Eco e AstroSamantha, di che scuola ci parlano le tracce per i ragazzi
Se qualcosa si può rimproverare alle tracce della maturità 2016 è la prevedibilità: Umberto Eco era dato per probabile e puntualmente è comparso, così come il voto alle donne nella ricorrenza dei settant’anni...
Paolo Di Stefano
Se qualcosa si può rimproverare alle tracce della maturità 2016 è la prevedibilità: Umberto Eco era dato per probabile e puntualmente è comparso, così come il voto alle donne nella ricorrenza dei settant’anni...
«Mi sembrano belle, ricche di spunti» ha twittato tempestivamente Renzi, e non ha torto, anche se si potrebbe osservare, a maggior conforto del presidente del Consiglio, che tutte le tracce sono belle e ricche di spunti se le sai sviluppare in una argomentazione o in un racconto originale. In fondo, l’imprevedibilità non deve essere un requisito delle tracce ma delle prove di scrittura (che si spera siano meno scontate dei tweet di augurio riversati nel web dal fronte dei politici...). Una traccia può aiutare, stimolare, suggerire, evocare. Ma se è Franz Kafka a scrivere sull’argomento più fritto e rifritto (ma sempre fascinoso) dai tempi di Enea e Anchise, come il rapporto tra padri e figli, il risultato è certo.
Piuttosto, il dubbio ricorrente è: quanti ragazzi arrivano, in quinta superiore, a sapere chi è Umberto Eco e ad averne letto almeno un brano prima che giunga il giorno della maturità? E quanti, prima di ieri, avevano mai sentito i nomi di Alba de Céspedes e di Anna Banti? E ancora: fa piacere ritrovare, oltre a Kafka, un magnifico passo del grande narratore toscano Federigo Tozzi, ma quante volte il suo nome sarà circolato durante le lezioni? Ho l’impressione che le tracce finiscano per mostrarsi molto più «belle e ricche di spunti» di quanto lo siano (state) le lezioni ordinarie imposte dai programmi. Troppo belle e intelligenti, fino a essere un po’ esibizionistiche (di citazioni e riferimenti) e forse un po’ paralizzanti (anche per l’eccesso di materiali: vedi il paesaggio).
C’è chi ha fatto notare che se proprio si doveva riflettere sulla condizione femminile, sarebbe stato utile chiedere di affrontare il tema delle donne nell’Islam fondamentalista: e non si capisce per quale ragione, visto che anche noi abbiamo le nostre magagne (e tragedie sessiste), magari visibili e purtroppo vivibili quotidianamente (in famiglia, nelle nostre famiglie). Piuttosto, non sarà stato facile, per i ragazzi e le ragazze, misurare la distanza che separa le parole di Anna Banti dai femminicidi che persistono, le suffragette dall’omicidio di Joe Cox. Perché lo stimolo che sottostà a tutti i suggerimenti offerti ai maturandi è la riflessione sull’attualità: economica, sociale, culturale, ambientale, geopolitica, scientifico-tecnologica.
Sforzo evidente e apprezzabile, ci mancherebbe. Con un altro dubbio: che l’esercizio allo sguardo critico sul presente non sia proprio, e sempre, la prima preoccupazione della scuola italiana attuale, imprigionata com’è nella burocrazia dei test e dei moduli e nelle strategie molto utilitaristiche (tutto orientato al mondo del lavoro) e poco culturali delle ultime riforme: il testo di Eco sull’utilità della cultura immateriale non dovrebbero digerirlo, prima ancora degli studenti, i nostri riformatori scolastici?
Alla fine, le tracce sembrano quasi ritorcersi contro di loro. Sacrosanto buonsenso e impegno civico, molto pensiero politicamente corretto dirà qualcuno, molto mondo femminile (anche, e fatalmente, la prova sull’esperienza astronautica con Samantha Cristoforetti), molta cultura umanistica e sensibilità socio-artistica, sguardo aperto al mondo e all’altro. Ciò che dovrebbe essere la scuola e che purtroppo non è.