi e il silenzioso assenso del ministro dell'istruzione LetiziaMoratti.
Omissioni di governo La legge Bossi-Fini sull'immigrazione permette solo in astratto che uno studente possa, senza dover uscire dal Belpaese, trasformare il proprio permesso di soggiorno da studio a lavoro. Sono oltre due anni emezzo - giustappunto l'" età" del governo Berlusconi - che tutto questo viene negato. Il decreto flussi non ha più una scadenza annuale, come accadeva con il centrosinistra. Per decisione della maggioranza del Parlamento e del ministro leghista Roberto Maroni le quote d'immigrazione regolare sono diventate facoltative. Un lusso. Vengono emanati ogni tanto solo scampoli di quote per gli stagionali, pur sempre con riserva geografica. E così l'"esercito" dei piccoli-grandi lavoratori- baby viene punito severamente. Se studiano poi non possono accedere al mondo del lavoro. Ma se non hanno imparato un mestiere - vidimato con un contratto di lavoro - vengono cacciati via dall'Italia in quanto clandestini, spaccando i nuclei familiari bene inseriti magari sul territorio.
Da Valona a Frosinone Altin, ha 19 anni è frequenta l'ultimo anno dell'Istituto professionale per l'industria e l'artigianato a Frosinone. È un ragazzo albanese che parla ciociaro. Quando sbarcò in Italia era uno dei tanti minori non accompagnati. Altin arrivò con un gommone nel settembre del '99 sulle coste brindisine. Aveva 14 anni e nessuno lo fermò: con il treno arrivò a Ferentino dove l'aspettava un connazionale. Era stato il suo papà - racconta - a farlo partire. "Per farmi scappare da quel mondo... Era bruttissimo vivere a Valona in quegli anni. C'era stata una guerra tremenda... - precisa - Così mi imbarcai e mi andò bene. Ero piccolo, mi mancavano tantissimo i miei genitori, le mie sorelle, i miei amici. Ho passato dei momenti tremendi ma è passato, passato... non ci voglio più pensare... Sono un albanese- italiano ora e voglio vivere definitivamente qui: sono ad un passo dal diploma e mi piacerebbe andare all'Università. Ma mi sa che non posso permettermela: non ho un permesso di soggiorno per motivi di studio... ". Nella sua stessa scuola ci sono 150 migranti, per lo più albanesi ed ecuadoriani, su un totale di 500 studenti. Il preside della scuola parla di Altin con orgoglio: "È bravissimo a scuola. A parte un episodio spiacevole capitatogli di recente, lo studente ha un buon rapporto con la scuola e i compagni italiani: l'hanno eletto rappresentante d'istituto". Era infatti il periodo delle elezioni scolastiche. Altin vinse stracciando di tantissimi voti il concorrente. "Mi fecero tantissimi dispetti, in classe come nei corridoi. Arrivarono persino a farmi scomparire dal registro di classe: tagliarono il mio nome con la forbice, lasciando un buco. Non me la presi più di tanto, anche perchè ho una cifra di amici italiani a scuola con i quali ci vogliano bene. Ma denunciai l'accaduto al preside e agli insegnanti. E per fortuna la cosa finì li". Altin frequenta il quarto anno e ha un buon profitto: la mattina va scuola, il pomeriggio lavora come badante ed è anche barellista dell'Unitalsi - l'Unione italiana trasporto ammalati a Lourdes e santuari internazionali. Tra poco potrà contare sul diploma di tecnico di sistemi energetici e spera che una ditta che è alla cerca di personale l'assuma: "Ho presentato la domanda - spiega lo studente - sto preparando il curriculum e incrocio le dita ".
Cosa mando a casa? Moustafà ha 19 anni e frequenta il terzo superiore di una scuola professionale a Torino. Il pomeriggio lavora part-time ma ora "che è grande" deve aiutare la sua famiglia in patria. Così, non sa che pesci prendere: "Se continuo gli studi - spiega - che mando a casa? Quel che guadagno vendendo dischi e oggetti africani sui marciapiedi dei supermercati dopo la scuola mi bastano appena per tirare avanti qui in Italia. Il mio papà non ne vuole più sentire parlare, soldi, soldi e soldi: ci servono soldi. Ma io a scuola vado bene e quella del diploma è un'opportunità che non vorrei perdere. Ora sono in contatto con una associazione di volontariato, speriamo mi aiutino...".
