Ecco le cinque menti per cavalcare il ventunesimo secolo
di Howard Gardner
Nella foto: Howard Gardner
Io sono un sostenitore dell’International Baccalaureate. Lo considero un punto di forza dell’istruzione, perché credo che sia un programma formativo più lungimirante e meno effimero di altri e che abbia una prospettiva più globale.
Nell’istruzione, contano soprattutto i valori, anche se per noi è molto difficile parlare di valori. Negli Stati Uniti oggi è raro che si insegni filosofia dell’educazione o storia dell’educazione – troppi non sarebbero d’accordo. C’è anche un detto che gli americani chiamano “il test dei Jesse”: negli Stati Uniti non potrai mai trovare un curriculum scolastico che metta d’accordo Jesse Helms, senatore conservatore del Sud, Jesse Jackson, fervente leader afro-americano, e Jesse Ventura, lottatore di wrestling poi diventato governatore del Minnesota. Quindi non si parla di valori, punto e basta.
L’economista J.M. Keynes diceva che possiamo disprezzare gli economisti quanto vogliamo, ma, consapevoli o no, agiamo tutti in base alle teorie di qualche economista da tempo sepolto. Credo si possa dire lo stesso dell’istruzione. Persone che non hanno mai sentito nominare Rousseau, Hobbes, Kant, o Dewey si illudono di avere una filosofia propria, e invece si muovono tutti all’interno del pensiero educativo di questi filosofi.
Il mio intervento si colloca tra il si deve e il si dovrebbe. Riguarda il si deve perché le Cinque Menti rappresentano competenze di cui i giovani e la società avranno bisogno nel XXI secolo e oltre. E riguarda il si dovrebbe perché si tratta anche dei miei valori personali, quelli che io imporrei se fossi lo zar dell’istruzione mondiale. Tuttavia, sapendo che fine ha fatto lo zar, sarò più prudente. Comincerò con una dichiarazione di non responsabilità, poi illustrerò alcuni aspetti del futuro, arrivando dunque al cuore della mia presentazione incentrata sulle Cinque Menti che è il tema che mi sta più a cuore. Infine vi dirò quali sono i due dubbi, o sfide, che questa concezione suscita più frequentemente.
Chi conosce i miei studi sull’educazione pensa a me come a colui che ha individuato sette, otto, o nove diversi tipi di intelligenza. Scrivo di intelligenza cercando sempre di essere scientifico. Se potessimo comprendere l’evoluzione umana nei minimi dettagli, capiremmo che la mente e il cervello sono composti da alcuni sistemi di elaborazione relativamente autonomi. Uno di questi sistemi, ad esempio, serve per il linguaggio, un altro per la musica, uno per la percezione dello spazio e così via. Nel parlare delle Cinque Menti discuto di psicologia, ma in realtà tratto anche di politica. In questo contesto avrei potuto includere molti altri tipi di mente. Ma queste sono le menti su cui mi concentrerei, nel presente e in futuro, se fossi un politico o lo zar. Veniamo ora ad alcuni aspetti che riguardano il futuro.
La rivoluzione genetica: tutti noi vedremo il giorno in cui i ragazzi andranno a scuola con il loro genoma completo all’interno di un chip genetico e pronti a dire a insegnanti e a presidi: «Ecco i nostri geni inattivi, ecco quelli attivi, adesso fateci imparare!». E noi non potremo ignorare quella richiesta. Altre caratteristiche del nostro futuro saranno le mega città, con immagini e mode che circolano globalmente; i trilioni di dollari scambiati 24 ore al giorno sette giorni su sette; le macchine che pensano e che fanno ciò che prima facevano solo gli esseri umani; le realtà virtuali come Second Life. Cento anni fa, la maggioranza delle persone non andava a scuola o ci andava fino all’età di vent’anni, con la certezza che poi non avrebbe mai più dovuto studiare.
Oggi, come mi disse una volta un biologo, se ti fermi per tre mesi poi non recuperi più. Sapete tutti con quanta velocità la conoscenza si accumula in quasi tutti i campi. E la nostra formazione deve spesso essere autodidattica. E ora ecco i cambiamenti che influenzeranno le teorie sull’istruzione. Molte persone si occupano di questioni interdisciplinari, si riuniscono da qualche parte, lavorano insieme, imparano gli uni dagli altri, ma poi si separano e magari continuano a comunicare per via elettronica, ma senza più lavorare insieme. Anche se non siamo alla fine del pensiero lineare, tuttavia si stanno sviluppando modelli dinamici e un modo di pensare non lineare e sistemico. Il pensiero schematico può essere elaborato anche dalle macchine, e perciò la nostra capacità di stare un passo avanti rispetto ai computer diventa sempre più importante. Molti dei nostri studenti sono già più bravi con le tecnologie digitali di noi insegnanti o genitori, e ciò pone domande interessanti su che cosa loro debbano dare a noi e che cosa noi a loro nei processi educativi. Nel resto della presentazione descriverò le cinque menti (...)
La prima: la Mente Disciplinata
Quando nel 2000 mi chiesero: «Qual è la più grande invenzione degli ultimi duemila anni?», io risposi: la musica classica. Il vero motivo di questa risposta è che volevo essere citato e sapevo che, se avessi detto «la ruota, la pillola o l’energia nucleare», avrei dato la stessa risposta di tanti altri, rischiando perciò di passare inosservato. Invece, dicendo “la musica classica”, avrei avuto più possibilità di essere citato in qualche rivista. Credo, però, che “le discipline” sarebbe una risposta migliore, su cui potremmo essere tutti d’accordo. Tra queste, la musica classica, la scienza, la storia, l’economia e via dicendo.
Gli accademici danno le discipline per scontate, al punto da dimenticare che sono tutte invenzioni umane. Ci sono voluti secoli per inventare le scienze sperimentali, la musica classica, la prospettiva lineare e il calcolo, e del resto potevano benissimo non essere mai inventate. Quando i dittatori salgono al potere, spesso cercano di abolire le discipline e chi le studia, perché noi e le nostre discipline siamo per loro un ostacolo. Usando l’espressione “pensiero disciplinare” metto in gioco tre significati della parola disciplina. In primo luogo, come ben sapevano i nostri nonni, l’esercizio costante e regolare porta con il tempo a prestazioni migliori. L’esercizio, infatti, sviluppa il muscolo disciplinato. La seconda connotazione (ciò che si acquisisce nelle scuole medie e superiori) riguarda la gestione delle più importanti modalità del pensiero. Prima dell’università ci sono la scienza, la storia, la matematica e una o più forme artistiche. Ma per me c’è una grande differenza tra, da un lato, le discipline (una modalità del pensiero fondamentale, anche se di solito non intuitiva) e le materie scolastiche (fatti e informazioni), dall’altro. (...)
Traduzione di Stefania Porcelli
© Howard Gardner
Per la traduzione italiana ©
Lettera Internazionale