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Ecco come cambiare il decreto Profumo

Il lavoro di quattro professori universitari: «Diritto allo studio e tetto numero abilitati»

23/06/2012
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l'Unità

Maria Grazia Gerina

Che fine ha fatto il decreto sul merito annunciato più volte dal ministro Francesco Profumo? A Viale Trastevere, si sono presi un po’ di tempo per capire come ripartire, dopo le critiche. Ma intanto, su quello stesso terreno, si sono cimentati quattro professori alla guida di altrettante istituzioni universitarie Stefano Semplici, direttore scientifico del Collegio «Lamaro-Pozzani», Giampaolo Azzoni, direttore del Centro di Etica Generale ed Applicata presso il Collegio Borromeo di Pavia, Paolo Leonardi, del Collegio Superiore di Bologna, Emanuele Rossi, della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa -, che lunedì scorso hanno spedito le conclusioni a cui sono giunti allo stesso ministro. Obiettivo: correggere il tiro e far ripartire il confronto, tenendo presente che «la contrapposizione tra equità e merito non è solo sbagliata, ma dannosa per il paese». E togliendo anche un po’ di enfasi all’oggetto. Perché come scrivono gli stessi accademici al ministro «non è dell’ennesima riforma epocale che stiamo parlando», ma semplicemente di alcune misure «importanti», aggiungono «per far funzionare meglio la nostra università, nell’interesse di tutti i suoi studenti». In concreto, il lavoro dei quattro che l’Unità è in grado di anticipare è ripartito esattamente da dove quello del titolare dell’Università sembrava essersi, almeno temporaneamente, interrotto. La loro proposta si snoda in 17 articoli: alcuni ripropongono quasi per intero il testo delle ultime bozze ministeriali, altri accolgono alcune proposte del Pd (compresa quella sul valore legale del voto di laurea), altri ancora prospettano soluzioni originali. Tra le novità, un forte accento sul diritto allo studio, nodo invece fin qui rimasto fuori dal testo elaborato da viale Trastevere. L’articolo 2 accoglie in sostanza la proposta avanzata dal responsabile Università del Pd, di trasformare la Fondazione per il Merito, istituita da Gelmini, in una Fondazione per il merito e il diritto allo studio. L’obiettivo esplicito è potenziare il diritto allo studio. E i professori suggeriscono di destinare a questo scopo il gettito fiscale derivante dai contratti d’affitto per gli studenti fuori sede. «Un incentivo osserva Semplici a far emergere il nero». Ciò che ai quattro, invece, preme salvare del lavoro fatto fin qui dal ministero è soprattutto il tentativo di ridare «centralità all’impegno didattico». «Una delle cose migliori», chiosa Semplici. E dunque: le ore di didattica obbligatorie per i docenti, già previste nel decreto Profumo, incentivi per chi è più bravo a insegnare. Loro suggeriscono anche di introdurre tra le prove per l’abilitazione «una lezione pubblica» da tenere davanti a docenti e studenti. Quanto al reclutamento, i quattro chiedono di mettere un tetto al numero degli abilitati (non più del 15% dei docenti in servizio). «L’abilitazione nazionale deve funzionare da filtro, altrimenti tutto è come prima», avverte Semplici. Le risorse con cui fare le assunzioni restano il nodo, che cade fuori anche dalla loro proposta. Anche se l’art. 2 suggerisce che i risparmi ottenuti dagli atenei devono essere destinati almeno per il 50% all’edilizia universitaria, ai laboratori e alle biblioteche. E al finanziamento di nuovi contratti a tempo determinato. Mentre all’art. 15, proposta che farà discutere, si suggerisce che ai titolari di contratti a termine venga riservata una quota di posti a concorso per l’insegnamento nelle scuole. In attesa di una risposta dal ministro, il lavoro dei quattro accademici è piaciuto molto a Maria Chiara Carrozza, presidente del Forum Università del Pd e direttore del Sant’Anna di Pisa, che li ha incoraggiato ad andare avanti: «Mi sembra uno sforzo molto apprezzabile: spero che la proposta alternativa che hanno formulato possa servire a far ripartire il confronto».

 

 


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