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Ecco perché noi ricercatori protestiamo

I motivi della protesta che da diversi mesi sta interessando quasi tutti gli atenei italiani risiedono nella politica di smantellamento delle università pubbliche messa in atto dal gove

14/11/2010
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il manifesto

sbilanciamoci .info
Marilena Giannetti
Michele Raitano

I motivi della protesta che da diversi mesi sta interessando quasi tutti gli atenei italiani risiedono nella politica di smantellamento delle università pubbliche messa in atto dal governo con vari provvedimenti legislativi che si sono susseguiti in questi ultimi anni, culminati con il ddl Gelmini. In particolare, gli elementi maggiormente critici riguardano sia gli aspetti specifici di questo disegno di legge sia le misure retributive recentemente adottate a discapito del personale pubblico (incluso quello universitario) sia, più in generale, la tendenza alla riduzione dei finanziamenti all'università e alla ricerca scientifica. Iniziando da quest'ultimo punto, si ricordano di seguito i principali motivi di protesta da parte degli studenti e del corpo docente (in particolare dei ricercatori).
Provvedimenti quali le leggi 103 del 2009 e 1 del 2009 hanno ridotto il Fondo di Finanziamento Ordinario (Ffo) globale del 19,14% (da 7.485 a 6.052 milioni di euro) nel periodo 2009-2012. Peraltro, pur essendo questa la principale fonte di finanziamento delle Università, ad oggi il ministero non ha ancora versato agli atenei il Ffo del 2010, impedendo la chiusura del bilancio per quest'anno e la previsione di spesa per il 2011 ed impedendo di fatto pagare gli stipendi dei propri dipendenti. In un quadro già disastrato, il decreto legge 31/05/10, n. 78, contenente misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, relativamente alle università ha previsto quanto segue:
Blocco del turn-over.
Riduzione del 50% rispetto a quella sostenuta nel 2009 della spesa per il personale a tempo determinato e parasubordinato.
Sospensione dei rinnovi contrattuali per il personale tecnico amministrativo.
Abolizione degli scatti biennali degli stipendi di ricercatori e professori per il periodo 2011-2013, senza futuri recuperi.
Abolizione degli adeguamenti Istat per il periodo 2011-2013, senza futuri recuperi.
Pagamento differito della liquidazione e frazionamento in 3 anni della sua erogazione.
La beffa cresce se si pensa che l'art. 9 comma 20 del decreto legge 78/2010 originariamente recitava «I meccanismi di adeguamento retributivo per il personale non contrattualizzato (magistrati, professori e ricercatori universitari, dirigenti dei Corpi di polizia e delle Forze armate) non si applicano per gli anni 2011, 2012 e 2013 e non danno comunque luogo a successivi recuperi», ma, successivamente, è stato emendato in «magistrati, dirigenti dei Corpi di polizia e delle Forze armate potranno recuperare gli scatti...». Analogamente, mentre per i magistrati e gli altri dirigenti pubblici il blocco degli scatti biennali è temporaneo - ed al termine del triennio la normale progressione di carriera viene recuperata compensando le riduzioni previste dall'attuale manovra finanziaria -, per ricercatori e professori universitari l'effetto del blocco è permanente, non c'è quindi nessun tipo di compensazione nel corso del resto della vita lavorativa (con conseguenze negative, quindi, anche sul trattamento pensionistico). Inoltre, cosa ben peggiore è che l'impatto è tanto più forte quanto più all'inizio della carriera ci si trova: i ricercatori universitari - che hanno uno stipendio mensile netto al momento dell'assunzione di circa 1.200 euro - pagano quindi più di tutte le altre categorie.

 
 


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