école- un'analisi del testo della riforma Moratti
Il testo della riforma Moratti (che è stato approvato al Senato il 13 novembre 2002 e che deve tornare alla Camera) I punti essenziali di questa legge delega sono: 1. la delega stessa al ...
Il testo della riforma Moratti
(che è stato approvato al Senato il 13 novembre 2002 e che deve tornare alla Camera)
I punti essenziali di questa legge delega sono:
1. la delega stessa al governo che è molto ampia e in un certo senso illimitata temporalmente nella legislatura e perfino oltre questa legislatura, cioè fino a 24+ 18 mesi dall'entrata in vigore della legge (art. 1). Era così anche nella legge 30 di Berlinguer anche se con tempi a disposizione più limitati. Berlinguer aveva deciso di agire con una costellazione anzi un mosaico di provvedimenti di cui la legge 30 costruiva il quadro e la ciliegina sulla torta (infatti era definita legge-quadro in materia di riordino dei cicli dell'istruzione anche se in effetti era una legge-delega). Moratti e Berlusconi puntano su un unico provvedimento legislativo intitolato Delega al governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e di formazione professionale che gli dia le mani libere per qualsiasi operazione successiva. Si tratta cioè di una materia ancora più ampia e soprattutto indeterminata di quella della legge 30 che ora con questo provvedimento viene abrogata e sostituita. La vera parola d'ordine non è 'riforma dell'architettura scolastica' ma : deregulation e discrezionalità. Da notare che nella delega al governo va a ricadere anche la decisione sulla fine concreta che faranno i vari pezzi di scuola media superiore pubblica attuale: andranno verso il settore scuola o verso il settore della istruzione e formazione professionale? Ci sarà ancora un diploma di perito, di ragioniere? Non a caso, credo, il sistema dello spoil system è stato applicato anche a tutti i direttori regionali dell'amministrazione scolastica.
2. il fatto implicito che cade ancora di più ogni distinzione tra istituzioni pubbliche e private, e forse anche tra scuole private paritarie e non, anche al di là probabilmente del sistema integrato delle scuole pubbliche e paritarie-pubbliche creato a suo tempo dal centrosinistra (si evince dal linguaggio e dal contesto politico e dal fatto che non è mai menzionata in qualsiasi modo una distinzione). La terminologia sistema educativo di istruzione e formazione è ripresa pari pari dalla legge sui cicli di Berlinguer. Lì però si diceva almeno che La Repubblica assicura a tutti ecc. qui il termine Repubblica scompare e lascia posto a una espressione passiva-impersonale: è assicurato a tutti ecc. Nella legge 30 del centrosinistra alcune disposizioni finali relative agli insegnanti si riferivano inequivocabilmente ai dipendenti della scuola pubblica, qui non c'è più nessun appiglio formale del genere.
3. l'accorciamento di un anno del percorso di studio universale: da tredici a dodici anni- ma non per tutti: chi segue la filiera liceale -universitaria deve fare tredici anni..è quasi un ritorno a una situazione gentiliana quando c'erano le scuole superiori quinquennali e quelle quadriennali, quindi di diversa dignità. Sembra che questo aspetto della durata sia il più fragile e effimero perché è già previsto un anno integrativo (art. 2c) come del resto è successo nella fase postgentiliana per l'istituto magistrale, istituto d'arte, liceo femminile, liceo scientifico... A dire il vero il taglio di un anno era molto più reale e deciso nella legge del centrosinistra, tanto più che incideva proprio sulla scuola di base che ha bisogno di tempi lunghi e distesi. Però come già allora qui è chiarissima l'intenzione di 'sfoltire' le scuole di tipo liceale dalla massa di coloro che non sono 'adatti agli studi teorici', lo si capisce soprattutto se si legge il documento Bertagna che sta a monte di questo testo legislativo così furbescamente striminzito. La novità è che il percorso della istruzione e quello della istruzione e formazione professionale si divaricano istituzionalmente, anche a livello alto , con la scissione tra IFTS e università.
4. L'abolizione della dizione e del principio giuridico dell'obbligo scolastico sostituito da altre definizioni, v. spec. art. 2c la fruizione dell'offerta di istruzione e formazione è un dovere legislativamente sanzionato seguita da una contorta dichiarazione di assunzione all'interno di questo del principio dell'obbligo stabilito dall'art.34 della Costituzione. Insomma si tenta di modificare un principio costituzionale attraverso una legge ordinaria, per di più di delega al governo.
5. l'anticipo facoltativo dell'età di iscrizione alla scuola dell'infanzia e di quella alla elementare (ribattezzata primaria: c'è un grande smania di ribattezzare tutto qui, indice di un certo sottostante furore ideologico).
6. la segmentabilità e componibilità dei percorsi (con crediti di varissimo tipo anche esterni alla scuola)
7. l'enorme valorizzazione del sistema di istruzione e formazione professionale inferiore e superiore come luogo per eccellenza del business formativo sotto l'egida del potere regionale e in una situazione di prevedibile sostanziosa e diffusa deregulation (questo non c'è scritto nella legge ma risulta dal contesto). Inoltre la conferenza stato-regioni è l'unico vero filtro politico dei futuri decreti legislativi di attuazione (avendo le regioni competenza per una parte dei curricoli dell'istruzione e per tutto il sistema dell'istruzione e formazione professionale), questa legge delega quindi dà una spinta formidabile all'attuazione del federalismo regionale de facto, quindi all'interpretazione decisamente regionalistica di certe norme ambigue relative alla scuola nella revisione del titolo V della Costituzione fatta approvare in fretta e furia dal centrosinistra. E anche su questo si può parlare di spinta alla modifica della Costituzione attraverso lo strumento improprio di una legge ordinaria, per di più di delega.