La nuova Italia Dalla Sicilia alla Lombardia la situazione è la stessa: produrre reddito è il bisogno improrogabile dei giovani studenti immigrati. E nel Vicentino - nel ricco Nord-Est - il problema emerge con ancora più forza. E non sempre i percorsi di studi serali coincidono con loro mantenimento di vita. Come afferma Adriana Carotti, responsabile immigrazione del sindacato Cgil. "Quelli che frequentano le scuole superiori del vicentino sono circa un migliaio. Sono ragazzi già inseriti nel tessuto sociale, che siedono tra i banchi come gli studenti italiani ma una assurda sulla legge per l'immigrazione applicata, a volte, in molte questure in senso restrittivo, crea storture e ingiustizie, tanto che è più conveniente e sicuro per le famiglie e per questi studenti abbandonare gli studi per assicurarsi un lavoro prima della maggiore età: per non spaccare i nuclei familiari a colpi di espulsione".
I numeri Non esiste un'indagine del ministero dell'Istruzione sull'abbandono scolastico. C'è invece un indagine nazionale sugli alunni che non hanno cittadinanza italiana. Nell'anno scolastico 2002-2003 erano 235mila, la proiezione per l'anno in corso si aggira intorno ai 300mila (quasi il 3 e mezzo % sul totale della popolazione scolastica italiana). Continua il vento dell'Est: balzo della Romania come prima cittadinanza nelle scuole delle province di Roma, Torino e Padova. Mentre s'impone un modello tutto italiano: quasi 189 paesi del mondo siedono nelle scuole italiane. Vale a dire, al di là della quantità di cittadinanza che a volte si esprime in piccoli numeri, l'Italia è più multietnica di altri paesi. La scuola dell'obbligo assorbe il maggior numero di ragazzi stranieri, ma la loro presenza si sta spalmando anche nelle scuole superiori. Infanzia: 31.490; elementari: 92.061; medie: 54.085; superiori: 31.631. Insuccesso scolastico: il dato sulle bocciature sia alle medie che alle superiori è dell'8% in più rispetto agli studenti italiani (anno 2002-2003). I giovani immigrati si iscrivono per lo più agli istituti tecnici e professionali. La punta più elevata d'Italia è nel Nord-est (9,11%) di presenze nel primo anno degli istituti professionali. Solo l'1,69% sceglie i licei, una forbice del 7,50%. Ultima curiosità: il caso Napoli. Il numero degli stranieri censito è troppo piccolo in confronto alla popolazione scolastica. L'incidenza dello straniero è dello 0,38%. Sono tantissimi i giovani migranti che non vanno a scuola, ma nessuno li conta.
Le regole Il permesso di soggiorno per motivi di studio consente uno svolgimento limitato di regolare attività lavorativa (part-time). Il limite massimo è di 1.040 ore annue, liberamente distribuite nell'arco dell'anno, all'interno di mesi, settimane e singole giornate. Anche se il permesso di soggiorno per studio implica la possibilità di lavorare (anche se limitatamente) non è consentita la conversione da studio a lavoro autonomo. È prevista invece dalla legge la possibilità di conversione del permesso di soggiorno per studio a lavoro subordinato, a tempo indeterminato o determinato, potendo così ottenere un permesso di soggiorno per lavoro regolarmente rinnovabile. In altre parole, è previsto in astratto che uno studente possa, senza dover uscire dall'Italia, trasformare il proprio permesso di soggiorno da studio a lavoro a condizione che via disponibilità nell'ambito delle quote stabilite dal decreto flussi. (fonte: Melting pot Europa, per la promozione dei diritti di cittadinanza).
La Turco-Napolitano La precedente legge sull'immigrazione, la Turco-Napolitano, ha stabilito tutto questo. "Ma il ragionamento di allora era il seguente - sottolinea Giulio Calvisi, responsabile immigrazione dei Ds -: non consentiva la conversione automatica del permesso di soggiorno da studio a lavoro per non incentivare la fuga dei cervelli". I giovani migranti arrivano dai loro paesi per lo più per studiare nelle nostre scuole e prendere un diploma. "In questo modo - precisa Calvisi - alla fine del percorso di studio scelto potevano rientare nella loro patria con una qualificazione professionale". Chi invece voleva comunque restare in Italia anche dopo il diploma poteva farlo: il decreto flussi, fino al 2001, aveva una cadenza annuale (anche se con qualche pecca).
La Bossi-Fini Con l'avvento del governo Berlusconi e della Bossi-Fini questo meccanismo flessibile non esiste più. E la fuga degli studenti-migranti dalle scuole è cresciuta di numero. Al punto da far scoppiare un vero e proprio caso.
La proposta "Modificare la legge sull'immigrazione del centrodestra proprio su questo punto - conclude Calvisi -. Una modifica legislativa, a prescindere dalle quota annuali. Oppure con una circolare ministeriale che indichi delle quote specifiche come accadeva con i governi del centrosinistra". R


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