8. la scissione sociale dei destini formativi intorno ai tredici anni di età e la creazione di un sistema formativo con due percorsi culturalmente e istituzionalmente differenti con adempimento dell'obbligo scolastico possibile anche nella formazione professionale (la posizione su questo punto è sempre stata una discriminante tra sinistra e destra nel dopoguerra, con la destra favorevole e la sinistra contraria, quindi è una vittoria storica delle destre).
9. il sistema di alternanza scuola-lavoro dai quindici anni in su (sistema tedesco) e la prevista integrazione-componibilità funzionale tra i vari segmenti istituzionali e le agenzie esterne.
10. La definitiva abolizione (pare) delle SIS (corsi di laurea per insegnanti appena avviati) e la formazione degli insegnanti nei corsi di laurea specialistica, con alcuni criteri provvisori per il passaggio al nuovo sistema dei alcune categorie particolari
11. il carattere puramente vacuo e ideologico delle indicazioni culturali (sommatoria di istanze woytiliane, nazionaliste e leghiste in sé probabilmente innocue) quindi l'assenza delle medesime rimandate a un 'dopo'. Culturalmente anche questa riforma è dunque una scatola vuota. Ma è un vuoto che pesa come un macigno: nessun riferimento all'ambiente, alla pace, ai diritti umani, l'unico contenuto culturale vero citato sono le tecnologie informatiche..
La grande valorizzazione della scuola dell'infanzia in questi termini piace soprattutto a preti e suore che come è noto che gestiscono numerosi istituti privati in questo settore. Infatti durante il dibattito in aula la frasetta 'sviluppo morale e religioso' è stata fatta aggiungere da qualche solerte deputato della maggioranza solo ed esclusivamente in rapporto alla scuola dell'infanzia! Cioè lì la religione non ci sarà più 'solo' per la mostruosa applicazione concordataria craxianfalcucciana (due ore settimanali) , ma anche come elemento base della formazione obbligatoria per tutti, perpetuamente collegata alla c.d. morale che come si sa le destre intendono come dato incontrovertibile, ovvio per il senso comune e che serve a distinguere la gente per bene e normale da quelli strani. E ringraziamo che non hanno scritto religione cattolica e morale cattolica.
La discrezionalità delle famiglie sull'età di iscrizione metterà un po' nei guai le maestre che si troveranno alunni anche con diciotto mesi di differenza di età che per i piccoli è un abisso, ed è un chiaro omaggio demagogico alla volontà sovrana delle famiglie e al criterio dell'elasticità a tutti i costi che poi diventa come al solito 'cadornismo' verso le fanterie che devono attuare gli ordini cervellotici degli stati maggiori. Se ne è parlato molto, ma in sé non è un punto chiave della riforma.
La riduzione del tempo scuola annuale e la sua divisione in attività obbligatorie e parte più o meno facoltativa non è esplicitato in questa legge (che è una delega in bianco in gran parte), ma era presente nel documento Bertagna ed è ancora nell'agenda di questa maggioranza. Su questo punto c'è bisogno di maggiore discussione che non deve essere bloccata dall'ansia di far vedere a tutti i costi che tutto questo progetto è classista.
Infatti è giusto opporsi ai tagli alla scuola pubblica ma anche battersi perché non sia una istituzione di sorveglianza e parcheggio di ragazzi e giovani che non hanno più spazio fisico nella città. Il fare scuola deve essere comunque riportato a una dimensione ecologica e sostenibile, la scuola deve ritrovare la sua specificità educativa, fermo restando la sacrosanta lotta per difendere il tempo pieno/tempo prolungato nella scuola di base là dove questo corrisponde a un progetto condiviso, richiesto dalle famiglie e a una qualità riconosciuta delle relazioni.
I punti 1, 2, 3, 5, 6, 9, 10, 11 (per quanto riguarda l'essere una scatola vuota) sono (linguaggio a parte) sostanzialmente in comune con il progetto berlingueriano, ma anche il 7 mi sembra lo sia: anche qui si parla di passerelle bidirezionali per andare dalla scuola alla istruzione e formazione professionale o viceversa ma anche qui è chiaramente una balla (si è mai visto uno studente del professionale fare una passerella di greco per accedere al classico?).
Invece Berlinguer aveva previsto l'abolizione delle medie che qui non c'è. In fondo era molto più deciso anche nell'accorciare di un anno il percorso globale.
Probabilmente qui invece l'aspetto più negativo in assoluto è dato dalla somma dei punti n.1+7+8 perché nelle mani di questo governo, che ormai conosciamo bene nei suoi spiriti animali, diventeranno lo strumento più potente per attuare una gestione faziosamente discrezionale in senso ideologico e affaristico e di occupazione del potere.
Tra parentesi il governo di centro destra è riuscito a evitare tutte le rogne derivanti dalla famigerata onda anomala della riforma dei cicli berlingueriana e tecnicamente la riforma Moratti sembra abbastanza gestibile, anche se in questo momento naviga in cattive acque per mancanza assoluta di soldi, ma come si è visto sono concessi ben quarantadue mesi di tempo non da ora ma dalla futura approvazione, e non per fare ma per varare le norme specifiche di attuazione: una cambiale in bianco senza scadenze.
Paolo Chiappe, Social Forum di Firenze, redattore della rivista école